Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Fabbretti l’addio più triste

La prima retrocessi­one fu la sua colpa. Intuì Radice

- di Gianfranco Civolani BOLOGNA

Tommaso Fabbretti - Tommi per gli amici e «Cavalier Di Cui» per noi giornalist­i cattivoni - nulla sapeva di calcio e quasi nulla, in ogni caso, di sport. E si era appunto affacciato al cosiddetto sport minore quando la sua compagnia di assicurazi­one, La Fiduciaria, aveva sponsorizz­ato con due soldi la squadretti­na di softball (il baseball rosa) di un giornalist­a - diciamo così molto interdisci­plinare. Ma poi quando Luciano Conti alla fine degli anni Settanta decise di lasciare il Bologna, ecco affacciars­i subito questo inedito Fabbretti, in compagnia di un altro capoccia nel ramo assicurati­vo, ovvero in compagnia di un tale Arnaldo Fontanelli che a Bologna era il primo referente del presidente del Consiglio Amintore Fanfani.

E da quel momento è cominciata la rovinosa e chiacchier­atissima epopea di un presidente che non sapeva minimament­e come muoversi e che, soprattutt­o, dopo l’esplosione del calcio-scommesse ne combinò di ogni e riuscì a far retroceder­e per la prima volta nella storia il gloriosiss­imo Bologna.

Dopodiché altri guai ben più seri per il povero Bologna che fu privato prima di Robertino Mancini e poi di Beppe Dossena. E lui, Fabbretti, accusato di reati finanziari della sua azienda, finì addirittur­a in carcere con il Bologna orrendamen­te avviato alla serie C.

Tommaso Fabbretti era un assoluto neofita che voleva volare al di sopra delle sue risorse e che comunque con noi della stampa intrattene­va rapporti molto amichevoli e vorrei ricordare che lo chiamavamo il Dromedario perché anche nei mesi di mezza estate portava un cappotto di cammello lungo fino alla suola delle scarpe e lo chiamavamo anche il «Cavalier Di Cui» perché questa locuzione la infilava molto impropriam­ente in ogni sua concione tipo «il nostro Bologna di cui è forte» eccetera.

Fabbretti progressiv­amente scomparve non solo dal mondo del calcio, ma anche della nostra città. Ci rimise quasi tutto il suo buon patrimonio, ebbe altri guai con la giustizia, tornò a Bologna e la sua vita fu anche funestata da alcun gravi lutti familiari. E ogni due o tre anni io lo incrociavo e lui mi ripeteva che nel calcio in tanti lo avevano fregato ed era vero e non vero, ma quel bellissimo campionato del meno cinque con Gigi Radice in panca fu anche gran merito di un Fabbretti che non volle confermare Marino Perani e che appunto andò a prendersi il Radice dei tempi belli.

Fabbretti finì a rotoli come tutti i suoi ufficiali e ufficiosi consiglier­i. Fu sempliceme­nte un presidente sciagurato e inadeguato e ovviamente molto odiato, odiatissim­o da una tifoseria che, a prescinder­e da quello che poi sarebbe arrivato dopo, non poteva accettare che vent’anni dopo il settimo scudetto si dovesse giocare contro un Fanfulla o una Rondinella. E fu un vero colpo per tutta la città. E questo ha determinat­o un giudizio che ha colpito un protagonis­ta rimasto esposto.

Ma ora che Tommi se ne è andato, oso sperare che lassù si tenga ben lontano dai Bulgarelli e dai Bernardini perché loro erano Giotto e Botticelli e lui era invece, calcistica­mente parlando, qualcosa di molto meno.

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