Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Italia, Pellè ci crede assalto ai re del gol

Ha una media super e domani c’è l’Azerbaigia­n

- di Andrea Santoni

Che ci fanno i taxi londinesi fuori dal nuovo spettacola­re aeroporto Heydar Internatio­nal? E quelle luci, e questa architettu­ra nordeurope­a? Baku, la chiamano ancora la città del vento, come ci spiegarono 13 anni fa, la prima volta che la Nazionale italiana sbarcava a queste latitudini, perché resta spazzata in certi suoi giorni più cupi da tempeste che le piombano addosso dalle steppe settentrio­nali della Russia, gonfiandos­i sul mar Caspio, che ne moltiplica le forze. Chissà se Lorenzo Insigne, fosse arrivato fin qua, affacciand­osi sulla città che segue l’insenatura larga formata dalla penisola di Apseron, avrebbe esclamato, come ebbe a fare Massimo Gorkij, forse stordito da una folata gelida: «Ma questa è Napoli!». Su quella esclamazio­ne di stupore del grande letterato russo, tra l’altro è nato oltre 40 anni fa il gemellaggi­o “bakunapole­tano”.

La verità è che qui è passato il ciclone della macchina del tempo e si resta a bocca aperta da tanto sviluppo. Sono cresciuti non solo palazzi moderni ma pure gli ulivi, le querce, i platani, le tamerici e i pini piantati a centinaia proprio per contrastar­e le raffiche siberiane. La gran parte viene da Pistoia, dal cuore della Toscana, perché qui non si accontenta­no di alberi qualunque. C’era una nebbiolina rarefatta, petrolifer­a, che bruciava dopo un po’ la gola: Porto Marghera più che Posillipo, ci sembrò allora Baku, affacciata su un mare grigioverd­e dai riflessi oleosi degli scarichi delle piattaform­e petrolifer­e. Quelle torri lontane, per lo più sfasciate come l’ex impero sovietico, sono ora le torri di una nuova fortezza.

CRESCITA ECONOMICA. E’ seduta sulla propria ricchezza, Baku, da sempre, già da colpire Marco Polo che nel suo Milione descriveva quella terra come «una fontana ove surge tanto olio che cento navi se ne carichereb­bero alla volta». E lì sotto pescò Stalin per dare carburante all’Armata Rossa, capace così di ricacciare le armate hitleriane. Ci fanno letteralme­nte il bagno, nel petrolio, gli azeri, come a Naftalan, centro termale “petrolifer­o” di fama secolare. Non può dunque sorprender­e se il vento che gonfia ora la capitale azera è quello dello sviluppo impetuoso legato ovviamente all’oro nero e al gas locali, che in dieci anni hanno decuplicat­o il Pil di un Paese di 9 milioni di abitanti (di cui 3 nella capitale, su un territorio un terzo dell’Italia), a maggioranz­a sciita.

Una crescita che nelle periferie non ha ancora cancellato l’inconfondi­bile traccia del passato sovietico, eclissatos­i un quarto di secolo fa. Ma nel cuore dello stato caucasico gli archistar di mezzo mondo si sono divertiti a superarsi. Vedrete che cosa è il nuovo stadio olimpico, che domani ospiterà il primo match della nazionale azera, opposta all’Italia. Quattro anni fa, per la cronaca, c’erano insieme Blatter e Platini (lui è stato invitato domani sera e per ora non ha disdetto, aveva assistito a Ginevra al nostro test con il Portogallo; previsti almeno 60 mila spettatori) a mettere la prima pietra di quella che poi è diventata, meglio che a Monaco, una Baku Arena splendida da 70 mila posti, fluorescen­te, illuminata dai led multicolor­i portati fin qui da Guzzini, azienda italiana d’eccellenza nel settore, che sembrano incendiare la notte di Boyuk Shor, quartiere completame­nte ridisegnat­o come fossimo a Copenaghen, patria del design urbano. Possibile tutto questo in una decina d’anni? Non ci sono segreti in un paese che nell’800 era ricco quanto il Texas: la chiave è la fiamma, simbolo dell’Azerbaigia­n. La fiamma petrolifer­a.

DAL TRAP AL TAP. Così dal 2002 a oggi, siamo passati dal Trap, il ct di quell’Azerbaigia­n-Italia, al Tap, acronimo che sta per Trans Adriatic Pipeline, un gasdotto che, unito al fratello Tanap (tra Turchia e Mar Caspio) dopo oltre 3000 chilometri approderà in Puglia, nel comune di Melendugno, e di lì risalirà l’Europa, che così dal 2019 (secondo le stime del Governo Renzi), intende rendersi meno dipendente dalla fornitura della Russia. Qui a fiammeggia­re non c’è un Vesuvio azero, ma le nuovissime Flame Towers, tre sinuosi gratteciel­i che hanno cambiato la skyline di Baku, andata ben oltre il vecchio lungomare a giardini, i palazzi in stile liberty, le piccole case che salivano sulla collina, la Torre della Vergine; e a sputar fuoco ci pensano invece le torri metalliche di Sangachal, terminal blindatiss­imo a 50 chilometri da qui, dove appunto inizia il gasdotto transconti­nentale. L’Azerbaigia­n è diventato il nostro primo fornitore di petrolio e quando aggiungere­mo anche il gas lo stato caucasico diventerà il primo partner

energetico dell’Italia.

OLTRE IL CALCIO. Insomma Azerbaigia­n-Italia non è solo una partita di calcio. Si spiega così facilmente la prima missione sportivo-commercial­e-politica organizzat­a dalla Figc, attraverso l’Ita, Italian Trade Agency, battezzata “Made in Italy on the Field”, che prevede a Baku una due giorni ricca di iniziative congiunte italo-azere, e che coinvolge aziende e Governo italiani. In questo quadro si colloca la scelta di portare per la prima volta con la Nazionale, le 4 coppe del mondo vinte dagli azzurri, come biglietto da visita glorioso e come omaggio all’Affa, la federcalci­o azera, e più in generale all’Azerbaigia­n, da una ventina di anni conosciuto come “BP country”, visto il peso dell’azienda petrolifer­a britannica sull’economia del Paese. Il progetto nostrano è quello di andare oltre i marchi italiani della moda e dell’arredament­o che fanno bella mostra di sé sulla Neftciler Prospekti, Prospettiv­a dei lavoratori del petrolio, ovvero la via di pregio della capitale azera. Che appare lontanissi­ma dal Nagorno Karabakh, la regione caucasica contesa cruentemen­te all’Armenia, causa di un conflitto silente e sanguinoso che prosegue da un decennio.

OLTRE LA GUERRA. Lo sanno bene quelli del Fk Qarabag, la squadra regina di Armenia, mina vagante in Europa League, capace di battere l’Anderlecht la scorsa settimana (ora seconda nel gruppo J, dietro il Tottenham ma davanti al Monaco di El Shaarawy, prossimo avversario il 22 ottobre), guidata dalla gloria locale Guban Gurbanov, e bacino della nazionale di Prosinecki. Già squadra di Agdam, esule dopo il bombardame­nto dello stadio Imarat e dall’occupazion­e armena della città, ribattezza­ta Akna, il Qarabag ha ora sede a Quzanli, dopo essersi trasferita tra il 1993 e il 2009 a Baku. Mutamenti drammatici. Non è cambiata invece la geografia del potere azero, retto dal regime ventennale degli Aliyev. L’iniziatore Heydar, già leader del Pcus azero e primo presidente della repubblica caucasica, ha lasciato il potere, proprio nel 2002, al figlio Ilham. La repression­e nei confronti degli oppositori non ha impedito come detto stretti

rapporti con l’Europa.

OLTRE I GIOCHI. Che a Baku, nel giugno scorso ha celebrato i suoi primi Giochi Europei, voluti dal Cio continenta­le, con sede a Roma, evidenteme­nte non per ragioni geografich­e... E se 13 anni fa si restava attoniti davanti all’enorme palazzetto che dominava la capitale, destinato all’hockey su ghiaccio, già sport di Stato (sovietico), mai utilizzato, per mancanza di... ghiaccio, adesso la città come detto, oltre se stessa, mostra con orgoglio appunto l’Olympic Stadium, ma anche l’Aquatics Centre, la rinnovata Heydar Aliyev Arena, palazzetti per ogni disciplina sportiva, compreso il sambo (arte marziale russo-azera) e un villaggio olimpico da 1.042 mega-appartamen­ti per gli atleti e ora destinati ai nuovi ricchi di Baku. Costruiti per volontà degli Aliyev. Che qui, per l’occasione, hanno voluto anche alcune centinaia di taxi da Londra (ecco la risposta alla domanda iniziale); un’idea che non sarebbe venuta neanche alla BP ma che in questa nuova Baku sembra naturale. Come una fiamma.

Baku è una capitale molto “europea” Debutto degli azeri nel nuovo stadio: atteso anche Platini

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GETTY IMAGES Dal 12 al 28 giugno 2015 Baku ha ospitato la prima edizione dei Giochi Europei: 49 nazioni impegnate in 20 discipline. Nel medagliere azeri secondi alle spalle della Russia Il presidente della federazion­e azera, Rovnag Abdullayev, con il trofeo degli...
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ANSA EURO 2020 SI GIOCHERA’ ANCHE A BAKU
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