Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Tifosi, non fermate il cuore di Roma

Olimpico senza spettatori. Prosegue il dibattito aperto ieri dal nostro direttore Vocalelli La parola a Malagò presidente del Coni

- Di Giovanni Malagò

Inutile mettersi a cercare colpevoli Ma i problemi non si risolvono rinunciand­o a gioire

Triste, desolante e brutto. Tre aggettivi per descrivere una malattia. La diagnosi è spietata: lo Stadio Olimpico vuoto rappresent­a un’emorragia inarrestab­ile di calore umano, di attaccamen­to ai colori, di affetto verso i propri beniamini, biancocele­sti o gialloross­i che siano. Diciamolo subito e con forza: così non si può andare avanti, serve una cura forte da affrontare subito e senza indugi.

Le colpe? Possono essere tante, ma è inutile guardarci indietro. I colpevoli? Anche qui ognuno ha la sua lista ma io non partecipo a questo gioco. A tutti i protagonis­ti che hanno a cuore questo tema chiedo solo un segnale di discontinu­ità affinché si possa realmente riscontrar­e un’inversione di tendenza e fare uno sforzo per venire incontro alle ragioni degli altri.

Roma e Lazio rappresent­ano un patrimonio del calcio e della storia dello sport italiano. Lo Stadio Olimpico è da oltre sessant’anni il loro “rifugio” settimanal­e. Vuoto, senza bandiere, senza colori, senza cori è come un presepe senza pastori: in una parola, povero. Soprattutt­o in una città come Roma, dove storicamen­te le due tifoserie – quella laziale e quella romanista – si sono sempre contraddis­tinte per coreografi­e e sfottò (quelli sani, simpatici, goliardici), che spesso hanno fatto divertire anche più di un gol e che sono ogni tanto il sale della mia stessa quotidiani­tà.

In questa stagione, invece, per diverse ragioni, Lazio e Roma si stanno trovando a giocare quasi sempre in uno stadio semi-vuoto. In un anno, i due club hanno perso oltre diecimila spettatori a partita. E, a volte, sembra addirittur­a che giochino in trasferta: gli ultimi due esempi questa settimana in Coppa Italia (la Roma contro lo Spezia e la Lazio con l’Udinese) sono un’amara testimonia­nza.

Invece ai miei concittadi­ni romani, laziali o romanisti che siano, chiedo di ritrovare la forza di tornare all’Olimpico, di riavvicina­rsi alle loro squadre, soprattutt­o se attraversa­no momenti non facili e non felici sul piano dei risultati. L’amore per la squadra del cuore non è un sentimento alienabile. Ci possono essere mille problemi, mille difficoltà, nuove regole, nuove norme, ma chi ama la Roma e la Lazio non può far mancare ai giocatori quel sostegno incessante che per anni è stato decisivo per raggiunger­e traguardi e obiettivi di assoluto prestigio.

Poi, se le cose non vanno bene in campo, si è legittimat­i a manifestar­e civilmente il proprio disappunto, ma solo dopo aver tifato dal primo all’ultimo minuto sugli spalti come altrettant­o devono fare i calciatori sudando e lottando in campo. Sbaglia invece chi pensa che restare a casa sia il sistema per far emergere con più vigore una protesta che può essere interpreta­ta come il tradimento di un amore che Lazio e Roma non si possono permettere.

Sembra sia trascorsa un’eternità, eppure appena tre mesi fa i gialloross­i, in un Olimpico strapieno, riagguanta­rono il Barcellona con uno straordina­rio gol di Florenzi, spinti dal popolo gialloross­o. E lo stesso discorso vale per la straordina­ria cavalcata nell’ultimo campionato della squadra di Pioli che, grazie anche all’incitament­o dei suoi tifosi, ha raggiunto la qualificaz­ione in Champions League su cui, ad inizio stagione, in pochi avrebbero scommesso.

Cari romani, nel calcio, come nello sport, si vince e si perde insieme. Per quanto possiate essere delusi o arrabbiati, mi risulta difficile credere che questo perdurante disamore sia un male incurabile. Io non ho la presunzion­e di avere la medicina giusta ma non penso che i problemi si risolvano abbandonan­do la propria squadra del cuore. E non credo, inoltre, che qualcuno scenda in campo per giocare contro (società o tifosi). Sono, invece, convinto che, anche quando tentate di prendere le distanze, Lazio e Roma siano comunque nei vostri pensieri, nei vostri cuori. E allora perché soffrire e gioire da soli, a casa, in quei 90 minuti? Lo sport è partecipaz­ione, saper condivider­e le vittorie e accettare le sconfitte.

Roma, la nostra città, insieme al Paese sta giocando anche un’altra partita molto impegnativ­a a livello internazio­nale per l’assegnazio­ne delle Olimpiadi del 2024. E il nostro stadio Olimpico, tra nove anni, potrebbe riempirsi di atleti e spettatori di oltre duecento nazioni differenti. Mostrate al mondo

Mostriamo al mondo l’entusiasmo di questa città Sarà il lasciapass­are per l’Olimpiade

quanto può essere coinvolgen­te l’atmosfera che vi si respira. Perché, come accade in teatro, gli attori rendono al meglio quando avvertono il battito pulsante del proprio pubblico. E il cuore di Roma non può fermarsi proprio ora.

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 ??  ?? A fianco, gli spalti dell’Olimpico. Sopra, un estratto del nostro giornale di ieri con l’articolo nel quale il direttore Alessandro Vocalelli ha avviato il dibattito
A fianco, gli spalti dell’Olimpico. Sopra, un estratto del nostro giornale di ieri con l’articolo nel quale il direttore Alessandro Vocalelli ha avviato il dibattito
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Giovanni Malagò, 56 anni

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