Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
Downs è al bivio rinasce o crolla
La storia della guardia-ala di Caserta, dal difficile rapporto col padre alla patente ritirata a Roma
Tra la multitudine di nuovi stranieri sbarcati in serie A in estate, ce n’è uno che davanti a sé ha solo due possibili strade da percorrere: una lo porterà finalmente alla gloria, l’altra lo condurrà alla perdizione e all’oblio.
Quale sarà il cammino che sceglierà Micah Downs non lo sa nessuno. Ma il primo passo fatto dalla guardia-ala di Caserta non promette nulla di buono. Il 14 settembre, durante il giorno di riposo della squadra, si è recato a Roma per divertirsi un po’: dopo essersi rimesso in auto alticcio, ha finito per avere un incidente stradale e la patente ritirata, visto che la polizia lo ha trovato positivo al test acolimetrico. La società lo ha multato e ha iniziato a pregare di non aver commesso un terribile errore.
TALENTO. Eppure Downs, 29 anni tra pochi giorni, un talento lo è davvero, e se ne sono accorti anche i tifosi della Juve guardandolo in azione al PalaMaggiò e ammirando le sue schiacciate su youtube. Solo che è quel genere di talento maledetto sempre in bilico tra l’esplodere e il lasciare che i suoi demoni si impossessino di lui una volta per tutte.
I problemi di Micah nascono dal rapporto conflittuale con il padre Steve, una figura ingombrante e pressante sin dai tempi in cui l’ala frequentava l’high school. Ai tempi del liceo il ragazzo, nato a Kirkland, a neppure mezz’ora da Seattle, fu costretto a cambiare ben sette licei e a vivere in tre stati differenti (Eastern Michigan, Missouri e Las Vegas) seguendo il papà che qualche anno fa giustificò così il suo peregrinare: «Cercavo lavoro, cosa altro avrei dovuto fare per mantenere la mia famiglia?»
Solo che, oltre a non mettere radici, Downs senior aveva iniziato ad essere un padre ossessivo tanto per il figlio che per i suoi allenatori e compagni: una volta scoperto che Micah era davvero bravo con quel pallone da basket, prese a fare strani ragionamenti e a spingerlo verso un traguardo impossibile in quel momento. Insomma, voleva che passasse direttamente dall’high school alla NBA: «E’ il suo sogno, deve soltanto essere pronto. Chiedo a tutti di supportare questa sua speranza...»
Non si era accorto che il giovane per reazione stava avendo comportamenti strani, a tal punto che durante una gara con la maglia della Juanita H.S. aveva fatto un gestaccio agli arbitri rimediando due giornate di squalifica? Non aveva sentito dire in giro che i compagni di squadra lo odiavano?
CIAO KANSAS. Il salto nel college dei Kansas Jayhawks nel 2005 sembrava aver aperto a Downs prospettive di carriera interessanti. Eppure, dopo appena 13 gare, lui aveva salutato il suo coach e aveva abbandonato studi e basket: «Scusate, ho dei problemi personali da risolvere». I soliti problemi, quelli con il padre, che invece di supportarlo dichiarò alla stampa: «Non parlo con lui da mesi perché a me non piace la sua ragazza: mia moglie ha il cuore spezzato da questa situazione». Poi il trasferimento alla Gonzaga University, le Summer League che aumentarono le sue frustrazioni e, dal 2009, ben 8 squadre cambiate, l’ultima il Saratov, in Russia, in cerca di una rivincita, di un qualcosa o qualcuno che comprendesse davvero il suo talento.
Si è fermato a Caserta, con le braccia coperte di tatuaggi. Uno di questi recita “206”: è il codice telefonico dell’area di Seattle, impresso sulla mano destra di una miriade di ragazzi nati nella città della pioggia che sono diventati giocatori di basket. O che sognavano di esserlo...
Gran talento ha cambiato 7 licei e vissuto in tre stati per seguire la famiglia in cerca di lavoro
Il papà voleva che saltasse l’università per andare nella NBA. Ha un tatuaggio speciale: 206