Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Solo due volte così male nel Dopoguerra

Il Milan di Radice, poi retrocesso, e il gruppo dell’ultimo Allegri gli unici a partire peggio di questo

- Di Furio Zara

Fine pena mai. Il segno tangibile dello sprofondo rossonero è nella presa per i fondelli con cui Luigi, figlio di Aurelio De Laurentiis, se la sghignazza sul web twittando la maglia del Milan con lo sponsor: ReteQuattr­o. Oltre, c’è solo una pernacchia con le mani a imbuto davanti alla bocca. O una serata dedicata a “Porta a Porta”, con il plastico della difesa del Milan (a star fermi ci riescono bene) irrisa dal Napoli. Da ragazzini circolava una battuta: quello è talmente scarso, che se partecipa a una gara di scarsi arriva secondo. Ci sta riuscendo il Milan di Mihajlovic. Che - perdendo quattro volte in sette partite - un record comunque se l’è preso.

PEGGIO DEI PEGGIORI. Dunque: se consideria­mo il dopoguerra, diamo retta ai numeri e focalizzia­mo l’attenzione sulle prime sette giornate di campionato, si stagliano per mediocrità soltanto due Milan peggiori di questo (e ce ne vuole). Il Milan di Radice (1981-82), poi retrocesso. E il Milan dell’Allegri-bis (2013-14), poi deragliato, infine deflagrato in mano a Seedorf. A pensarci, la fine è iniziata in quel momento là: quella squadra ha fatto peggio di questa (8 punti, compresa una sconfitta casalinga con il Napoli: 1-2) e da due anni a questa parte si ruzzola, sempre più giù. Andiamo avanti: nell’autunno del 1981 il Milan di Gigi Radice dopo sette giornate aveva raccolto cinque punti. Tecnicamen­te quella è stata la peggior partenza rossonera di sempre (5 punti), e pure assegnando i tre punti per la vittoria (all’epoca erano due) la sostanza non cambia. Quel Milan pareggiò tre partite, ne perse altrettant­e e vinse un’unica volta. Indovinate con chi? Con il Napoli, 1-0 al San Paolo. Tiro di Novellino, deviato da Ferrario: erano anni in cui gli autogol avevano una dignità. (Per la cronaca: quella partita viene ricordata per il fuggi fuggi generale che si scatenò al San Paolo a metà ripresa: la gente cominciò improvvisa­mente a scappare, uscendo dallo stadio, come se qualcuno avesse dato l’allarme di una bomba. Ma la bomba non c’era, eppure fu psicosi. A tal proposito: non si è mai capito il motivo di quella fuga). In quell’autunno dell’81 - mentre Simon e Garfunkel cantavano davanti a 500.000 fan in delirio a Central Park - il patron rossonero Felice Colombo (squalifica­to, il pres era Morazzoni) veniva fermato davanti a casa da quattro tifosi imbufaliti che con validi argomenti gli fecero capire che il miliardo e trecentove­nti milioni di lire spesi per comprare dall’Ascoli il pettinatis­simo regista Adelio Moro erano soldi buttati, oh, se lo erano, eppure quelle cifre impallidis­cono di fronte agli oltre ottanta milioni spesi in estate da Berlusconi.

MEGLIO PIPPO? Anche il primo Milan di Berlusconi (quello di Liedholm nel 1986) era partito storto: aveva perso tre volte, ma tre volte aveva vinto (e una pareggiato). Era un anno di transizion­e, Berlusconi era un neofita, ma in pochi mesi (esonerato il Barone, interregno di Capello, poi l’illuminazi­one di Sacchi) indirizzò la storia del club verso la gloria. Oggi la Storia non consola, e la cronaca nemmeno. Il tanto spernacchi­ato Milan di Pippo Inzaghi - nell’illusorio inizio dello scorso campionato - aveva segnato il doppio di questo (16/8), aveva perso una sola volta, contro la Juve, aveva 16 punti e lo trovavi al quarto posto. Certo, poi la bolla scoppiò, quel Milan sparì miserament­e e Inzaghi sappiamo tutti com’è finito. Però di questi tempi - quel Milan - stava affacciato alla finestra della Champions. Mentre questo Milan viene sbertuccia­to da un tweet e ha la finestra murata, così che il futuro si può solo indovinare.

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Gigi Radice e Aldo Maldera, tecnico e capitano del Milan 1981-82

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