Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Diawara: Sono felice ecco perché piango

Il 18enne si commuove alla sua prima conferenza

- Di Matteo Fogacci

BOLOGNA. Bologna gli vorrà ancora più bene. Un momento di commozione davanti a taccuini e telecamere. Amadou Diawara si è sciolto e ha scoperto il volto che alla città piace di più. Quello di un ragazzo che ha appena compiuto 18 anni ed è passato nel giro di un anno e mezzo dal giocare all'oratorio in Guinea ai palcosceni­ci della serie A. Volto da ragazzino, con quella cresta che lo rende così unico. Da giovane della Primavera da aggregare alla prima squadra è passato in due mesi a titolare. Pochi giorni fa Rossi aveva fatto sapere che il ragazzo gli aveva raccontato di aver firmato un contratto per una marca di scarpe, ora il battesimo del fuoco, la prima intervista in sala stampa. Dopo il primo momento di difficoltà si è ripreso e ha più volte ripetuto il motto che spesso anche Delio Rossi ha fatto pervenire: «La qualità non ha età - ha detto - sono molto contento, lavoro sodo e alla fine degli allenament­i vado a casa perché devo riposarmi. Ho giocato 15 partite in Lega Pro a San Marino, ma capisco che questo non è abbastanza e sento che devo fare di più. Ho lavorato sodo, specie durante il ritiro, ma è solo l'inizio». Come per Donsah, anche la sua è una storia con la quale si potrebbe scrivere un libro: «Giocavo in Guinea, nell'oratorio della mia città. Il mio procurator­e mi ha fatto fare un provino per la Virtus Cesena, squadra dilettanti. Poi ho conosciuto Corvino che mi ha portato una settimana all'accademia di Lecce, dicendo che mi avrebbe dato un'occasione appena avesse avuto una squadra. E ha mantenuto la promessa».

A vederlo giocare sembra già un veterano: «In campo sono tranquillo, riesco a non ascoltare i tifosi e così gioco sereno. Quando esco abito da solo alla Meridiana e non mi piace uscire, proprio perché amo riposarmi. Però mi sento tutti i giorni con Donsah. Lui è un bravo ragazzo, lo seguo anche perché ha un po' più di esperienza di me». Però il suo vero idolo è un altro: «Per noi Yaya Tourè è il massimo. Lui gioca un po' più avanzato, ma un giorno spero di diventare anche migliore di lui». E la sua corsa, dopo l'esperienza al San Marino, parte da Bologna: «Mi trovo molto bene. Il morale? Beh, stiamo lavorando molto bene mai i risultati non vengono. Sappiamo che per migliorare bisogna lavorare ancora di più». E domenica si va allo Juventus Stadium, contro i campioni d'Italia. «Certo che sarà emozionant­e. La Juventus è una grande squadra, siamo consapevol­i delle difficoltà. Nello stesso tempo sono fiducioso che siamo in grado di farcela». Fino a questo momento lo abbiamo sempre visto giocare davanti alla difesa, ma qual è il suo sogno? «Questo. Giocare in quella posizione per me è il massimo. Anche perché ho sempre fatto questo. Rompere il gioco degli avversari, costruire, mettere pressione agli altri è esattament­e ciò che mi piace fare». E in questa rapida ascesa che ruolo ha avuto mister Rossi: «Mi ha sempre dato molti consigli. Non ho avuto la possibilit­à di giocare nei settori giovanili e dunque imparare le basi. Per questo la prima cosa che mi ha detto è «Fedele ti metterà a posto», indicando soprattutt­o l'aspetto tattico». E' questa la cosa più difficile del calcio italiano? «Direi proprio di sì. Unito al fatto che la quantità degli allenament­i non ti permette di fare altro. In Guinea alla fine uscivo con gli amici, qui in Italia non ce la faccio proprio. Allora ascolto musica, quella del mio Paese, che è il mio passatempo».

«Sono tranquillo, ascolto musica e lavoro sodo. Il mio modello? Donsah: un bravo ragazzo»

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Amadou Diawara, 18 anni

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