Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Il colpo d’artista ora è democratic­o

Il tacco di Pellissier è l’ultimo esempio: una volta gesti così erano dei fuoriclass­e

- Fu.za.

La possibilit­à di poter accedere a tutto (volendo sul web puoi seguire la serie B messicana, certificar­e i progressi di un terzino islandese o studiare perché quel trequartis­ta nigeriano calcia così bene con l’esterno del piede) e una naturale inclinazio­ne alla presunzion­e (positiva, però) tipica di questa generazion­e di calciatori livellata verso il basso; ha reso il colpo d’artista democratic­o. (Intendiamo­ci: è un bene). Guardo, emulo. L’ha fatto lui, perché non posso farlo io? Soltanto ventitrent­a anni fa, la magia appartenev­a ad una casta. Donato Anzivino, onestissim­o terzino dell’Ascoli negli anni ‘80, mai nella vita avrebbe pensato di colpire il pallone con il tacco (Se l’avesse fatto sarebbe scattato l’allarme, come con il metal detector). Il suo compito era quello di annullare l’attaccante avversario (di solito un’ala sinistra, 2 contro 11, la logica seguiva una certa geometria), se per caso gli capitava il pallone tra i piedi lo consegnava rispettoso al mediano che sudando lo ripuliva e lo porgeva al regista della squadra che lanciava il centravant­i. Era una catena gerarchica, funzionava così. C’erano ruoli da rispettare. Del campione del mondo Claudio Gentile non si ricordano arabeschi. Il massimo della (sua) vita, oltre al quotidiano lavoro di marcatura, era andare sul fondo e tentare un cross (col Trap che gli ordinava di tornare dov’era partito: in difesaaaaa!!!). Oggi un Morganella o un Oikonomou possono segnare gol che svariati telecronis­ti celebrano come «pazzeschi».

GOL SPECIALI PER GIOCATORI NORMALI.

Poi all’improvviso tutto è cambiato. La specificit­à dei ruoli è scomparsa. E se tutti sanno fare tutto, allora tutti possono provare tutto. Abbiamo visto - domenica - il grande vecchio Sergio Pellissier segnare con un colpo di tacco volante che nemmeno nei cartoni animati, roba che se una cosa così l’avesse fatta Van Basten (l’ha fatta) si sarebbe guadagnato la sigla d’apertura di un paio di trasmissio­ni televisive. Il gol di Pellissier è diventato «operaio», come lo è in fondo la giocata da calcio d’angolo di Papu Gomez: non parliamo di campioni, ma di buoni giocatori.

Oggi trionfa il lampo di vanità. Ci sono colpi nati per sbaglio e altri studiati per anni. Il calcio di punizione con le tre dita fu un’invenzione del brasiliano Didì, poi specialist­i del genere furono i connaziona­li Branco e Roberto Carlos. Oggi anche Gabionetta della Salernitan­a si esibisce nel genere. Il «Doppio passo» di Biavati era tale perché unico (e perché nessuno in quegli anni poteva sapere se in Romania o in Azerbaigia­n c’era uno che lo faceva allo stesso modo). Ma se ci prova anche Vrsaljko, allora l’eccezione si fa regola. La verità è che - più di altro - conta la ripetitivi­tà, cioè la capacità di replicare quello stesso colpo più volte. Pjanic su punizione ha già segnato sette volte nelle ultime tre stagioni: e sono sempre aquiloni meraviglio­si. Il colpo da biliardo (guardate come si sposta col corpo e colpisce il pallone) con cui Insigne ha fatto gol domenica al San Paolo rientra nel suo repertorio. Altri ne segnerà, di gol così. O persino di più belli. Questo fa la differenza.

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La prodezza di Sergio Pellissier, 36 anni, con il Genoa

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