Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Melo: Siamo arrabbiati, rialziamoci
Furia Mancini. Contro i suoi attaccanti, ma in particolare verso Icardi. Dopo il fischio finale, infatti, il tecnico nerazzurro se l’è presa innanzitutto con il suo capitano. Già in campo, l’allenatore di Jesi non le aveva mandate a dire a Maurito, che, ad un certo punto, gli ha pure risposto. Ma il vero faccia a faccia tra i due è andato in scena negli spogliatoi ed è stato un preciso atto d’accusa nei confronti del centravanti, colpevole non solo di mancare facili occasioni, ma anche di essere troppo statico, di attendere il pallone sempre fermo, non preoccupandosi di dettare il passaggio o di attaccare gli spazi. Dopo la sfuriata nel chiuso degli spogliatoi, Mancini ha proseguito anche davanti alle telecamere. «Il nostro problema è che non riusciamo a segnare più di un gol. Così è troppo poco, perché se le partite non le chiudi, poi rischi quello che è successo anche oggi (ieri, ndr). Nella ripresa abbiamo mancato due occasioni clamorose, avrei segnato anch’io a 50 anni (il riferimento è al gol sbagliato da Palacio, ndr). Gli attaccanti devono lavorare, costruire, muoversi e poi finalizzare. E’ inutile stare fermi ad aspettare il pallone. Icardi? Sacrificandosi, i gol arrivano. Oggi (ieri, ndr) era in difficoltà. Sembrava avesse ripreso a segnare, speriamo che ora ricominci».
«Compriamo punte così le nostre si svegliano. Troppi regali. Se Sarri mi presta Higuain...»
CERVELLO. Maurito imputato principale, secondo Mancini. Ma unico. Perché certi atteggiamenti li hanno fatti vedere pure gli altri compagni di reparto. «Il calcio è fatto di cervello, non solo di tecnica o qualità. Bisogna essere intelligenti e pensare, quindi servire un compagno quando è messo meglio, oppure tenere il pallone vicino alla bandierina quando sei al 92' e vinci 1-0. E' capitato a Ljajic, ma poteva capitare a chiunque. Contro la Roma sono sicuro che l’avremmo fatto, ma la furbizia o ce l’ha o non ce l’hai e serve anche con il Carpi. Allora, tanto vale, visto che non segnano, giocare con una sola punta e lasciare gli altri attaccanti in panchina, almeno soffriamo di meno. Serve cattiveria, non possiamo buttare tutto quello che, di buono, abbiamo fatto in 18 partite». Significa che Mancini ha visto una squadra deconcentrata e poco attenta: diversa, quindi, da quella che aveva a lungo guidato la classifica. E stavolta il tecnico nerazzurro lancia un vero e proprio allarme: «Bisogna essere realisti, noi non siamo forse neanche da terzo posto, lo abbiamo detto fin dall'inizio. Ci sono squadre più
Contro la Lazio, era stato lui a inaugurare la saga degli errori allo scadere, con quell’inutile fallo da rigore costato la sconfitta nell’ultima ara del 2015, ieri, invece, Felipe Melo ha voluto metterci la faccia, anche per provare a dare una scossa all’ambiente. «Siamo arrabbiati, probabilmente io più di tutti. Non si possono buttare 2 punti in superiorità numerica. Ma si vince e si perde in undici», si è sfogato il brasiliano. «Quel contropiede alla fine non doveva capitare, ma siamo umani. Purtroppo è un errore che c’è costato caro. Dovevamo vincere, la palla l'abbiamo gestita ma dobbiamo essere più intelligenti. Adesso, dipende tutto da come reagiamo. Se torniamo con i piedi a terra possiamo riprenderci». Evidentemente anche lui ha compreso che qualcuno si è montato la testa. «Le rivali? Non ci importa nulla di quello che fanno gli altri, noi dobbiamo vincere e basta. Dobbiamo migliorare in tutto, perché nessuno qui è Messi, Maradona o Pelè».
CIELO O INFERNO. Felipe Melo, contro il Napoli, in Coppa Italia, aveva riassaggiato il campo, mentre ieri è tornato titolare dopo i 3 turni di squalifica rimediati con la Lazio. E’ stato tra i pochi a salvarsi. Si tratta di capire se gli basterà per giocare anche mercoledì contro la Juventus, e poi contro il Milan, che all’andata era la stata la gara del suo debutto interista. «Possono essere le gare della svolta, si può andare in cielo o all'inferno. Ci vuole umiltà e concentrazione al massimo. Io mi sento bene e credo di aver disputato la mia miglior partita in Italia, mi spiace per non aver segnato. Allo scudetto credo ancora. Non venuto qui per arrivare in Champions e basta, ma per vincere». Una novità da registrare riguarda lo staff dell’Inter: è stato interrotto il rapporto con il collaboratore tecnico Bacconi.