Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
GIAMPAOLO «Roma attenta un gol lo faremo»
«Loro i più forti, ma l’Empoli se la giocherà»
Coronato un sogno. L’intervista a Marco Giampaolo nasce sulla panchina azzurra dove ci sediamo con l’allenatore dell’Empoli. Davanti il campo verdissimo del Castellani. La prima differenza con Sarri (perché anche a Empoli, come era successo a Torino con Conte e Allegri, chi arriva “dopo” va sempre misurato col “prima”) è nella fumata. Nel nuvolone delle sigarette di Sarri c’era da stordirsi, Giampaolo invece si accende il toscano almeno una ventina di volte, ma per fortuna siamo all’aperto. Le altre differenze, quelle di campo, di squadra e di gioco, è lo stesso Giampaolo a raccontarle. «L’Empoli è una squadra con una identità, figlia del lavoro fatto nei tre anni di Sarri. La novità sta nei... nuovi giocatori: sono andati via 5-6 titolari e sia quelli appena arrivati, sia quelli che già c’erano e sono migliorati come posizione vanno inseriti in quel contesto».
Cosa è rimasto di Sarri?
«La filosofia del lavoro. Quel seme continua a germogliare, qui non ci sono giocatori che si stancano di lavorare. Ed è rimasta la stessa identità tecnica e tattica».
Cosa ha portato Giampaolo?
«Il mio lavoro non deve stravolgere quello del mio predecessore. Insisto su quei principi, che poi sono anche i miei. Conosco Sarri da 10 anni, ci confrontiamo spesso e la nostra visione del calcio è abbastanza simile, ecco perché non ho avuto difficoiltà a calarmi in questa realtà».
Parliamo di giocatori che ora hanno più spazio, come Mario Rui. E’ davvero tanto diverso da Hysaj?
«Ho allenato Hysaj per un mese e al di là delle caratteristiche, che sono differenti, hanno un punto in comune: sono giocatori che non si fanno condizionare dalla partita, non la subiscono, perché la sanno giocare. Non sono passivi, danno sempre un’interpretazione autorevole della gara».
Saponara è rimasto a Empoli. Quando la Juve cercava un trequartista, è rimasto stupito o contento del fatto che non abbia pensato a lui?
«Non lo conoscevo direttamente e non avevo la certezza che alla fine rimanesse con noi. Quando ho capito che giocatore è, sono stato molto contento che non se ne sia andato, anche se qualche approccio con la Juve c’è stato».
Sabato c’è Roma-Empoli. Skorupski è da Roma o da Empoli?
«Ha le potenzialità per diventare un grande portiere, fisicità e tecnica non gli mancano. Finora gli mancava la continuità delle partite, così ora può crescere di gara in gara».
Altro ex, Paredes.
«Parliamo di un ragazzo del ‘94, arriva dalla Roma e prima ancora dal Boca Juniors. Sabatini, quando vede un giocatore, non sbaglia e anche in questo caso la scelta è stata eccellente. Per farle capire quanto la Roma tenga a Paredes, prima di cederlo proprio Sabatini ha voluto sapere che tipo di giocatore stavamo cercando. Ora il mio compito è quello di cui parlavo prima, inserirlo in un contesto che fa un calcio a memoria. Ha una grande tecnica e può giocare in tutti i ruoli del centrocampo, compreso il regista, anche se nel Boca nasce come trequartista».
Il regista dell’Empoli è un ragazzino appena diventato maggiorenne. La semplicità con cui gioca Dioussé deriva dall’incoscienza dell’età?
«Gioca con normalità, rende semplici le cose difficili, si fa dare la palla. Anche Verratti dopo Pescara è stato catapultato nel grande calcio europeo e non ne ha sofferto».
La Roma è la prima candidata per lo scudetto?
«Sul piano tecnico, la Roma è la squadra più forte del campionato. Nessun’altra ha le sue qualità individuali, mi viene da pensare a Pjanic e Keita, ma anche a Salah, Gervinho e Dzeko. Se De Rossi gioca centrale in difesa vuol dire che tutto il disegno della squadra è basato sulla qualità».
Come può fare l’Empoli a non perdere?
«Ci possiamo riuscire solo se facciamo almeno un gol. E forse non basta. La Roma segna sempre, difficile immaginare uno 0-0, per questo dobbiamo giocare pensando di fare quel gol. E’ l’unica soluzione per avere una chance. E del resto quella è sempre la nostra idea di gioco».
Le piace questo campionato?
«Lo trovo interessante, ma non tanto perché in testa c’è una squadra nuova come la Fiorentina. E’ interessante perché le piccole continuano ad accorciare sulle grandi. Fino a 5-6 anni fa, la grande squadra quando incontrava una provinciale aveva un solo pensiero: fare la partita da padrona. Adesso deve stare attenta alle prestazioni delle piccole, deve sapersi difendere anche in casa».
Il primo posto della Fiorentina è solo un caso?
«Di casuale quando si vince così tanto non c’è niente. Se è in testa vuol dire che ha dei valori. La Juve è in ritardo, ma sono convinto che tornerà a giocare per lo scudetto. Quella è una squadra che quando viene stuzzicata nell’orgoglio, sa come reagire».
A proposito di Juventus, una domandapersonale:perché dopo il ripensamento della Juve ventiquattro ore dopo averle assegnato la panchina, la sua carriera si è fermata?
Giampaolo riaccende il sigaro. E’ l’unica domanda che lo fa pensare per qualche secondo, eppure chissà quante volte gliel’hanno fatta e soprattutto quante volte se l’è fatta. «La risposta è troppo lunga». Racconta incroci e combinazioni assurde, alcune sfortunate, altre davvero imprevedibili, però mettendoci dentro sempre i suoi errori. «Possiamo sintetizzare così: se mi sono fermato significa che probabilmente ho sbagliato qualcosa». Da quella primavera senese del 2009 sono passati 6 anni. Si può scendere e risalire. Questo è il momento della risalita.
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