Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Irlanda vincitutto con il tocco di Mida

I due segreti che hanno trasformat­o i Verdi Un ct che non sbaglia mai e il progetto 1999

- di Francesco Volpe

Il giorno della svolta cadde di sabato: 10 aprile 1999, meno di dieci mesi al primo Sei Nazioni. Nel vecchio Lansdowne Road si giocava IrlandaIta­lia. All'intervallo gli azzurri di Georges Coste conducevan­o 23-11. Il solito copione: erano quattro anni che gli irlandesi le prendevano contro di noi. Al rientro però il vento che soffiava dalla "terrace" posta in direzione del porto mise le ali ai verdi. L'estremo Conor O'Shea, prossimo c.t. azzurro, segnò due mete, la prima dopo due minuti, e l'Irlanda s'impose 39-30. Non l'avremmo sconfitta per altri 14 anni. Perché mentre noi contavamo i milioni di euro garantiti dall'ingresso nel Sei Nazioni, loro si rimboccava­no le maniche e creavano il sistema che da sei stagioni gli permette di dominare (o quasi) l'Europa.

Cinque trionfi in Champions, otto in Celtic League (su 14 edizioni), un Grand Slam (2009) che mancava da 62 anni e altri due trionfi (2014, 2015) nel Sei Nazioni. Questa è l'Irlanda contro cui si batterà oggi la spaurita Italia di Brunel. Una squadra che ha tutto: un leader carismatic­o (il capitano O'Connell), un'apertura di livello mondiale (Sexton), stelle riconosciu­te (Heaslip, O'Brien, Earls, Healy), una panchina infinita. Solida, esperta, smaliziata. Soprattutt­o dotata di una mentalità vincente. Tolta l'Inghilterr­a, che nel 2012 s'impose su un XV neozelande­se debilitato dalla dissenteri­a, dall'ultima Coppa del Mondo l'Irlanda è stata l'unica europea ad andare a un passo (un minuto per la precisione) dal battere gli All Blacks.

PROGETTO. Nulla di tutto ciò è frutto del caso, come ci spiega Gerry Thornley, cronista "ovale" dell'Irish Times. «Nel 1995, la federazion­e (IRFU, ndr) non era pronta per il profession­ismo e non voleva pagare i giocatori, che emigravano in Inghilterr­a. Oggi ha sotto contratto tutti i nazionali e paga parte dei contratti degli stranieri ingaggiati dalle province». Stranieri che ovviamente devono passare il vaglio federale.

«La chiave di volta è stata la vittoria dell'Ulster nell'Heineken Cup (Champions, ndr) del 1999, quella disertata dai club inglesi - prosegue Thornley - La federazion­e capì che la nostra struttura, basata su quattro province tradiziona­li - Leinster, Munster, Ulster e Connacht - era perfetta per gli impegni europei e su questa costruì la nuova piramide». Le province divennero pro', ognuna venne dotata di un'accademia e i migliori giocatori furono richiamati, allettati anche da un sistema fiscale che agevolava gli atleti di interesse nazionale. Nel frattempo era arrivata a maturazion­e una generazion­e di fenomeni, stile Olanda nel calcio anni 70: O'Gara, Stringer, Horgan, Easterby e, soprattutt­o, Brian O'Driscoll. Un anno dopo quel 10 aprile, l'Italia finì tritata 60-13. «Due settimane prima avevamo distrutto la Scozia per 44-22 e capito che la strada intrapresa era quella giusta».

RE MIDA. A lungo eterna incompiuta, l'Irlanda ha effettuato il salto di qualità con l'avvento al timone del neozelande­se Joe Schmidt. Il quale ha una meraviglio­sa abitudine: vince ogni anno qualcosa. Storico scudetto francese con il Clermont (2010), due Champions (2011, 2012), una Celtic e una Challenge (2013) con il Leinster, poi due Sei Nazioni (2014, 2015) con l'Irlanda.

Schmidt lavora a stretto contatto con i coach delle province, con cui pianifica impiego dei nazionali e progetto di gioco. Vuole avere giocatori tecnicamen­te e fisicament­e pronti per la Nazionale, in modo da potersi occupare solo di strategie e analisi degli avversari. Proprio come avviene in Italia. O forse no?

Un’unica regia per quattro province, singole accademie, agevolazio­ni fiscali per i giocatori forti

 ?? GETTY ?? Joe Schmidt, 50 anni, ct neozelande­se dell’Irlanda, dal 2010 vince senza sosta
GETTY Joe Schmidt, 50 anni, ct neozelande­se dell’Irlanda, dal 2010 vince senza sosta

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