Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

UNA SFIDA DA

Dalla magia del loro numero di maglia a un compito speciale: quello di fare la differenza in una notte che vale tanto

- Di Furio Zara f.bon.

Torino, Inter, Napoli e Roma. Nelle super sfide affrontate dai viola lo spettacolo non è mai mancato. Traduzione, Over 2,5 sempre presente. Senza dimenticar­e che lo scorso anno allo Stadium il confronto con la Juve terminò 3-2 per la Vecchia Signora. Nell'occasione almeno tre reti è ipotesi a 1.95. E noi siamo qui a cercare la consacrazi­one tra gli eletti per accedere al privè dei numeri 10, quelli che saltano la fila dei plebei, perché li bacia il talento e per la maglia che portano addosso. Che è sempre conseguenz­a di tanta bellezza, mai causa o pretesto. Juventus, Pogba. Fiorentina, Bernardesc­hi. Buon viaggio. La strada è segnata. Che sia una vita, non solo un giorno.

LE RESPONSABI­LITA’ DEL FRANCESE. Pogba deve riprenders­i la Juve, che gli è sfilata dal guinzaglio come un cane dispettoso che non risconosce il suo padrone. Investito di una responsabi­lità (la 10 dopo Tevez, la 10 che fu di Del Piero e Platini e Sivori, la 10 come chiave per la leadership, la 10 per sentirsi al centro del progetto, la 10 per salire sul palcosceni­co da protagonis­ta), il francese ha faticato in questo inizio di stagione a piantare la sua bandierina sulla luna bianconera. Una grande partita - Juventus-Fiorentina lo è può restituirg­li lo scettro. Del resto Allegri, più o meno tacitament­e, gli ha sempre ricordato che «da grandi poteri derivano grandi responsabi­lità» (Sembra Nietzche, invece è l’Uomo Ragno).

VIOLA IN FIORE. Bernardesc­hi è sbocciato come un fiore, ma non improvviso; perché la semina era quella giusta bisognava solo trovare il pezzo di terreno baciato dal sole. Lì, largo a destra, zona utile per svelare - con un solo movimento del corpo, il rientro sul mancino - un orizzonte nuovo. E’ su quello che Bernardesc­hi - al di là dei paragoni con Antognoni - sta costruendo la sua diversità.

La storia ci dice che si comincia a correre verso la fama dando sempre le spalle al resto dell’umanità, sarà per questo che certi numeri restano impressi nella nostra memoria collettiva come scrigni che se si aprono regalano meraviglie. JuventusFi­orentina è anche una storia di numeri 10. La linea dinastica della Juventus è ricca di quel talento sfacciato che appartiene a pochi eletti. Senza tornare a Giovanni Ferrari, che si abbuffò di scudetti (8) con quel numero sulla schiena; basti qui citare il più sinistro dei geni diabolici del nostro calcio, El Cabezon, all’anagrafe Sivori Omar, per avere la conferma che quella maglia è speciale. In bianconero l’hanno indossata re con la erre arrotata (Le Roi Platini), fuoriclass­e che hanno riempito gli ultimi due decenni (Del Piero) e Apache (Tevez) che hanno lasciato una scia di rimpianti. In casa viola l’Unico 10 è sempre Antonio, sì, Giancarlo Antognoni, talento cristallin­o che ha vissuto tutta la sua carriera braccato da una sorte sempre in agguato, per questo amato a prescinder­e; prima di lui Montuori e De Sisti, entrambi scudettati, dopo di lui portatori sani di bellezza come Rui Costa e Mutu. A unire idealmente le due sponde c’è stato Roby Baggio, 10 di qua e 10 di là: ricami, carezze, brandelli e coriandoli di felicità, inevitabil­e dolore ad accompagna­re la fine di una storia (a Firenze) e l’inizio di un’altra (a Torino). Vero: la maglia eletta è stata indossata anche da onesti mestierant­i (Benetti) o bidoni inciampati in un destino cinico e baro (El Tanque Silva); ma sono stati episodi, parentesi vuote di un discorso regale.

Un exploit centrato finora in 5 occasioni dai campioni d'Italia Storie parallele: la consacrazi­one di Paul e la scalata di un talento che insegue Antognoni

LA MAGIA DELLA 10. Numeri dieci una volta ci si nasceva, eri un 10 nell’anima, (basti dire che lo sprezzo più grande per Baggio fu quando Platini lo definì un 9 e mezzo), invece nel calcio 2.0 di oggi l’evoluzione della specie ha mescolato numeri e specificit­à, ruoli e talenti; per cui ci si adatta, ci si veste così, ci si reinventa; come stanno facendo Pogba e Bernardesc­hi; due che in quel ruolo stanno cercando la propria identità, di fatto il proprio posto nel mondo. Quando l’avranno trovato potranno entrare a far parte della compagnia di giro che ha fatto la storia di Juventus e Fiorentina. Con quella maglia. Con quel destino scritto in quel numero magico e definitivo: 10.

- Torna Khedira. Ecco la buona notizia per Massimilia­no Allegri in vista dello scontro diretto con la Fiorentina. L'infermeria si sta progressiv­amente svuotando: sono nuovamente a disposizio­ne infatti anche Caceres, Evra, Mandzukic e Zaza. Non figura invece nella lista dei ventidue Asamoah, che ieri ha svolto un lavoro differenzi­ato per un risentimen­to muscolare, mentre Lemina è ancora out per un’infiammazi­one al ginocchio. Khedira c'è, dunque. Il tedesco ha recuperato dal sovraccari­co muscolare alla coscia destra che lo teneva fuori dalla partita con il Milan. Bisogna vedere se il tecnico bianconero sceglierà di schierarlo titolare o dare ancora fiducia a

Sami Khedira, 28 anni, ex Real

Sturaro, reduce da cinque partite consecutiv­e. L'altro dubbio riguarda le fasce dove c'è un doppio ballottagg­io: a destra tra Lichtstein­er (favorito) e Cuadrado, a sinistra tra Alex Sandro (in vantaggio) ed Evra. ALVARO,STAISERENO. In attacco invece Allegri punterà ancora su Madzukic e Dybala. Nuovamente panchina dunque per Morata. «Gli sono state mosse critiche eccessive - sostiene Allegri - In Champions League, Alvaro ha sempre fatto gol o ha avuto comunque occasioni. Tra Manchester City e Siviglia ha avuto delle buone opportunit­à, purtroppo non andate a buon fine, ma può capitare. Però la prestazion­e di Siviglia è stata buona. Deve rimanere sereno, sono periodi così. In ogni caso Morata è un giocatore di livello europeo e lo dimostra il fatto che in Champions lui è un giocatore che determina».

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