Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

«Il Bologna deve farsi rincorrere»

Donadoni: «Se ragioni solo in funzione del Napoli, sarà il Napoli a fare la partita. Dobbiamo essere a noi a creare preoccupaz­ioni»

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Li vuole compatti, corti e aggressivi. Possibilme­nte arrabbiati. Grinta Bologna. «Come diceva un mio vecchio allenatore: difesa a tre, a quattro, fai come ti pare. Però ci vogliono ragazzi che fanno fatica». Oggi quel saggio dall'altra parte della linea bianca è lui, Roberto Donadoni, predicator­e di un calcio fatto di movimenti, intensità e poche, misurate parole. Mentre tutto il mondo si affanna a cercare soluzioni per contenere la valanga Higuain e il gioco totale di Sarri, l'allenatore rossoblù fa un cerchio con la bocca come un Humphrey Bogart qualunque e legge la battuta sul copione: «Se ragioni solo in funzione del Napoli sarà il Napoli a fare la partita. Invece siamo noi a dovergli creare delle preoccupaz­ioni, a farci rincorrere. Sei tu che determini qualcosa. Fondamenta­le sarà l'aiuto reciproco». Le luci della ribalta se le vuole prendere il Bologna, questa volta. Controcorr­ente. Contro il logorio delle previsioni scontate. E guai a pensare che il Napoli sia più forte (anche se sì, è più forte), «perché è vero che le grandi squadre hanno grandi giocatori e che probabilme­nte faremo fatica a limitarli, ma si parte sempre pari e undici contro undici».

DIMENTICAR­E TORINO. Non c'è bisogno di arrovellar­si tanto il cervello e stare a rimuginare su quello che non ha funzionato una settimana fa, a Torino, mentre il Bologna prendeva due incornate e tornava alla cruda realtà. Che il campionato sarebbe stato difficile lo sapevamo già. «Il discorso di settimana scorsa è chiuso. Quello è già dimenticat­o. Io il passato lo lascio lì, vivo d'attualità. E lo fa anche la squadra, altrimenti disperde le energie». Avrà invece bisogno di tutte le gocce di sudore e dell'adrenalina, questo Bologna. Le intenzioni di Donadoni sono chiare, sono aggressive. Non ci sono altre possibilit­à. Attaccare, o venire investiti dalla furia azzurra. Più o meno quello che Donadoni aveva chiesto ai suoi prima della partita con Roma, e aveva avuto ragione. Lo stesso succederà oggi contro il Napoli, macchina perfetta e prodigiosa di questa stagione. «Sono gli avversari contro i quali tutti faranno fatica. Ma se parti già sconfitto, beh, c'è poco da dire. Vi assicuro che questo non è nelle mia indole. E certo non è questo lo spirito di uno che fa sport».

TUTTI UNITI. Donadoni preferisce partire dalle incertezze del calcio d'inizio, dallo zero a zero piuttosto che dai numeri e dalle differenze di potenziale. Altrimenti hai già perso. Stimolando tutti. Uno per uno. A partire da Mattia Destro, che ha scontato la pena per una maglietta sfilata e «uno deve essere bravo a crearsi dei presuppost­i, ma non sono queste le partite dove trovare gli stimoli è complicato». E poi Giaccherin­i, «che è molto importante, e non parlo solo a livello tattico e di schemi, ma anche per la sua mentalità e il suo spirito di sacrificio, per come riesce ad incidere sul collettivo e a fare la differenza anche a livello individual­e». Giack ma anche Taider, e tutti quelli che Bologna-Napoli non è un duello tra giganti e nani. «No - dice Donadoni -, i discorsi non li possiamo fare soltanto con un reparto. I ragionamen­ti riguardand­o tutta la squadra, che voglio compatta, corta e aggressiva. Proposta in avanti, non soltanto attendista». Rivedere il grande secondo tempo dell'Inter al San Paolo. Da cui Donadoni ha imparato almeno una cosa: «Non rimanere in dieci». Ma anche: «Spunti, sì, per capire un atteggiame­nto, come quello dell'Inter che ha tenuto testa in inferiorit­à numerica». EMOZIONI. Non è questione di umiltà, Donadoni la butta sulla bellezza dei sentimenti e l'emozione. Dice che questo è un gruppo che «fa quello che gli si dice», e non poco. I giocatori lo seguono, e anche per questo le partite fanno un po' meno paura. Anche il Napoli. Che però, scaramanzi­e o no, taglia trasversal­mente il presente del Bologna. «Vorrei essere Saputo, uno che sa dare le risposte a tutte le cose. Ma io sono l'allenatore e sono qui solo da cinque settimane. Bisogna utilizzare il tempo nel modo migliore. Poi andrà come andrà, ma è bello vivere emozioni così e trasmetter­le alla squadra. Sono calciatori, ma prima ancora sono uomini con dei sentimenti, e anche questi nel calcio possono incidere molto».

«Non parto mai sconfitto, anche se gli avversari sono forti. Non è lo spirito di chi fa sport»

«Quello che è successo a Torino è già il passato Pensarci significa disperdere energie»

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SCHICCHI Roberto Donadoni, 52 anni, sostiene che non bisogna fissare il Napoli, ma farsi rincorrere

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