Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
MOLFETTA «IL BRASILE O SMETTO»
Tre anni fa conquistò l’oro dei supermassimi nel taekwondo, oggi insegue ancora la “carta” «Il futuro? Diventerò il presidente del Coni»
A cinque anni Carlo Molfetta è entrato in palestra, la stessa del padre Eupremio, pioniere del taekwondo a Mesagne, provincia di Brindisi. A dodici, da campione regionale giovanile, firmava autografi per i compagni di classe e dichiarava: «Vincerò l’oro olimpico». A diciassette, da junior, era già argento ai Mondiali assoluti. Poi una carriera costellata di successi e infortuni, fino all’oro di Londra 2012. Eppure non vorrebbe che suo figlio seguisse la sua strada: «Troppi sacrifici, mal ripagati». Ora insegue la sua terza Olimpiade a Rio e sul futuro ha le idee chiare: «Diventerò presidente del Coni».
Come nasce un campione olimpico? «Ho iniziato presto, per tradizione familiare: mio padre Eupremio è stato tra i primi cultori del taekwondo a Mesagne, la mia città. Non ho mai pensato che la mia strada fosse un’altra: ho cominciato a vincere i primi tornei tra le palestre della zona, poi le gare regionali, una motivazione incredibile».
Un buon inizio. «Sì, ma non so se definirmi un pazzo o un predestinato: per esempio a dodici anni andavo in classe a firmare autografi per i miei compagni di scuola e dichiaravo: Diventerò campione olimpico!».
Cos’è il taekwondo? un minuto alla fine, già pensavo che l’argento sarebbe stato un ottimo risultato».
E invece? «Obame ha preso un’ammonizione, io ho guadagnato un punto. L’ho guardato in faccia: aveva lo sguardo perso, allora ho pensato che potevo ancora farcela. Ho rimontato lo svantaggio in un minuto, siamo andati al supplementare e al “golden point”: alla fine ho vinto».
Cosa è cambiato da allora? «Intanto ho guadagnato la promozione al grado di appuntato dei Carabinieri: e poi la mia vita, non dico che sia cambiata, è diventata solo un po’ più semplice con qualche sponsor in più e maggiore attenzione mediatica. Mi sono anche sposato: mia moglie, Serena, insegna ballo classico e moderno in una scuola di danza. E’ lei che mi controlla i calci alti girati: le piroette richiedono lo stesso asse del corpo».
Si può essere professionisti nel taekwondo? «Dal punto di vista dell’impegno sì, non da quello economico: in Russia o in Messico esistono un paio di gare all’anno con premi in denaro, si va per invito».
Suo figlio farebbe questo sport? «Non glielo chiederò mai, a meno che non cambi questo mondo: troppi sacrifici e davvero mal ripagati».
E Carlo Molfetta per quanto continuerà? «Abbiamo l’ultimo torneo europeo di qualificazione in Turchia, a gennaio: ci sono due posti a disposizione e nella mia categoria ci sono almeno 3 o 4 pretendenti molto seri. Se non riuscirò a ottenere la carta olimpica per Rio, smetterò».
«A Londra centrai l’oro riscoprendo l’uso dei pugni Più forte di un gigante del Mali di 2.06»
Sarebbe la sua terza Olimpiade.