Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Ranieri applaude la serie A «Incerta come la Premier»

«Roma la mia favorita. Totti? Deve fare l’Altafini»

- Di Fabio Massimo Splendore

La vocazione da allenatore europeista l’ha respirata quasi subito. A 46 anni Claudio Ranieri era a Valencia e dopo una stagione di “prova” avrebbe vinto subito un Intertoto e una Coppa di Spagna. «Ho avuto la fortuna di girare città straordina­rie», si siede nella sala dei forum al Corriere dello Sport e sorride. «Ecco il mio giornale». Lo dice da romano. In effetti scorri la carriera di Ranieri e ti lecchi i baffi.

La vocazione da allenatore europeista l’ha respirata quasi subito. A 46 anni Claudio Ranieri era a Valencia e dopo una stagione di “prova” avrebbe vinto subito un Intertoto e una Coppa di Spagna. «Ho avuto la fortuna di girare città straordina­rie», si siede nella sala dei forum al Corriere dello Sport e sorride. «Ecco il mio giornale». Lo dice da romano. In effetti scorri la carriera di Ranieri e ti lecchi i baffi: Cagliari, Napoli, Firenze, Valencia, che è l’unico posto in cui finora è tornato migliorand­osi perché nel 2004 alzò la Supercoppa Europea. E Madrid (sponda Atletico), Londra (non il Chelsea straricco, quello pre-Abramovich: quando il magnate russo arrivò, lui fece le valige). E ancora Parma, Torino (leggi Juventus), Roma, la sua Roma, Milano (all’Inter) e Montecarlo. Un po’ per arte, un po’ per storia, un po’ per mare, qualità e scintillio della vita, per quel fascino che sprigionan­o le metropoli, Ranieri ha scelto bene. E in qualche modo il destino lo ha aiutato a scegliere. «A Napoli ho un ricordo che ha dell’incredibil­e: credo durò un mese e mezzo-due, abitavamo al Vomero con mia moglie e avevamo tutta la città sotto e il mare. Dormivamo con le tapparelle aperte e ci svegliavam­o per forza alle sei, con la prima luce del sole, per goderci quello spettacolo. Una meraviglia, ce l’ho ancora davanti agli occhi». Il presente è Leicester, in qualche modo anche questo è un ritorno: nella Premier, dopo il Chelsea dal 2000 al 2004. Ranieri sorride: «Certe volte penso di essere un allenatore giusto arrivato in alcuni posti al momento sbagliato: per esempio io all’Inter ho dovuto vendere Coutinho e Motta. Penso di essere stato l’unico a vendere giocatori all’Inter».

A Leicester sta provando a costruire un altro piccolo miracolo. Ma un pensiero a dar fastidio in vetta lo fa?

«Io quello che penso è che ho fatto 15 punti e con altri 25 mi salvo. Poi è vero che la Premier quest’anno sembra aperta e incerta, il City dovrebbe far la parte del leone ma non penso che Van Gaal sbagli il secondo anno di fila così facilmente. Poi vedi certi risultati, noi abbiamo battuto il West Ham che aveva vinto in casa dell’Arsenal e contro il City. C’è incertezza quest’anno in Premier».

E il calcio italiano, paragonato a quello inglese, come lo vede, a che punto è?

«In grande ripresa. Stiamo tornando competitiv­i. I soldi fanno le squadre competitiv­e, è sempre stato così. C’è stato un periodo in cui eravamo noi a dettare legge, portavamo due squadre in finale di Champions League. Poi, lo scenario è cambiato. E ora sta ricambiand­o. Certo, non si può ottenere tutto dall’oggi al domani, ma in Italia crediamo di farlo: vediamo la Juventus, grandissim­a squadra, grandissim­a dirigenza, però non si possono perdere tre giocatori come Pirlo, Tevez e Vidal e non risentirne pur rimpiazzan­doli bene. Ora, Allegri deve avere il tempo di riassembla­re e far capire bene ai nuovi quello che vuole».

Però il calcio inglese è più intenso, molto più veloce del nostro. O no?

«Ma sì, certo, è sempre stato così. E’ nel loro spirito. E quando un giocatore estero arriva in Inghilterr­a o si adatta a quella velocità di gioco

e a quei contrasti anche. O è fuori contesto».

Ma ci si allena anche meno in Italia?

«No, ci si allena diversamen­te. Prendete noi in Inghilterr­a: al Leicester dopo la partita riposiamo, facciamo due giorni di allenament­o, poi un altro di riposo e poi altri due in campo. E mai un doppio. Quando c’è la sosta della nazionale si lavora lunedì, martedì e mercoledì, poi quattro giorni di riposo. L’Atletico Madrid, per dirne una, so che si allena tutti i giorni e fa due doppi. La differenza quale è? Parlo dei miei: loro sono giovani, vogliono arrivare e in ogni seduta di allenament­o danno il 120 per cento, con la stessa intensità per l’ora-l’ora e mezza in cui si lavora. Lì, nella loro testa, non c’è l’allenament­o, sono tutte partite. E guardate che è così anche in Germania: io quest’anno ho avuto tempo di girare un po,’ ho visto il Dortmund, il Leverkusen e l’Augsburg: tremila all’ora in ogni allenament­o. In Italia questo non lo facciamo».

Come vede il campionato italiano? Davvero è senza una favorita e se è così questo come lo rende secondo il suo giudizio?

«Io lo vedo più bello, negli ultimi anni ce ne era una che scappava e le altre che dovevano decidere secondo posto e Champions. Invece, con il fatto che qualcuna ha perso giocatori importanti e altri hanno cambiato allenatori, c’è una situazione aperta, di maggiore equilibrio. In un vostro recente sondaggio, di pochi giorni fa, ho detto che la Roma è favorita, perché ha mantenuto l’allenatore con cui lavora da due stagioni e dove ha cambiato ha migliorato. Poi sono contento per la Fiorentina, per il Toro di Ventura che ha cambiato, ha detto, fatto e sta lassù».

In questo percorso lungo trent’anni in giro per l’Europa, quale è il calcio migliore che ha visto?

«Io dico il calcio inglese, che è il più mio. Lì c’è il mio spirito, io ero un difensore, non ero un grosso campione, ma non mollavo mai, ero sempre sul pezzo, se prendevo una botta mi rialzavo subito. Ero uno da Premier League».

Anche questo arricchisc­e lo spettacolo? Talvolta da noi dopo una botta si resta in terra un quarto d’ora...

«Ma io questo non lo posso dire, dico che se arrivi in Inghilterr­a ti devi adattare a un certo calcio e anche a certi comportame­nti. Se no devi andare via».

Questo discoso sull’adattament­o al calcio

inglese può riguardare Cuadrado e Salah?

«Credo che il calcio di Premier League va a mille all’ora e in quest senso la velocità di Cuadrado non si esaltava come avrebbe dovuto, come in Italia, per esempio. Così come penso che Salah, egiziano, uomo del Sud, aveva probabilme­nte bisogno di un calore che a Londra non ha trovato e a Firenze e a Roma sì. Io l’ho visto in un paio di occasioni con il Chelsea, non ti dava la sensazione del giocatore libero: grande talento, ma non riusciva a esprimerlo».

A proposito del Chelsea... Stare sopra a Mourinho le dà un sottile piacere?

«No, per carità, lo ho già detto e ci tengo a ripeterlo. Io guardo sempre con simpatia alle squadre che ho allenato. E la storia con Mourinho è assolutame­nte datata. Direi antica».

Nel suo Leicester due giocatori si sono presi la copertina: Jamie Vardy e Riyad Mahrez. Ce li racconta?

«Vardy è venuto fuori da due anni, giocava nei Dilettanti. Velocissim­o, pressa anche le tribune, sta facendo gol, in B ne ha fatti 16 gol, l’anno scorso 5 e quest’anno è cresciuto, ha trovato il suo equilibrio».

A chi somiglia Vardy?

«Dovrei dirvi un calciatore che però in Italia nella Lazio non ha fatto vedere quello che fece con me al Valencia: Claudio Lopez, il Piojo».

E Mahrez?

«Se sta bene lui cambia la partita. L’anno scorso giocava dietro la punta, io ho pensato cha da mancino giocando a destra poteva rientrare e far male agli avversari: lui salta l’uomo, ha qualità, visione di gioco. Quando si muove può succedere sempre qualcosa di importante».

Alla ripresa del campionato ci sarà il Southampto­n di Pellè. In Italia faticava e ora sta reggendo l’attacco della nazionale di Con-

te oltre a fare gol in Premier. Che ne pensa?

«Lui è esploso in Olanda con Koeman che poi se lo è portato e ha continuato a fare molto bene. Ha tutte le carte in regola per continuare a crescere ancora».

Sarebbe pronto anche un ritorno in grande stile in Italia, in un top club?

«Per me sì: chi segna così in Premier può giocare ovunque».

Considera chiusa la sua esperienza nel calcio italiano

«Nel calcio quando dici una cosa vieni smentito. Mai dire mai, quindi».

Si parla già del dopo Conte: le piacerebbe iscriversi alla corsa?

«No, io devo avere un rapporto quotidiano con la squadra, mi sento più portato per il lavoro di allenatore che non di ct. Poi anche qui, mai dire mai».

I detrattori direbbero che in effetti con la Grecia non è andata proprio bene...

«Beh, ai detrattori allora diciamo che io ho fatto quattro partite, adesso ne hanno fatte nove e non mi pare che stiano volando». (e ridendo) «Datemi le colpe che merito, non quelle che non merito».

Conte è arrivato in azzurro troppo giovane?

«Non è un fatto di età, ma di carattere: anche lui vuole trasmetter­e le sue idee e ha bisogno di tempo per farlo. E il tempo te lo dà il club. Quello della nazionale è un lavoro differente che a me non è piaciuto».

Tra i tutti i club che ha allenato, in quale ha respirato grandezza assoluta?

La Premier «Se mi chiedete quale calcio preferisco vi dico quello in cui sto allenando. Incarna il mio spirito: non ero un campione ma correvo, non mollavo mai»

L’Italia «Tornare in A? Mai dire mai Dovrei rispondere lo stesso sulla Nazionale però ci ho già provato in Grecia: quello del ct non è un lavoro che mi piace»

«La Juventus. Non c’era la dirigenza di adesso, c’era un aria di rinnovamen­to, ma il peso della società lo respiravi tutto».

Conte «Non è un fatto legato all’età ma al carattere: lui come me ama trasferire le sue idee di calcio ai giocatori. Per farlo deve lavorare solo in un club»

Culture diverse «In Inghilterr­a ci si allena meno che in Italia, ma tutta la differenza è nell’intensità: loro mettono il 120% e vanno a mille come in una partita»

La fine con la Juve «Il mercato si faceva in tre: io Secco e Blanc. Ma Cannavaro lo scelsero loro e me ne andai Non per lui, non era corretto per chi era rimasto in serie B»

La Roma «Pesarono i punti persi prima più dei gol di Pazzini, poi capii che l’atmosfera era cambiata e ai ragazzi lo dissi. Ora dico che è favorita per il titolo»

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Claudio Ranieri, 63 anni, guida il Leicester quarto in Premier
 ?? BARTOLETTI ?? Claudio Ranieri, romano, il 20 ottobre compirà 64 anni. Al forum con il tecnico del Leicester, nella sede del Corriere dello Sport-Stadio, hanno partecipat­o anche il vice direttore Stefano Agresti, il capo redattore Giuliano Riva, Guido D’Ubaldo e...
BARTOLETTI Claudio Ranieri, romano, il 20 ottobre compirà 64 anni. Al forum con il tecnico del Leicester, nella sede del Corriere dello Sport-Stadio, hanno partecipat­o anche il vice direttore Stefano Agresti, il capo redattore Giuliano Riva, Guido D’Ubaldo e...
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Claudio Ranieri con il direttore Alessandro Vocalelli e il condiretto­re Stefano Barigelli

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