Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Rinasce lo stadio della leggenda

Sabato il via alla ricostruzi­one del Filadelfia, il mitico teatro dell’epopea del Grande Torino

- Di Antonio Barillà

Il Filadelfia non è solo polvere e ruggine, erba alta, mozziconi di tribuna. Il Filadelfia è una delle Meraviglie del calcio, è la memoria del Grande Torino. Sabato rinascerà, in realtà non è mai morto, come la squadra caduta a Superga il 4 maggio 1949 che qui vinse cinque scudetti e rimase imbattuta per cento partite.

Diverso è stato il destino. Quando degli Invincibil­i rimasero corpi martoriati, rischiarat­i dai lampi sul costone della collina tra rottami bagnati di sangue e di pioggia, Carlin scrisse che la squadra granata era forse troppo bella per invecchiar­e. Il Fila, invece, ha sfidato e sconfitto il tempo, però ne ha sopportato i segni fino in fondo: spogliato delle partite nel ‘63, ospitò fino all’89 gli allenament­i della prima squadra e rimase culla delle giovanili fino agli Anni Novanta, poi monumento silenzioso, sempre più in rovina eppure sempre più maestoso. Man mano le tribune sono crollate, le ruspe hanno aggredito la storia, crepe e rovi si sono allungati, promesse e progetti si sono sovrappost­i.

DESTINO.

Ma adesso ci siamo, il Fila torna a vivere. La Fondazione, che non ha mai mollato, restituisc­e il tempio alla gente granata che l’ha protetto negli

PRINCIPE.

sempre tanti amici per fargli compagnia; un giorno mandò via tutti perché voleva stare solo con me». Eccolo il cuore tenero di Moroso. Come del resto quello di sua moglie, il fatto di vedere quel Fila abbandonat­o proprio non lo mandava giù: «Che brutto vederlo in quelle condizoni: erba alta, animali randagi e tanto degrado. Secondo me già era sbagliato demolirlo, ma non avrebbero mai dovuto lasciarlo in quello stato».

Adesso però il Fila torna a vivere: «Ormai non ci credevo più, sembra essere finalmente arrivata la volta buona. Era doveroso, lo dovevano al pubblico del Torino». Sabato la cerimonia per porre la prima pietra e dare l’inizio ufficiale ai lavori: «Sicurament­e sarò presente. Dicono che lo finiranno entro un anno, me lo auguro». Tanti aneddoti custoditi nel cuore della signora Carla, uno su tutti, però, quello che le è rimasto più impresso: «Mi ricordo che una volta mio marito aveva perso una collanina in campo e non la trovava più, un avversario gli disse che se gli avesse fatto toccare due o tre volte il pallone gliel’avrebbe trovata lui». Imprendibi­le Maroso in campo, correva veloce come i ricordi della vedova Carla. Belli e brutti, ma sempre con il mitico Fila sullo sfondo.

LA RINASCITA.

anni dell’incuria: 8 milioni d’investimen­to di cui 7 finanziati da Regione e Comune e uno personalme­nte da Urbano Cairo, il presidente che ha voluto la rinascita più di qualsiasi predecesso­re. Sabato la prima pietra, poi il cantiere e un traguardo: taglio del nastro il 17 ottobre 2016, novant’anni esatti dopo la prima inaugurazi­one. All’epoca si giocò un’amichevole con la Fortitudo Roma e accanto al presidente Enrico Marone di Cinzano, nella tribuna di legno e ghisa stile liberty, sedevano il principe ereditario Umberto II e la principess­a Maria Adelaide.

Il Toro non giocherà nel nuovo impianto, però preparerà qui le partite e avrà accanto, ogni giorno, le giovanili. E oltre ai due campi ci sarà un museo e la leggenda tornerà a tramandars­i senza cantori. Già, perché il vecchio Fila non era fatto solo di mattoni rossi e di calce: «C’erano muri che sembravano persone e persone che erano muri» la sintesi di Walter Novellino, ragazzo del Fila, perché si respirava storia e assorbiva grinta, si sentiva addosso una maglia speciale. La maglia di Valentino Mazzola, il Capitano, che si rimboccava le maniche quando il tifoso Oreste Bolmida suonava la sua tromba di capostazio­ne: dava il via al “quarto d’ora granata” e allora non ce n’era più per nessuno. Talento puro, Valentino, più alto dei giganti: «Quando penso al campione più utile per una squadra - la testimonia­nza di Giampiero Boniperti - non penso a Cruijff, Di Stefano, Maradona, Pelè o Platini: meglio, penso anche a loro, ma dopo avere pensato a Mazzola...». La maglia di Valerio Bacigalupo, il portiere che sedeva a volte sulla linea bianca tanto il Toro schiacciav­a le avversarie: immenso e solo per caso unico escluso nella Nazionale che, contro l’Ungheria, schierò tutti insieme i dieci compagni. La maglia di Guglielmo Gabetto, che chiamavano Barone per la brillantin­a nei capelli e Santa Rita perché segnava gol miracolosi; quella di Virgilio Maroso ch’era invalicabi­le e non commetteva mai fallo.

MURI.

In realtà, i cantori del Toro c’erano pure. Erano i pensionati che al Fila passavano i pomeriggi all’epoca di Pulici presente sabato alla cerimonia - e di Graziani, e raccontava­no

CANTORI.

la favola che avevano visto coi loro occhi prima che la sorte portasse via il Grande Torino. Parlavano ai giovani tifosi, e parlavano ai nuovi campioni, perché allora non c’erano barriere e l’allenament­o si vedeva pure dalla strada e capitava che Gigi Radice, l’allenatore, alzasse gli occhi e chiedesse a Sergio Vatta, affacciato al balcone, di scendere a dargli una mano. «Chi indossa la maglia del Toro, non lo scorda più tutta la vita. Lo dico io che sono stato una meteora, uno degli ultimi giocatori ad aver calpestato l’erba del Fila,

C’è un investimen­to di otto milioni, uno messo da Cairo Obiettivo: aprire fra un anno esatto

Avrà due campi e ospiterà il museo con i cimeli della squadra scomparsa nel ‘49

testimone di qualcosa di speciale: Cravero e Marchegian­i mi parlavano del cuore granata e mi chiedevo cosa volessero dire, poi sono entrato in quello stadio e ho capito». Parole di Angelo Gregucci, che arrivò a trent’anni e rimase una sola stagione: forse per questo valgono di più, non c’è rischio di facili retoriche.

Adesso sarà un altro Fila, avrà un campo in erba naturale delle dimensioni dell’Olimpico e uno, appena più piccolo, con superficie mista tra erba naturale e sintetica, 4000 posti di cui metà in tribuna coperta per guardare i campioni e ascoltare la fiaba. Il fascino, la magia, la leggenda non si smarrirann­o tra acciaio e cristalli: quelli sono sempre rimasti, anche quando crescevano le erbacce.

ERBACCE.

 ??  ?? Valentino Mazzola, capitano del Torino che vinse cinque scudetti dal 1942-43 al 1948-49
Valentino Mazzola, capitano del Torino che vinse cinque scudetti dal 1942-43 al 1948-49
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 ??  ?? Il rendering del nuovo Filadelfia
Il rendering del nuovo Filadelfia
 ??  ?? La situazione attuale dell’impianto torinese: incuria e degrado
La situazione attuale dell’impianto torinese: incuria e degrado

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