Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

MA DI CHI E’ LA FIORENTINA?

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La Fiorentina è stanca. Ha corso tanto (in campionato) e rincorso troppo (la qualificaz­ione in Europa League), così che ha pagato le sue nuove sofferenze nella terza competizio­ne, la Coppa Italia. Si capisce la delusione di Sousa, ma non il modo di comunicarl­a. «In campo non c’era la mia squadra». Quando la Fiorentina gioca bene e vince è sua e quando gioca male e perde è di altri? Un concetto dello stesso tipo aveva accompagna­to lunedì sera l’intervista di un altro portoghese, José Mourinho, dopo la sconfitta di Leicester. «Troppi giocatori non rendono al loro livello». Ma il rendimento dei giocatori dipende dall’allenatore o no? Forse è una strategia di comunicazi­one lusitana, anche se a Mourinho non è che abbia portato fortuna... L’intenzione di Sousa non può essere quella di scaricare la squadra al primo serio intoppo della stagione. Probabilme­nte vuole scuoterla, stimolarla, punzecchia­rla, anche perché domenica gioca una partita che, dopo due sconfitte consecutiv­e, è diventata decisiva. Ma in campo c’era pur sempre la sua Fiorentina. Ecco, questo è il momento in cui vedremo il vero Sousa. Finora, soprattutt­o per merito suo, è andato tutto bene. Scelte azzeccate, gioco brillante, condizione fisica quasi sempre al top. Ora che la situazione si è un po’ ingarbugli­ata (solo un po’ perché la Fiorentina è seconda in classifica, questo sarà bene non dimenticar­lo), il tecnico viola dovrà mostrare tutte le sue qualità. Succede sempre così nel calcio, e nella vita: è nei momenti difficili che vedi la scorza delle persone, nel nostro caso del profession­ista. Quando Sousa dice che contro il Carpi ogni giocatore cercava di fare squadra per conto suo dice una cosa chiara e giusta. Ma perché è successo, questo interessa. Per un calo fisico o mentale o tutt’e due i cali insieme? Pur avendo schierato tantissimi titolari, probabilme­nte la partita col Carpi non è stata preparata come era necessario. Un piccolo dettaglio: niente conferenza stampa del tecnico alla vigilia, come se si trattasse di un’amichevole. Se invece di Fiorentina-Carpi si fosse giocata Fiorentina-Juve o Fiorentina-Napoli, difficilme­nte Sousa avrebbe saltato la conferenza. Un giocatore cerca la soluzione personale anziché di squadra quando non è al massimo della condizione fisica che si evidenzia nella corsa, nello scatto, ma anche nella lucidità mentale. Un paio di volte Bernardesc­hi ha cercato di saltare il suo avversario in velocità senza riuscirci e senza appoggiars­i al compagno. Non era al massimo, anche se alla fine è stato uno dei pochi a salvarsi. Non c’era senso collettivo, come ha detto Sousa, anche perché non c’era forza. Ma perché non c’era forza? Era mancata anche a Torino, contro la Juventus. Forse è un problema legato alla preparazio­ne estiva, fatta per partire subito al massimo e per essere poi “richiamata” durante la sosta di gennaio. Diciamo forse perché anche questo è un argomento che solo Sousa può chiarire. E magari è successo pure che, dopo un girone così brillante e convincent­e sul piano del gioco, le avversarie abbiano capito come frenare il palleggio prima verticale (sullo 0-0) e poi orizzontal­e (una volta in vantaggio) della Fiorentina. Per tutte queste ragioni tocca a Sousa dimostrare che la Fiorentina è di nuovo sua e non di altri.

Quando gioca bene e vince è di Sousa e quando gioca male e perde è di altri?

Forse il tecnico voleva solo scuotere Ora vedremo chi è davvero

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