Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
MENICUCCI Addio all’arbitro diventato un divo
Battute e pugno forte in campo, soprattutto bravissimo
Aveva un negozio di giocattoli in via Guicciardini, fra il Ponte Vecchio e Palazzo Pitti, dove Firenze raggiunge il punto più alto e più vero di sé.
Ogni lunedì, Gino era dietro al bancone e davanti c’erano i suoi amici, quasi tutti sanfredianini. Non importava punzecchiarlo, Menicucci raccontava di slancio le imprese della domenica precedente: «Ho ammonito tizio perché in campo voleva fare i’bischero».
Menicucci era nato a Parigi, sua sorella era suora a Livorno, ma era capace di dissacrare anche un evento sacro come una partita di calcio. Una battuta e ti inceneriva.
Ha fatto l’arbitro fino all’‘84, ha diretto le più grandi partite di Serie A, compresi tutti i derby, «tecnicamente era il migliore», ricorda Pecci, uno dei suoi amici.
Gli piaceva farsi vedere e farsi ascoltare, ma quando prendeva una decisione raramente era sbagliata. Gli arbitri non avevano i microfoni, non c’era il quarto uomo e nemmeno il quinto e il sesto, figuriamoci l’orologio per il gol-non gol. Eppure era una generazione straordinaria: Casarin, Agnolin, Menicucci, prima ancora Gonella e Gussoni.
Gino in campo parlava con i giocatori e quando serviva li mandava allegramente a quel paese. «Una volta, al San Paolo, non riusciva a correre. Non ce la faceva proprio. Allora gli passo vicino e gli dico: «Gino, ma oggi hai deciso di fischiare da fermo?». E lui: «Stai buono Eraldo che ho ancora la faraona sullo stomaco».
Ai tempi di Firenze, Pecci era uno dei suoi partner preferiti. Si ritrovavano quasi tutte le sere in un ristorante al Poggio Imperiale, Gino, Pecci e gli altri scapoli della Fiorentina. Fra questi c’era Gigi Sacchetti che l’anno dopo andò al Verona. «Menicucci va ad arbitrare Samp-Verona, fischia una punizione contro il Verona e Sacchetti gli dice a voce bassa: “Gino, giornata nera oggi, eh?”. E lui: “Gigi, nerissima”. E tira fuori il cartellino rosso».
Uno col suo carattere era quasi costretto a finire in mezzo alle polemiche. Nel ‘74 denunciò un dirigente del Foggia che aveva cercato di corromperlo insieme ai guardalinee con tre orologi d’oro. Denunciò tutto all’Ufficio Inchieste.
E denunciò anche l’allora presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, perché a Viareggio, durante la finale della Coppa Carnevale fra Torino e Napoli dell’‘84, in tribuna d’onore lo aveva offeso alla presenza di qualche giornalista. La vicenda finì in tribunale. Venne coinvolto nel calcioscommesse ma è stato l’unico di tutti i protagonisti ad essere prosciolto da ogni capo di accusa e proprio nell’‘81 divenne arbitro internazionale.
Il suo mondo era Firenze, da San Frediano fino a Coverciano. Venne sospeso dalla Disciplinare dell’Aia perché attaccò il sistema arbitrale e da lì iniziò una nuova carriera. E’ stato il primo ex arbitro moviolista, nel Processo del Lunedì. Nel ‘99 ha fatto la parte di un giudice nel film «Lucignolo» di Massimo Ceccherini. Dieci anni fa, la malattia, anzi, la beffa. Doveva operarsi di ernia, ma l’intervento non andò bene per ragioni che Gino ha denunciato anche in un video mentre era su una sedia a rotelle. Nel 2011 l’Aia gli ha restituito la tessera di Arbitro Benemerito. Una delle sue ultime apparizioni in pubblico è stata a Palazzo Vecchio, nel febbraio di tre anni fa, quando il suo grande amico Agnolin venne inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. C’erano anche Casarin e molti arbitri della loro epoca, intorno a quel ragazzaccio che fischiava meglio di tutti.
E’ morto ieri mattina Gino Menicucci, arbitro di Serie A e internazionale dal ‘70 all’‘84. Viveva a Firenze e aveva 77 anni. I funerali si svolgeranno domani, alle 15,30, nella chiesa di Santa Felicita vicino a Ponte
Vecchio. Primo opinionista tv, aveva cominciato a farlo di lunedì nel suo negozio di giocattoli
Era nato a Parigi, sorella suora: il suo mondo era Firenze Gli aneddoti di Pecci e Sacchetti