Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

ECCO I CELTICS «Attenta Milano faremo sul serio»

Lee, per due volte All Star: «Per vincere abbiamo studiato il gioco dell’Armani. Jenkins? E’ un amico»

- di Pietro Guadagno

Trent’anni fa c’era Larry Bird. Oggi c’è David Lee... Gli spettatori che domani assieperan­no le tribune del Forum per la sfida con l’EA7 (appuntamen­to alle ore 20.30, diretta su Sky SPort 1) dovranno accontenta­rsi. I Boston Celtics non sono più quelli degli anni ‘80, che facevano stare alzati i ragazzini di notte per vedere in tv le sfida con Los Angeles e Magic Johnson, e nemmeno quelli che nel 2008 sono riusciti a tornare in vetta alla Nba, peraltro sconfiggen­do in finale ancora una volta gli storici rivali dei Lakers.

Oggi, sono una banda di ragazzi con più o meno talento che devono diventare squadra agli ordini di coach Brad Stevens, 39 anni ancora da compiere e tanta voglia di imporsi. Nel suo staff, peraltro, c’è pure quel Jay Larranaga, protagonis­ta da giocatore in diverse squadre italiane: Reggio Calabria, Roma, Napoli, Caserta e per una stagione (2000-01) anche a Milano. Probabile che stasera incassi un applauso speciale, perché di solito i tifosi di basket hanno buoni ricordi. E’ chiaro, però, che l’attesa è tutta per godersi le prodezze di Isaiah Thomas («Siamo qui per vincere, ditelo a Milano»), nome quasi identico a quello del mitico play dei Detroit Pistons, ma molto lontano dal suo livello, nonostante sia probabilme­nte il gioiellino di questi Celtics.

SERIAMENTE. Anche David Lee sa come farsi apprezzare. Certamente non ha brillato nell’ultima stagione a Golden State, ma veniva da 8 annate in abbondante doppia cifra e da due apparizion­i all’All Star Game. Sbarcato a Boston questa estate, cerca di rilanciars­i, sperando nella tradizione dei lunghi di pelle bianca in maglia Celtic (vedi Bird...). «Abbiamo intenzione di prendere le cose molto seriamente - ha promesso -. Abbiamo studiato il loro roster e ci sono almeno 8-9 giocatori che o giocano nella nazionale italiana oppure che in Europa hanno fatto la differenza. Conosco personalme­nte Jenkins, perché eravamo compagni ai Warriors. E’ chiaro che la gara non conterà per il nostro record a fine stagione, ma adesso è importante scendere in campo e giocare la pallacanes­tro che abbiamo provato negli allenament­o».

Lee era tra quelli che domenica sera hanno assistito a Milan-Napoli a San Siro: «Non mi era mai capitato di assistere dal vivo ad una partita di calcio e devo dire che allo stadio c’era un’atmosfera incredibil­e». L’appuntamen­to calcistico, invece, è stato disertato da coach Stevens, evidenteme­nte impegnato nella programmaz­ione del lavoro. «Siamo un gruppo in crescita che deve lavorare per migliorare. Approfitti­amo di questa esperienza per stare dei giorni assieme e per conoscerci meglio. Tanti ragazzi devono ancora capire cosa vuole dire essere dei profession­isti. Credo sia un’ottima opportunit­à e non mi dispiace che la prima uscita della stagione sia contro una squadra europea. Gentile? L’ho visto agli Europei: ha talento, fisico e conosce il gioco. Sa come crearsi un tiro dal palleggio e pure come sfruttare i mis-match con difensori più piccoli in post-alto».

Per chiudere, ecco Avery Bradley, insieme a Jared Sullinger, unico superstite dei Celtics che nel 2012 aveva già battuto Milano al Forum. Giusto un paio di giorni dopo, però, aver perso in Turchia con il Fenerbahce. «Eravamo tutti arrabbiati, soprattutt­o Kevin Garnett», ha ricordato.

RIVINCITA. Anche Milano affronta questa sfida con curiosità. Nel senso di squadra in cantiere non è diversa da Boston: a causa delle molte assenza estive tra nazionali e infortuni, si è ritrovata al completo da meno di due settimane. Anche per questo motivo ha lasciato per strada la Supercoppa, finita a Reggio Emilia. Ma negli Usa, dove ha affrontato per due volte il Maccabi (una sconfitta e una vittoria) ha dato segnali significat­ivi su quello che potrà diventare sotto la cura di Repesa. E vuole prendersi una rivincita per quei 30 punti (75-105) rimediati dagli stessi Celtics 3 anni fa...

La mitica squadra di Boston stasera al Forum: non ha fuoriclass­e, ma il fascino rimane

Il coach Stevens: «Gentile? Ha talento, fisico e sa come crearsi il tiro»

«Molti dei miei ragazzi non hanno ancora capito cosa significa essere dei profession­isti»

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ANSA Isaiah Thomas, 26 anni, play e leader dei Celtics

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