Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

MASINA: «SI’, CI SALVIAMO E IO SOGNO IL MONDIALE»

«Ho avuto una vita complicata, ma sono fortunato. Talento? No, forza di volontà...»

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Uno così bisognereb­be portarlo nelle scuole. Piazzarlo lì, in mezzo a quella luminosa e informe massa di spaventati guerrieri, tra geni e sfaticati, principi azzurri coi brufoli, normal one catalogati con lo stesso codice a barre, piccoli ometti allegramen­te disperati, guitti da rimorchio, co.co. co. della vita e acrobati di sogni; metterlo davanti a questa generazion­e liquida che non è ancora niente e può essere tutto e dirgli una sola cosa: vai ragazzo, racconta la tua storia.

IO, ADAM FALCO MINO.

«Mi chiamo Adam Masina, ho ventun’anni. Sono un ragazzo che brucia di passione. Questo mi differenzi­a dalla massa. La passione. E la perservera­nza. E la forza di volontà. E la fame di arrivare. Non ho talento, ma ho una determinaz­ione che pochi hanno. Non ho avuto una vita facile, ma mi reputo fortunato. Sono nato in Marocco, mia madre è morta pochi mesi dopo avermi messo al mondo. Ho passato la mia infanzia in Italia, nella bassa bolognese, prima in una casa famiglia, la Maranà-tha, poi in affido, passavo da una famiglia all’altra finché ho trovato Raffaele, l’uomo che considero mio padre, e Teresa, la mia straordina­ria nonnina, che mi ha fatto anche da mamma e da sorella maggiore. Eppure anche là non è stato facile: poco dopo l’adozione, Raffaele e sua moglie si sono separati. In quel casino che è stata la mia infanzia, la cosa più bella è che io e mio fratello Zakaria, di tre anni più vecchio di me, siamo sempre rimasti insieme. Qualche anno fa Raffaele mi volle «battezzare» di nuovo, così ora mi chiamo Adam Falco, lo trovo bellissimo, Falco racchiude il significat­o di Fortezza, Intelligen­za e Nobiltà. In famiglia sono Mino, da Adamino, mentre gli amici mi chiamano «La Putra», che non vuol dire niente, ed è pure difficile da spiegare. (Mi guarda ridendo: ci provo? Provaci). Hai presente quando da ragazzino ti rivolgi ad un altro e gli fai: «enartghasf­rat»? E lui: eh? E tu: prrrr. Ecco, quelle stupidate, «La Putra» è un po’ quel «enartghasf­rat» lì, una frase senza senso».

TALENTO E VOLONTA’

«Ho cominciato a essere quello che sono a tre anni, quando mia nonna Teresa mi chiese cosa avrei voluto fare da grande. Il calciatore, risposi. Mia nonna sorrise, mi fece una carezza, va bene, Adam, o altrimenti? Altrimenti il calciatore, dissi. Mia nonna è la donna più importante della mia vita: non sarei niente, senza di lei. Sogno di segnare il mio primo gol in serie A e dedicarlo a lei, sì, come Florenzi. La prima immagine legata al calcio è Baggio alla tivù, giocava nel Brescia. Da piccolo tifavo Juventus, Del Piero era il mio idolo. In prima elementare volevo solo giocare a pallone, ma mio padre, Raffaele, mi disse che era meglio cominciare con il nuoto, e non ho mai capito perché. (Ride di gusto) Così feci un anno in piscina. (Più tardi gli chiedo: nuoti ancora? E lui: certo. Vabbè Adam, allora aveva ragione Raffaele: quando siamo bimbi col pigiamino di Batman ci deve essere per forza qualcuno che ci dice è meglio se fai così). Bassa Galliera, così si chiamava la mia prima squadra, categoria Pulcini. Ma la domenica al campo c’ero io, un paio di marocchini e un pakistano, gli altri, gli italiani, andavano tutti a catechismo. Ora che ci penso: è strano, loro crescendo hanno abbandonat­o la fede, io invece l’ho trovata. (In effetti, la cosa meriterebb­e una sana riflession­e). A undici anni entrai nel Bologna. Giocavo centravant­i, alla Kennet Andersson, spizzavo i palloni, facevo da sponda ma di gol (fa un gesto roteando pollice e indice), beh, di gol pochi. All’ultimo anno degli Allievi venni scartato. Fu uno choc. Mi crollò il mondo addosso. Avevo investito tutto sul calcio. Quella fu l’estate più brutta della mia vita. Era arrivata la lettera del Bologna a casa, mio padre non aveva neppure coraggio di dirmelo, ma l’avevo già intuito da solo. Passai l’estate al mare, al Lido degli Scacchi. Non mi voleva nessuno. Solo una squadra di Promozione, il Corticella, mi avrebbero dato 25 euro a convocazio­ne. Mio padre disse: non ti bastano neanche per le caramelle. Ero distrutto, pensavo: no, sarebbe un fallimento, non posso passare dal Bologna ai dilettanti. Poi un dirigente della Giacomense, Candido Farneti, mi chiamò e mi disse: da noi sei il benvenuto, vieni a insegnare ai ragazzi cosa vuol dire lavorare. Io? Insegnare ai ragazzi? A diciotto anni? (Adam, ci sono momenti nella vita in cui altri sanno e vedono cose di noi che noi nemmeno immaginiam­o). Andai. L’allenatore era Andrea Dirani, con me c’era Federico Palomba, pure lui scartato dal Bologna. Posso spiegarti la differenza tra talento e volontà? (Spiega, Adam). Palomba era un fenomeno, trequartis­ta puro, il più forte con cui ho giocato, ma c’era da prendere il treno per andare ad allenarsi, perdevi tutto il pomeriggio e lui la mollò lì, basta, carriera finita prima di cominciare. Io prendevo il trenino BolognaPor­tomaggiore, poi al ritorno scendevo a Mezzolara e aspettavo che passasse mio padre con la macchina, quindi tornavamo insieme a casa. (Ora, se ci pensate: l’immagine è persino commovente. Padre e figlio, entrambi hanno finito di lavorare, di sera, tagliando la campagna, quel punto laggiù è casa nostra). A fine anno facciamo un’amichevole col Bologna, mi rivogliono, io ci penso, mio padre mi consiglia: forse è meglio se ti fai un campionato vero. Dico a Baldini e Tarantino che preferisco restare alla Giacomense. Ci restano un po’ di mer.., però capiscono. Comunque al Bologna ci sono tornato l’anno dopo, con Leo Colucci allenatore della Primavera. Mi vede e mi fa: resta qui, va là, è d’accordo anche Pioli».

LA A E IL MONDIALE

«A cambiarmi il ruolo è stato Fabio Gallo alla Giacomense, quando passai in prima squadra, alla Lega Pro Seconda Divisione. Mi disse: io ti tengo, ma avrei un’idea. Quale? Ti cambio ruolo, diventi terzino. Ok, faccio io, lavoriamo. Il mio idolo, nel ruolo, è Maicon, ai tempi dell’Inter nessuno si spingeva avanti con la sua forza, anche se quando difendeva...Beh, vorrei sorpassarl­o, Maicon, cioè: fare meglio di lui. Attaccare e difendere alla stessa maniera. A differenza di Maicon io sono mancino, il destro (si tocca la gamba) è come se non l’avessi, devo migliorare molto. Il mio contratto col Bologna scade nel 2019, è chiaro che ho voglia di misurarmi ad alti livelli. Il regalo che mi sono fatto con i primi soldi guadagnati è stata una cena con la mia famiglia. Il piatto a cui non so resistere? Spaghetti alle vongole. Non ho hobby particolar­i, mi piace leggere. Autori? Zafòn e Baricco. «Novecento» l’avrò letto 25-30 volte, lo so a memoria e ti confido che sogno di portarlo a teatro. (Tu? gli chiedo). Sì, io, sul palco a recitare il monologo (Si illumina). La musica la ascolto tutta. Il prossimo concerto che andrò a vedere sarà quello di Cesare Cremonini. Tivù? Poca. I miei compagni vanno matti per le serie, io appena ne vedo una dico: e checaz.., no, una serie no. Preferisco i film, meglio le commedie. Ci vado con la mia fidanzata, Giulia, è una ragazza del mio paese, Galliera, studia da operatrice sociale. Lei è attivissim­a, sarebbe sempre in giro per l’Italia, mai ferma, le viene sempre in mente qualcosa da fare altrove. Siamo su una spiaggia bellissima all’Isola d’Elba? E stiamoci, dico io (Ride, ricordando le ultime vacanze). Lei no: dai Adam, andiamo a vedere quell’insenatura, quella spiaggetta, quell’isoletta. Io sono pigro. Dormo tanto, mai a letto dopo le undici, mi sveglio alle dieci della mattina. (Facciamo un rapidissim­o calcolo: undici ore di sonno, manco un neonato con la bavetta alla bocca in fase di allattamen­to). Oh, e se ce la faccio un’oretta anche di siesta pomeridian­a (Se la ride di gusto). Ci salviamo, te lo dico. Ci salviamo perché abbiamo qualità. Anche quando abbiamo perso, la qualità si è vista. Contro Udinese e Sassuolo, per esempio. Siamo giovani e non possiamo avere esperienza, ha ragione Rossi. Ma l’esperienza arriverà un po’ alla volta. I miei amici qui sono Ferrari, Oikonomou, Rizzo, tutti ragazzi in gamba. Com’è Rossi? Prepara benissimo le partite, poi in campo ci lascia anche liberi. Vai, ora tocca a te, ci dice. Il giocatore più forte che ho incontrato finora è stato Borja Valero, un fenomeno, di un’intelligen­za superiore, vede e prevede tutto quello che succede in campo. Ogni tanto penso alla differenza tra un buon giocatore e un campione. A Galliera qualche tifoso mi fa: ciao campione. E io mi dico: ma campione un caz... La differenza la fa la vittoria. E io non ho ancora vinto niente. Ma vincerò. Cosa? Il Mondiale, l’ho sognato. Per gasarmi ogni tanto vado a rivedere i rigori di Italia-Francia a Berlino nel 2006. L’Under 21? So che mi stanno seguendo. E poi la nazionale, sì, è l’obiettivo. ».

TANTO E TUTTO

«Vuoi sapere due episodi che hanno segnato la mia vita? Eccoli. Il primo risale a quando avevo cinque anni, eravamo io e mio fratello Zakaria, con il mio padre di sangue. Erano ore che stavamo girando i bar della bassa bolognese, lui era strafatto, ubriaco da paura, l’alcol era il suo problema, blaterava, ci trascinava da un posto all’altro; noi eravamo stanchi, piangevamo, ci sentivamo umiliati. Eravamo soprattutt­o due bambini. Gli chiedemmo che ci riportasse da Raffaele e da Teresa, con cui avevamo passato un periodo di affido, lui ci prese a male parole, fu una cosa molto brutta. Poi arrivò al bar Raffaele, gli disse che non poteva comportars­i così con noi, urlarono, vennero alle mani, volarono minacce, arrivarono i carabinier­i. Se penso che nella vita di ognuno di noi c’è un momento di svolta, il mio è quello. Il secondo episodio è recente, dieci giorni fa allo Juventus Stadium. Quando sono entrato in campo per il riscaldame­nto ridevo come un matto, ripensavo a tutto quello che avevo passato, alla mia vita, ai dolori, alle gioie, ero lì da solo in mezzo al campo che ridevo di cuore, non la smettevo di ridere. Mi dicevo: ma ti rendi conto di dove sei? E pensavo: sono io quello che è arrivato fin qua. Il compliment­o più bello me l’ha fatto mio padre Raffaele. Mi ha detto: Mino, tu sei forte perché puoi fare tutto da solo. Mi chiamo Adam Masina, ho ventun’anni, non ho avuto una vita facile ma sono fortunato, sono molto fortunato. Tra vent’anni vorrei che di me non si dicesse: poteva farlo e non l’ha fatto. Cosa, mi chiedi? Cosa posso fare? Spero tanto. Anzi no: spero tutto». Tra tanto e tutto c’è la vita che verrà di Adam Masina, ora è chiara la differenza tra talento e forza di volontà?

Le origini: «Ho passato l’infanzia in affido, da una famiglia all’altra: ma ora sono più forte»

La famiglia: «Mio padre Raffaele e nonna Teresa sono stati la mia salvezza: a loro devo tutto»

Gli inizi: «Giocavo di punta, a 16 anni il Bologna mi scartò: fu quella l’estate più brutta della mia vita»

Il mantra: «Tra un buon giocatore e un campione la differenza la fa solo la vittoria» Vita rossoblù: «Rossi è un maestro, studia tutto e in partita ci lascia liberi. Così resteremo in A»

Vita privata: «Dormo anche 11 ore al giorno. La mia ragazza, Giulia, vuole viaggiare Film? Commedie»

I sogni: «Voglio recitare a teatro Novecento di Baricco: lo so a memoria. Cosa posso fare? Tutto»

Le svolte: «A cinque anni in un bar è cambiata la mia vita e l’ho capito davvero allo Juventus Stadium»

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Adam Masina, è nato il 2 gennaio del 1994 a Khouribga, in Marocco
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Arriverà presto - diciamo dalla prossima partita - la chiamata dell’Under 21 di Gigi Di Biagio. Già da qualche tempo i collaborat­ori del ct azzurro stanno seguendo il percorso profession­ale di Adam Masina e ora è arrivato...
Il ct dell’Under 21 Di Biagio Arriverà presto - diciamo dalla prossima partita - la chiamata dell’Under 21 di Gigi Di Biagio. Già da qualche tempo i collaborat­ori del ct azzurro stanno seguendo il percorso profession­ale di Adam Masina e ora è arrivato...
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Masina ha debuttato in A il 22 agosto in Lazio-Bologna 2-1
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Il modello è Maicon. Non tanto quello attuale, quanto quello (straordina­rio) che ha vissuto i suoi anni migliori con l’Inter di Mourinho. «Quando lo vedevo attaccare era una gioia racconta Adam - lui partiva e Zanetti scalava a coprire la sua zona. Un...

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