Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Avanti tutte le italiane Manita Napoli, pari Lazio
Chalobah-Insigne-Callejon-doppio Mertens firmano la 6ª vittoria dei record in Europa
Raccontarla, un giorno si potrà: e ci sarà da perdersi, per Nathaniel Chalobah a rivivere la «sua» NapoliLegia Varsavia, l’emozione del primo gol, il sogno di potersi ritagliare uno spazio in quel calcio nel quale si è affacciato con umiltà; e ne avranno di particolari da raccontare Mertens, Callejon e Insigne d’una nottata presa a pallate. Raccontarla, un giorno si dovrà: e ci sarà da deliziarsi nelle statistiche che fanno del Napoli la squadra perfetta, sei vittorie su sei, come nessun’altra italiana in quest’Europa League, e poi una macchina da gol che è andata oltre con le sue ventidue reti, come nessuno mai nei giorni. La schiacciante superiorità in un girone sostanzialmente agevole è la fotografia di un dominio sfacciato, in lungo e in largo, utilizzato per demolire dall’alto e con una ferocia agonistica ch’è di tutti, pure del Napoli-2, d’una educazione al calcio ch’è corale, pure di chi domenica, con la Roma, dovrà sfilare verso la panchina. MATTANZA. L’accademia del san Paolo è nella coralità del gioco, nella naturalezza dei gesti tecnici, nella espressione sempre gradevole d’una ricercatezza che appassioni: finisce 5-2 ed è persino un dettaglio, perché c’è altro, c’è la godibile dimostrazione di Mertens d’esser rinato, anzi d’essere scatenato, anzi d’essere «altro» rispetto al palcoscenico serale che ai polacchi concede la magra soddisfazione delle due reti che valgono per l'onore macchiato dalle frange estreme del proprio tifo. Napoli-Legia è l’improbabile sfida nella quale c’è una sola squadra che ha tutto (e solo) da perdere, ma il copione è responsabilmente eseguito e a Sarri verrà un pizzichino d’orgoglio nel memorizzare il contributo di David Lopez e di Valdifiori, il rigore di Chiriches e di Strinic, la generosa interpretazione di Chalobah e di Maggio, l’ostinazione di Insigne nell’inventarsi falso nueve, nel tentare di uscire, di far entrare i centrocampisti (come fa Chalobah), di esserci, insomma.
LO SCATTO.
E’ un 5-2 che sintetizza le differenze, che (persino) non amplifica le distanze, che lascia al Napoli la libertà di divagare nei suoi primati, di andare incontro alla Roma uscendo da quella cappa di pessimismo che l’aveva avvolto dopo il ko di Bologna: ma è uno stop & go che, nell’ambiente, sparge messaggi rassicuranti. Ci sono partite che hanno un senso, oppure lo cercano: al Napoli serve poco più di mezz’ora, il tempo necessario per deliziare (30': tacco di El Kaddouri, percussione centrale di Chalobah) e poi per archiviare (erroraccio di Jodlowiec, che appoggia sul portiere, ignaro della presenza d’Insigne e d’un 2-0 che sa di certificazione), il resto è palleggio ritmato (ma non troppo), un geometrico Valdifiori, un Mertens che travolge, sfonda, serve assist (a Callejon), poi fa da sé, una doppietta ed uno slalom da lasciare senza fiato. Ci sarebbe anche cronaca spicciola ma significherebbe quasi smarrirsi nell’abbondanza: una traversa di David Lopez in avvio, al 18'; un gol annullato a Chiriches senza un vero perché, al 2' della ripresa; poi un palo di Callejon, al 12', dopo aver appena sostituito Insigne; un salvataggio sulla linea dopo zampata dello spagnolo, al 25'. Basta così....
SUPER MERTENS.
Le dinamiche (tattiche) restano laterali all’analisi: la rivoluzione (nove uomini nuovi rispetto a Bologna e anche, si sospetta, all’Inter) non sottraggono qualità alla manovra ma il Mertens della ripresa è una sciccheria assoluta, appagamento dell’estetica, un diavolo incontenibile che se ne va a destra (e concede a Callejon il tap in più semplice che ci possa essere) ma poi, ingordo, sceglie di andare a raggiungere il compagno & socio in affari con una doppietta che gli vale lo scettro dei bomber del Napoli europeo. L’ennesima «manita» (la quarta complessiva) è persino testimonianza di equità assoluta, perché dopo averne allungata una al Bruges ed un’altra al Midtjylland, viene stavolta offerta anche al Legia: così per non far torto a nessuno.
Il ko di Bologna non ha lasciato segni. Vranjes e Prijovic salvano la faccia al Legia Per il giovane sierraleonino è il primo gol da napoletano E ora la Roma
L’obiettivo è riprendersi i quattro posti in Champions, il riferimento è l’Inghilterra, che ci precede essendosi nel frattempo lasciata già scavalcare dalla Germania. La nostra rincorsa parte da lontano, è stata resa più vigorosa dagli ottimi risultati della passata stagione - la Juve in finale di Champions, Napoli e Fiorentina semifinaliste di Europa League - e in prospettiva è alimentata da una piccola, grande certezza arimetica. Quando questa stagione sarà finita e arriverà il mese di luglio, dal ciclo di 5 anni sulla base del quale si calcola il ranking Uefa sparirà il punteggio del 2011-12, anno per noi terribile rispetto agli inglesi. Per questo semplice “scatto” guadagneremo a tavolino circa 4 punti sull’Inghilterra, cioè poco più di quelli che attualmente ci separano dagli avversari diretti. In altre parole: virtualmente dal 1° luglio 2016 saremmo già terzi in classifica e, se restassimo sul podio sino alla fine della prossima stagione, dal 2018-2019 avremmo un posto in più in Champions. Ma virtualmente meno di quattro punti possono anche essere recuperati in una stagione, ipotizzando una rapida eliminazione di tutte le inglesi superstiti, tra Champions ed Europa League, e un lungo cammino delle nostre squadre nelle due coppe. In questo caso, se fossimo terzi alla fine del 2015-16, il posto extra in Champions scatterebbe
già dalla edizione 2017-18.
LA SITUAZIONE. Al termine della fase a gironi l’Inghilterra avrà alla fine racimolato tre quarti di punto in più rispetto a noi, agevolata però dal fatto di aver portato tre squadre agli ottavi di Champions (fuori lo United) contro le nostre due, Juve e Roma. E l’approdo alla fase a eliminazione della Champions, lo ricordiamo, frutta punti extra che l’Europa League invece non mette in palio. Di contro, l’Inghilterra deve sempre dividere il suo monte punti per 8 squadre, tante quante ne ha presentate al via (c’era in più il Westh Ham rispetto alle canoniche 7, premiato dalla classifica fair play), mentre noi dividiamo per 6 ciò che abbiamo raccolto con 5 squadre approdate ai gironi (Sampdoria fuori ai preliminari). Arimteticamente la cosa ci ha garantito finora un piccolo vantaggio.
Dalla Champions più bonus extra per i nostri rivali Ma recupereremo 4 punti a tavolino...
LA CLASSIFICA. Questa la classifica parziale del ranking Uefa al termine dei gironi di Champions ed Europa League. Spagna prima (94,999 punti); Germania seconda (74,749); Inghilterra terza (72,284); Italia quarta (68,439).
Niente record per Pioli e la Lazio. Il girone di Europa League si è chiuso con un pareggio. Dopo il gol di Matri, rimonta subìta dal Saint Etienne e quinta vittoria consecutiva buttata, perché la squadra biancoceleste aveva controllato la partita per settanta minuti e troppe volte ha fallito il raddoppio. Solite ingenuità, i limiti di un gruppo immaturo e fragilissimo in difesa. Il gol di Eysseric, dopo un pallone regalato da Felipe, vale come fotografia. Non contava il risultato, sono arrivate risposte contraddittorie, perché una larga parte della Lazio ha lottato e ha giocato, un’altra è inadeguata o fuori di testa. Troppi i limiti da nascondere.
Pioli dovrà salvare la panchina lunedì nel posticipo con la Samp. Lotito lo ha confermato a tempo. Una verità assoluta è stata ribadita dal campo. La Lazio, più che di un allenatore, ha bisogno di spendere soldi per trovare sul mercato due difensori veri. Mauricio e Hoedt, come altre volte è capitato a Gentiletti, sono imbarazzanti. E’ come se la Lazio giocasse con una voragine sulla linea arretrata. E nessun allenatore, al posto di Pioli, potrebbe porre rimedio senza interventi indovinati sul mercato. PARTECIPAZIONE. Lo spettacolo, prima che iniziasse la partita, s’è consumato sulle tribune: bellissima la coreografia dell’Inferno Verde, intenso il calore dei tifosi. Una lezione dalla Francia, ancora scossa e sotto choc per gli attentati di Parigi. Trentamila spettatori per l’ultimo e insignificante turno. Qui c’è una passione che da noi ci sogniamo e ancora non sappiamo come riempire gli stadi. POCO RITMO. Il Saint Etienne era imbottito di riserve, Pioli ha schierato due punte di ruolo. Solito input, fare la partita, ma solo mezza squadra ci ha provato in avvio con convinzione. Matri e Djordjevic avevano qualche difficoltà di collegamento, ma correvano. Poco raccordo con il centrocampo, dove si sbatteva Parolo. Senza personalità Cataldi, quasi mai incisivo. Mancavano soprattutto gli esterni. Assolto Oikonomidis, al debutto. Il greco australiano ha iniziato con timidezza nei contrasti, ma dopo una mezz’ora ha preso coraggio ed è entrato nel gioco, strappando una promozione. Irritante Felipe Anderson. Palloni persi a ripetizione e una buona dose di egoismo, quasi non capisse il momento della Lazio. Dopo essere stato rimproverato da Djordjevic, è stato mandato a quel paese da Matri a capo di una discesa in cui ha voluto concludere da solo, invece di passare il pallone, sbagliando. Era un’occasione facile. Giuste le proteste dei suoi compagni: si può sbagliare, ma in campo si sta in un altro modo e non con sufficienza. Dietro le combinavano grosse Hoedt e Mauricio, già ammoniti alla mezz’ora. RIGORE? Matri ha sprecato tirando a lato da buona posizione, Oikonomodis (atterrato da Brison) ha gridato al rigore al 32', altri palloni hanno danzato ai limiti dell’area del Saint Etienne senza che la Lazio trovasse la zampata vincente. Il Saint Etienne agiva solo di rimessa, sfruttando le amnesie dei due centrali da brividi della Lazio. Berisha ha smanacciato il destro di Corgnet, che poi non è riuscito a segnare a porta quasi vuota dopo un pallone regalato da Hoedt. ABBRACCIO. Il ritmo si è alzato in avvio di ripresa. La Lazio, con una fiammata, ha prodotto tre azioni da gol in tre minuti. Matri, servito da Oiko-nomidis, ha messo a lato, ma subito dopo si è fatto perdonare, sfruttando la percussione di Konko: ha arpionato il pallone, ha scavalcato il portiere in uscita, e lo ha depositato in rete. Significativo l’abbraccio di tutta la Lazio. Djordjevic ha fallito il raddoppio, fiacco il tiro di Felipe. Non c’era proprio con la testa il brasiliano. Con la partita in controllo, ha perso l’ennesimo pallone: Polomat ha appoggiato a Eysseric, violento il destro da fuori, sorpreso Berisha. Un gol come se non ci fosse il portiere.