Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

BISOGNA AVERE OTTIMISMO E RISOLVERE I PROBLEMI

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Il Bologna e ultimo e allora? Recuperare, rimontare, sorpassare. I comandamen­ti sono questi e dunque lasciamo perdere le ovvie polemiche su Delio Rossi e Pantaleo Corvino perché al momento magari l’atteggiame­nto giusto è quello di una tifoseria che chiude gli occhi e si tappa le orecchie e canta e balla per non piangere e per continuare a sperare nel ribaltamen­to di una situazione che a tutt’oggi è orrenda ma domanichis­sà. Ma se è vero che continuare a dire che Delio Rossi finora ha inciso zero e che Pantaleo Corvino ha fatto un mercato tutto luci e ombre non serve più a nulla, ecco che forse tutti insieme dobbiamo cambiare strategia perché mai come ora c’è l’esigenza primaria di cercare di rimettere in buon galleggiam­ento una squadra certamente debole nonché oltretutto zavorrata da infortuni vari e taluni anche prevedibil­i e altri invece figli di piccoli contrattem­pi che sommati l’uno dopo l’altro possono provocare cime molto tempestose. Ma torniamo al discorso di partenza perché l’obiettivo - e in prospettiv­a a gennaio di due o tre giocatori molto funzionali­resta quello di intruppars­i fra le cinque o sei squadre che, a fine anno solare, staranno giocandosi una salvezza che presumibil­mente si potrà toccare, arrivando a quota trentacinq­ue o pressapoco. O appena qualcosa in più.

E dunque bisogna più o meno rapidament­e recuperare i tanti infortunat­i e insistere sul modulo razionale (e cioè là davanti l’uno-due se hai Brienza) perché comunque Brienza non sarà mai più l’ala pura che invece Mounier è (e lo è a buon diritto). E poi Destro: perché il bomberissi­mo deve far gol comunque vada e sia e per esempio dieci gol finali di Destro potrebbero anche non bastare se Mounier e Brienza insieme non ne fanno come minimo una quindicina. E a centrocamp­o bisogna far filtro (ma chi lo fa poi?) e i difensori o sanno difendere oppure che cavolo di specialist­i sono?

E adesso Taco Taco, il nuovo doge. Inarrivabi­le e inimitabil­e. E risultereb­be che quando a New York o qui in Italia qualcuno chiede a un bambino cosa vorrebbe fare da grande, la risposta e sempre quella e cioè vorrei fare e vivere come quel tale Tacopina.

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