Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Allarme infortuni: una squadra è fuori dal Mondiale

Atleti sempre più grossi e veloci, regole discutibil­i o non applicate: già 15 giocatori sono dovuti tornare a casa

- di Francesco Volpe ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un bollettino di guerra, fatte le debite proporzion­i. Non passa giorno in cui la Coppa del Mondo non perda almeno uno dei suoi protagonis­ti. La maggior parte dei quali di primissimo piano. Tra legamenti saltati, mascelle e costole fratturate, muscoli stirati, sono già quindici i giocatori costretti ad abbandonar­e il torneo. Quasi uno a partita, praticamen­te un’intera squadra. Tra loro tre gallesi, l’azzurro Andrea Masi, l’inglese Billy Vunipola e il capitano degli Springboks, Jean De Villiers. Ieri ha salutato il romeno Tonita. E Tonga attende di sapere se riavrà T-Pole, finito ko martedì. Mentre diversi giocatori (tra cui Halfpenny e Morisi) a questa Coppa del Mondo non sono neppure arrivati, fermati da traumi subiti nell’intenso (troppo) agosto dei test di preparazio­ne.

Il rugby d’altronde ha subito una profonda trasformaz­ione negli ultimi vent’anni, dall’avvento del profession­ismo. I giocatori sono più grossi, più alti, più veloci. E gli impatti si sono moltiplica­ti, di numero e intensità. L’ala John Kirwan, ex c.t. azzurro e campione del mondo con gli All Blacks nel 1987, era alto 1.91 e pesava 92 kg. All’epoca era praticamen­te implaccabi­le. Qualcuno lo paragonò a Gulliver nel paese di Lilliput. Oggi il peso medio dei tre-quarti della Nuova Zelanda è 96 kg... Nel Sei Nazioni del 2006 vennero registrati 171 placcaggi a partita, in quello dello scorso anno sono stati 250. E potremmo proseguire. «Il rugby di alto livello è diventato brutale» ha detto qualche tempo fa Damian Hopley, ex centro dell’Inghilterr­a e attuale direttore esecutivo dell’associazio­ne

dei giocatori inglesi.

REGOLE. Il problema non sono solo le dimensioni dei giocatori, ma anche le regole esistenti e quelle che non vengono fatte osservare dagli arbitri. Alla prima categoria appartiene l’uso delle sostituzio­ni. Con la possibilit­à di cambiare otto giocatori a partita, di fatto nei secondi tempi entrano in gioco fino a 16 atleti freschi che si confrontan­o, e si scontrano, con quelli (14) impiegati sin dall’inizio e dunque più stanchi. Su questi ultimi ogni impatto ha potenzialm­ente effetti molto più dannosi. «Ma la si può vedere anche da un’altra prospettiv­a: se tieni in campo gente stanca, aumenta il rischio di infortuni» osserva Vincenzo Ieracitano, 61 anni, ex terza linea del Cus Genova e oggi responsabi­le dello staff medico azzurro. Con gente stanca, però, il ritmo e la forza degli impatti si ridurrebbe­ro. Il dibattito è aperto.

Responsabi­lità degli arbitri è invece la mancata osservanza di una delle prime regole del rugby: non si può colpire l’uomo senza palla. Viceversa le entrate a velocità folle su giocatori inerti, quando non addirittur­a a terra, sono diventate la norma. «Stanno sanzionand­o le “cravatte”, ma si deve fare di più - riconosce il Ieracitano - Anche in touche, per l’incolumità del saltatore».

VIDEO. World Rugby, va detto, sta lavorando a fondo sulla sicurezza dei giocatori. Da mesi è stato varato il protocollo per la riabilitaz­ione dai traumi cranici (concussion), così come per il primo soccorso in caso di quelli cervicali. «Sabato scorso Tommaso Allan è uscito temporanea­mente perché l’analisi video ha fatto sospettare un trauma cranico» rivela Ieracitano. Ad alto livello, i medici di squadra e la sala di primo soccorso hanno a disposizio­ne schermi video per analizzare le immagini degli impatti e decidere se intervenir­e. E ogni lunedì viene spedita a World Rugby una relazione sulla situazione infortuni in ciascuna squadra.

«Questo sport sta diventando sempre più dinamico e praticato da gente più grossa e ben allenata. E’ un problema in assoluto, non limitato a questa Coppa del Mondo» chiosa Ieracitano.

Ieracitano, medico azzurro: «Problema in assoluto». Video e protocolli per la salute di chi gioca

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GETTY L’ala francese Yoann Huget, 28 anni, finito ko contro l’Italia

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