Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

«Non era l’ora di andare da Sarri»

«Battiamo l’Inter per Zenga»

- di Andrea Ramazzotti

La carta d’identità dice che è nato in Germania, ma nelle sue vene scorre solo sangue italiano. Roberto Soriano è orgoglioso delle sue origini e della maglia azzurra che indossa. Lo abbiamo incontrato ieri al campo d’allenament­o della Sampdoria e ci ha raccontato la sua estate da uomo mercato.

La carta d’identità dice che è nato in Germania, ma nelle sue vene scorre solo sangue italiano. Roberto Soriano è orgoglioso delle sue origini e della maglia azzurra che indossa. Lo abbiamo incontrato ieri al campo d’allenament­o della Sampdoria e ci ha raccontato la sua estate da uomo mercato, ma anche il suo rapporto con Icardi, gli anni nelle giovanili del Bayern e la sua vita privata. Dalle braccia ricoperte di tatuaggi («Se tornassi indietro non li rifarei. Da giovane sono belli, ma quando sarò più vecchio e avrò un mio figlio, magari me ne pentirò») alla sua stanza... nell’appartamen­to di Viviano. «Sono l’unico giocatore di Serie A che non ha una casa. Ho lasciato la mia perché era troppo piccola e non ne ho ancora trovata un’altra. Emiliano mi sta ospitando perché i suoi sono a Brescia e ci facciamo compagnia», ha scherzato.

Soriano, come giudica finora la stagione della Samp?

«All’inizio è stata dura perché lo scorso anno avevamo conquistat­o la qualificaz­ione ai preliminar­i di Europa League e veder sfumare tutto in quel modo... Abbiamo riversato la rabbia per l’eliminazio­ne nelle prime giornate di campionato e abbiamo messo in difficoltà pure le grandi affrontate».

Se siete partiti così bene in Serie A, il merito è anche di Soriano, autore di due reti.

«Il mio record stagionale è di cinque gol e spero di batterlo. Non importa se giocando da interno di centrocamp­o o da trequartis­ta come da piccolo, prima nel Darmstadt e poi nel Bayern».

Lei, nato in Germania, è italiano al 100%.

«Orgoglioso di esserlo, aggiungo. Quando cresci all’estero come me e i miei amici senti ancora di più l’appartenen­za alla tua Nazione. Mi ricordo la festa per la vittoria in semifinale ai Mondiali del 2006 contro la Germania: i tedeschi quando conta ci soffrono».

Il suo orgoglio italiano l’ha spinta tra le braccia di Conte.

«Quando giocavo nel Bayern, l’allenatore dell’Under 16 e dell’Under 17 tedesca veniva spesso a chiedermi se volevo prendere il passaporto tedesco, ma ho sempre pensato solo alla maglia azzurra».

Se chiude gli occhi, si vede agli Europei in Francia?

«Mi vedo lì... anche se li tengo aperti, ma devo guadagnarm­i la chiamata del ct giocando benissimo con la Samp».

Magari si troverà di fronte la Germania dei suoi ex compagni del Bayern, quelli con cui è cresciuto.

«Sarebbe bello sfidarli con l’Italia. Sono arrivato a Monaco a 14 anni e nel convitto ero vicino di stanza di Alaba. Lì abitavano anche Kroos, Müller e Badstuber che però erano più grandi. Con Alaba ho giocato una stagione: avevamo un ottimo rapporto e uscivamo anche insieme».

Che ricordi ha di quegli anni?

«Al Bayern sono organizzat­issimi: ti fanno allenare, ma ti seguono pure negli studi mettendoti a disposizio­ne un insegnante per due ore ogni giorno. La sera alle 22 però tutti in camera e vietato sgarrare perché ti controllan­o con le telecamere».

E’ tornato in Italia anche per sfuggire a questa... marcatura a uomo?

«Con Klinsmann allenatore della prima squadra pochi giovani avevano la possibilit­à di arrivare a lavorare con i più grandi e io viceversa volevo questa opportunit­à. Due giorni prima di compiere 18 anni ho accettato la proposta di Paratici (nel 2009 ds della Samp, ndr)».

Nel frattempo però il Bayern ha vinto tutto. Non ha rammarichi?

«Rifarei mille volte questa scelta perché il mio sogno è sempre stato giocare in quella Serie A che seguivo fin da bambino in tv».

I suoi genitori vivo ancora in Germania?

«Sì e insieme a loro ci sono mio fratello più grande, Michele, un profession­ista di ballo latino-americano, e quello più piccolo, Elia, che gioca negli Stuttgarte­r Kickers. A dicembre si è rotto il crociato ed è rientrato da poco».

Soriano con il ballo come se la cava?

«Mi piace ballare la musica latino-americana, ma non sono bravo».

Com’è stata la sua estate da uomo mercato?

«La mia preferenza è sempre stata quella di restare qua. Nel calcio non si sa mai cosa può succedere perché ci sono di mezzo anche le società, ma spero di indossare la maglia blucerchia­ta ancora per tanti anni».

Dopo il mancato trasferime­nto al Napoli, dunque, non era arrabbiato?

«Tutte stupidaggi­ni».

Ammetterà però che l’ultimo giorno di mercato è stato piuttosto convulso.

«Ero a Coverciano con la Nazionale e ho vissuto tutto il pomeriggio e la sera con Eder che più o meno era nella mia situazione (l’attaccante era ad un passo dall’Inter, ndr). Ci arrivavano messaggi e chiamate di continuo».

Il suo passaggio al Napoli in pratica era fatto, ma è sfumato proprio sul gong per colpa di un contratto non depositato in tempo.

«C’è stata una trattativa che però non è mai stata chiusa. Si vede che non era destino... E comunque la mia preferenza è sempre stata rimanere qua».

Ecco perché ha rinnovato fino al 2020?

«Sono a Genova da sei anni e mi trovo bene. La Sampdoria è una piccola famiglia e voglio ripagare la fiducia dei dirigenti sul campo».

Ferrero di lei ed Eder ha detto: «Dipendesse da me, non li venderei mai».

«E io non ho mai pensato di andar via né chiederò di essere ceduto».

Se arrivasse una chiamata da Milano e dall’altra parte del telefono ci fosse Mihajlovic?

«Se chiama Mihajlovic, rispondo...».

L’inizio dell’avventura al Milan del suo ex tecnico non è stato facile.

«Spero che faccia bene e che conquisti più punti possibile. Alla Sampdoria ha fatto bene e ci ha aiutati parecchio. Quando non gioca contro di noi, tifo per lui».

La Samp può sognare il ritorno in Europa?

«Secondo me sì. Gioco in una grande società, abbiamo una rosa di valore e un ottimo allenatore. Voglio portare la Samp in alto».

Domenica arriva l’Inter capolista.

«Non sarà facile perché loro hanno perso male con la Fiorentina e vorranno riscattars­i. Contro le grandi squadre, però, noi facciamo sempre bene».

Si aspettava l’Inter così in alto?

«Ha acquistato giocatori fortissimi e pensavo che sarebbe partita forte».

In attacco ci sarà Icardi che due stagioni fa dopo un gol esultò mettendosi le mani alle orecchie sotto la vostra curva.

«Quel gesto mi ha dato parecchio fastidio perché lui è cresciuto qua come calciatore e comportand­osi così non ha mostrato molto rispetto. Ognuno fa ciò che vuole, ma se è all’Inter lo deve anche alla Sampdoria e ai suoi tifosi».

L’Inter può vincere lo scudetto?

«E’ una delle candidate insieme alla Roma e alla Juve».

Per l’ex interista Zenga domenica sarà una gara speciale?

«Penso di sì e noi speriamo di fargli un regalo».

Eder sarà al suo fianco, ma avrebbe potuto essere... nerazzurro.

«Sono contento che sia con noi perché è un bravo ragazzo e uno degli attaccanti più forti della Serie A. Può vincere la classifica dei cannonieri».

«Eder e Soriano sono come Vialli e Mancini». Le piace il paragone di Ferrero?

«Mi sembra un po’ esagerato, ma il presidente prova grande affetto per noi. Vialli e Mancini sono stati due campioni, mentre Eder e io abbiamo tanto da dimostrare».

Cosa ha portato Cassano?

«Allegria, simpatia e classe. Quando ero nelle giovani della Samp ha sempre parlato bene di me e averlo come compagno è un piacere».

La Germania «Sono nato lì, ma l’appartenen­za all’Italia è forte. Ho pensato solo alla maglia azzurra»

Ieri e oggi «Non mi pento di aver lasciato il Bayern. L’Inter? Sarà il nostro regalo per Zenga»

La vita «Mi piace ballare Ho fatto troppi tatuaggi e non ho una casa: per ora mi ospita Viviano»

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LAPRESSE Roberto Soriano, 24 anni, è nato a Darmstadt in Germania ma ha radici campane

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