Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
Sarri per l’acuto-bis: qui si prese il Napoli
Con l’Empoli pareggiò contro i rossoneri e quel giorno conquistò De Laurentiis...
La notte, ormai, era passata: ma svegliandosi, rimaneva lo stordimento di quell’ora e mezza da incubo, vissuta stropicciandosi gli occhi dinnanzi alla tv. All’improvviso, e sul più bello, s’era sgonfiato il Napoli di Benitez, e san Valentino era diventato un film dell’horror del quale De Laurentiis portava in sé le immagini (ancora) fresche: 3-1, tra papere (di Rafael), sciagurate interpretazioni (Jorginho) e involuzioni talmente nette da cancellare - quasi d’un colpo - le quattro vittorie consecutive e una striscia che pareva portasse, o almeno potesse farlo, dritto in Champions. E poi c’erano state le prime chiacchierate, l’impressione netta e reciproca che stesse per finire lì, dopo due anni, perché certi amori poi finiscono e non necessariamente fanno giri e poi ritornano. Maurizio Sarri non poteva sospettare, ma forse gli è stato detto, che la «svolta», ma quella vera, avvenne in quel mezzogiorno e mezzo di fuoco - e mica è cinematografia, ma calcio allo stato puro - perché De Laurentiis, a casa, assorbito dalla tv, in quella versione da presidente operativo che gli stava piacendo eccome, scorse una luce: «Aho, ma questi giocano davvero bene».
LA PARTITA PERFETTA. Milan-Empoli 1-1, nell’esibizione tatticamente più illuminante (così pareva) del calcio «sarriano» nel quale non c’era ostruzionismo ma creatività, non appariva provincialismo ma esuberanza e infine non pareva esistessero timori riverenziali ma autorevolezza. San Siro, e son passati otto mesi, è la domenica specialissima in cui De Laurentiis può rivedere il proprio percorso perlustrativo, avviato il 15 febbraio, tra i fumi d’una rabbia implosa e poi via via spazzata lontano dalle prime sollecitazioni, confessate alle pareti di casa e ad un amico al telefono. «Stò Sarri è proprio bravo e pure quell’Hysai e quel Valdifiori, eh...». Il Napoli del futuro nacque praticamente al «Meazza» però senza che ci fosse, almeno in quegli istanti d’un calcio fatato, la consapevolezza di De Laurentiis, men che meno di Sarri, assai più vicino al Milan - in quei giorni - certo assai prossimo ad una gloria germogliata pure in uno dei giardini calcistici più rigogliosi di questo Paese. Però, a maggio, quando Benitez e il Napoli scelsero consensualmente la separazione (annunciata) e divenne indispensabile decidere, riecco quei fotogrammi, che s’andarono ad incollare al 2-2 del San Paolo, poi al 4-2 del «Castellani»; un puzzle da completare, silenziosamente, tenendolo per sé, tra le ovvie valutazioni da affrontare, mentre in volo verso Emery restava spalancata l’ipotesi del viaggio a vuoto.
VINTA LA CONCORRENZA. E fu così che andò: perché a Madrid, De Laurentiis intuì che il «suo» Napoli made in España sarebbe rimasto un’esclusiva di Rafa Benitez, dal quale empaticamente era rimasto affascinato immediatamente, mentre Emery.... E fu così che venne fuori il gattopardo: cambiare, affinché resti tutto sostanzialmente immutato; lasciare che il Napoli restasse se stesso, nel novero delle elette, protagonista in campionato e però anche in Europa, un mosaico di stelle da completare però attraverso un’altra idea, autarchica stavolta: e San Siro, il 15 marzo, riapparve, come un replay. E’ come se fosse nato qui il Napoli di Sarri: o qua venne concepito, va...
Era il 15 febbraio e qualche mese dopo Benitez disse addio Contro il Napoli conquistò 4 punti