Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

FAVARO Grinta e placcaggi tocca all’amuleto

L’Italia rilancia il veneto. Quando gioca lui si vince spesso: «Irlanda super: una finale»

- Di Francesco Volpe

INVIATO A LONDRA Stanno ammazzando il rugby. Tra mischie illegibili, punti d’incontro trasformat­i in risse da osteria, video-arbitri invadenti. Una sola cosa però non potranno togliergli: la necessità di placcare e strappare il pallone all’avversario. I cacciatori di uomini e di palloni saranno sempre insostitui­bili. Come Simone Favaro, che torna titolare in azzurro domani contro l’Irlanda. L’ultima volta fu sette mesi fa a Murrayfiel­d (e l’Italia vinse). La penultima dieci mesi fa contro l’Argentina (e finché restò in campo, l’Italia vinceva). Prim’ancora contro Samoa (vinta) e Irlanda a Roma nel fausto Sei Nazioni 2013 (altra vittoria). Male che vada, il terza linea trevigiano porta fortuna.

La realtà è che, in uscita Mauro Bergamasco, dalle nostre parti non c’è un altro giocatore così. Feroce nel placcaggio, abile nel recupero, portato a non mollare mai. Quello che serve, assieme al rientro di Parisse, a questa Nazionale priva di certezze.

La storia degli ultimi due anni e mezzo di Simone assomiglia a un giallo di Agatha Christie: impossibil­e dare un volto al colpevole. «Ho sofferto per un trauma al nervo ascellare della spalla destra. Ho perso massa nell’articolazi­one, forza nel braccio: non potevo giocare». Il problema sembrava irrisolvib­ile. «Devo ringraziar­e un’equipe di Padova e lo staff medico dei Glasgow Warriors (il suo nuovo club; ndr) se sono qui. Elettrosti­molazione e vitamina B12 mi hanno rimesso in sesto».

In due anni e mezzo ha giocato cinque partite in azzurro. Uno dei tanti motivi della crisi della Nazionale. «Ma no. Ci sono grandi giocatori che hanno smesso, altri che sono invecchiat­i. E le regole hanno trasformat­o una delle mischie più forti del mondo in una delle più penalizzat­e, una delle maul più efficaci in un’arma spuntata. Favaro non c’entra, si gioca in quindici. Già da domani abbiamo l’occasione di dare una scossa. Con l’Irlanda è una finale: dentro o fuori. Sfidiamo la squadra più in forma d’Europa, dobbiamo dare il 110%».

In estate si è trasferito a Glasgow, nella franchigia scozzese di Celtic League. «La Scozia è stupenda. Certo, cucina e clima lasciano un po’ a desiderare, ma la gente è fantastica, mi ha fatto subito sentire a casa». Lì ha potuto toccare con mano il solco esistente ormai anche tra il rugby scozzese e quello italiano. «Loro hanno creduto in un progetto e l’hanno portato avanti, sostenendo­lo con investimen­ti adeguati. Noi abbiamo avuto gli Aironi, le Zebre, eppoi Treviso sì, Treviso no. Glasgow ha vinto la Celtic League a capo di un percorso di crescita durato cinque anni. E ha creduto nei giovani scozzesi. Oggi è la squadra che fornisce più giocatori alla Coppa del Mondo (21; ndr). Non è vero che non esistono potenziali nuovi Favaro. Penso a Mbandà, di cui mi hanno parlato benissimo. E a Lazzaroni, che mi somiglia molto. Ma se non li fanno giocare. Bisogna trovare una soluzione, coinvolger­e nell’alto livello 80 ragazzi, non 40».

A quasi 27 anni - li compirà il 7 novembre - si sta scoprendo “vecchio”. In azzurro ormai domina (numericame­nte) la generazion­e 90. Quella accusata di avere scarsa personalit­à. «E’ un discorso che non accetto - replica Favaro - Qui non siamo in un club. Se vesti l’azzurro, devi avere carattere per forza, non conta se sei giovane o vecchio. Però siamo essere umani e capita di sbagliare».

Domani contro l’Irlanda non sarà permesso.

Rientra dopo i guai alla spalla: «Salvo con vitamina B12» E’ al Glasgow: «Lì sposano i progetti»

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Simone Favaro, 26 anni, in azione contro gli All Blacks

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