Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
Allarme infortuni: una squadra è fuori dal Mondiale
Atleti sempre più grossi e veloci, regole discutibili o non applicate: già 15 giocatori sono dovuti tornare a casa
Un bollettino di guerra, fatte le debite proporzioni. Non passa giorno in cui la Coppa del Mondo non perda almeno uno dei suoi protagonisti. La maggior parte dei quali di primissimo piano. Tra legamenti saltati, mascelle e costole fratturate, muscoli stirati, sono già quindici i giocatori costretti ad abbandonare il torneo. Quasi uno a partita, praticamente un’intera squadra. Tra loro tre gallesi, l’azzurro Andrea Masi, l’inglese Billy Vunipola e il capitano degli Springboks, Jean De Villiers. Ieri ha salutato il romeno Tonita. E Tonga attende di sapere se riavrà T-Pole, finito ko martedì. Mentre diversi giocatori (tra cui Halfpenny e Morisi) a questa Coppa del Mondo non sono neppure arrivati, fermati da traumi subiti nell’intenso (troppo) agosto dei test di preparazione.
Il rugby d’altronde ha subito una profonda trasformazione negli ultimi vent’anni, dall’avvento del professionismo. I giocatori sono più grossi, più alti, più veloci. E gli impatti si sono moltiplicati, di numero e intensità. L’ala John Kirwan, ex c.t. azzurro e campione del mondo con gli All Blacks nel 1987, era alto 1.91 e pesava 92 kg. All’epoca era praticamente implaccabile. Qualcuno lo paragonò a Gulliver nel paese di Lilliput. Oggi il peso medio dei tre-quarti della Nuova Zelanda è 96 kg... Nel Sei Nazioni del 2006 vennero registrati 171 placcaggi a partita, in quello dello scorso anno sono stati 250. E potremmo proseguire. «Il rugby di alto livello è diventato brutale» ha detto qualche tempo fa Damian Hopley, ex centro dell’Inghilterra e attuale direttore esecutivo dell’associazione
dei giocatori inglesi.
REGOLE. Il problema non sono solo le dimensioni dei giocatori, ma anche le regole esistenti e quelle che non vengono fatte osservare dagli arbitri. Alla prima categoria appartiene l’uso delle sostituzioni. Con la possibilità di cambiare otto giocatori a partita, di fatto nei secondi tempi entrano in gioco fino a 16 atleti freschi che si confrontano, e si scontrano, con quelli (14) impiegati sin dall’inizio e dunque più stanchi. Su questi ultimi ogni impatto ha potenzialmente effetti molto più dannosi. «Ma la si può vedere anche da un’altra prospettiva: se tieni in campo gente stanca, aumenta il rischio di infortuni» osserva Vincenzo Ieracitano, 61 anni, ex terza linea del Cus Genova e oggi responsabile dello staff medico azzurro. Con gente stanca, però, il ritmo e la forza degli impatti si ridurrebbero. Il dibattito è aperto.
Responsabilità degli arbitri è invece la mancata osservanza di una delle prime regole del rugby: non si può colpire l’uomo senza palla. Viceversa le entrate a velocità folle su giocatori inerti, quando non addirittura a terra, sono diventate la norma. «Stanno sanzionando le “cravatte”, ma si deve fare di più - riconosce il Ieracitano - Anche in touche, per l’incolumità del saltatore».
VIDEO. World Rugby, va detto, sta lavorando a fondo sulla sicurezza dei giocatori. Da mesi è stato varato il protocollo per la riabilitazione dai traumi cranici (concussion), così come per il primo soccorso in caso di quelli cervicali. «Sabato scorso Tommaso Allan è uscito temporaneamente perché l’analisi video ha fatto sospettare un trauma cranico» rivela Ieracitano. Ad alto livello, i medici di squadra e la sala di primo soccorso hanno a disposizione schermi video per analizzare le immagini degli impatti e decidere se intervenire. E ogni lunedì viene spedita a World Rugby una relazione sulla situazione infortuni in ciascuna squadra.
«Questo sport sta diventando sempre più dinamico e praticato da gente più grossa e ben allenata. E’ un problema in assoluto, non limitato a questa Coppa del Mondo» chiosa Ieracitano.
Ieracitano, medico azzurro: «Problema in assoluto». Video e protocolli per la salute di chi gioca