Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
MEUCCI «Corro a New York per arrivare a Rio»
Con la Incerti e Lalli il 1° novembre nella Grande Mela «Studio, figli, maratona: ho trovato l’equilibrio perfetto»
Trentuno anni dopo il primo trionfo azzurro alla maratona di New York, il 1° novembre i fondisti azzurri vogliono tornare protagonisti nella più popolare e prestigiosa classica sui 42,195 metri. L'ex regina d'Europa di maratona Anna Incerti, il campione continentale di cross Andrea Lalli e soprattutto il campione d'Europa in carica Daniele Meucci saranno la testa di ponte degli oltre tremila maratoneti italiani al via di Staten Island. In una corsa che, dopo lo stop forzato del 2012 per l'uragano Sandy, continua a richiamare corridori da ogni angolo del mondo. Nonostante l'astronomico costo di un pettorale (400 dollari), sono decine di migliaia i maratoneti che si vedono rifiutare l'iscrizione.
«Anche quest'anno siamo costretti al numero chiuso di 50.000 partenti per motivi di sicurezza - ha spiegato in una conference call organizzata dalla Fidal, Peter Ciaccia, il race director di New York - Non solo per le mie origini italiane sono molto orgoglioso di avere quest'anno in gara tre azzurri molto quotati che sono sicuro riusciranno ad essere protagonisti sulle strade di New York, così come in passato lo furono Pizzolato, Poli, Leone e la Fiacconi, tanto per restare ai vincitori».
Dopo la maternità, la Incerti torna sulla lunga distanza con rinnovata fiducia: «Sono pronta, mi sono allenata a Bagheria, perché i percorsi hanno le stesse caratteristiche di New York». Anche Lalli, ora seguito da Stefano Baldini, è pronto: «Avrei dovuto correre ad Amsterdam, ma un leggero infortunio muscolare ha ritardato la preparazione; sono stato l'ultimo dei top runners ad essere ingaggiato e non voglio deludere gli organizzatori».
RABBIA. Ma gli occhi sono tutti puntati su Meucci, il trentenne ingegnere pisano che, dopo il titolo europeo di Zurigo 2013, è stato beffato lo scorso agosto ai Mondiali di Pechino, dove è giunto 8°. Quando è stato costretto a una sosta di un minuto e mezzo al 32° km per un bisognino improvviso che gli è costato probabilmente una medaglia.
Smaltita la delusione di Pechino?
«Diciamo la rabbia. Non ero al massimo ma... Diciamo che grazie a quel problemino ora sono più motivato a fare bene a New York».
Dove ha già corso nel 2013
«Ero alla seconda esperienza sulla distanza e quel decimo posto mi fece capire che avevo imboccato la strada giusta, anche perché feci il personale (2h12:03)».
Dopo Pechino ha detto che l'obiettivo della carriera resta l'Olimpiade di Rio 2016. Conferma?
«Tutto. E' per quello che ho corso i Mondiali, una gara molto simile all'Olimpiade. Nelle classiche come New York invece è tutto diverso, ci sono le lepri, i ricchi premi e i ritmi sono sempre sostenuti. Ecco, voglio verificare la mia tenuta, arrivare a Central Park ancora con energie da spendere».
Quindi la strada per Rio passa necessariamente per la Grande Mela?
«Sì. Da come andrà New York scaturiranno tutte le scelte che prenderò col mio allenatore (Massimo Magnani, il dt azzurro)».
Tornerà a svernare in Kenya, come ha fatto nelle ultime due stagioni?
«Al momento non abbiamo previsto nulla. Vedremo se sarà il caso ripetere quell'esperienza».
Tornerà a correre i 10.000 in pista?
«Per correre una buona maratona bisogna avere anche una ottima base di velocità, ma anche qui non ho ancora fatto programmi».
Sembra che affronti New York al buio. In realtà qual è la sua condizione fisica?
«Buona. Mi sono allenato a Pisa con una media di 180 km settimanali. E' tutto ok. Ma non voglio puntare ad alcun traguardo cronometrico. Una decina di giorni fa ho vinto la Mezza di Treviso in 1h03:40, è stato un valido test».
Forse perché è rimasto scottato quando lo scorso febbraio a Otsu, in Giappone, fu frenato dalla pioggia torrenziale?
«Anche. Ma sanno tutti che il percorso di New York è assai difficile, dal primo all'ultimo chilometro».
Qual è il punto più impegnativo?
«Non ce n'è uno in particolare. Quando si entra a Central Park si ha l'illusione di essere prossimi al traguardo, invece quegli ultimi 4-5 km sono tutti un saliscendi terrificante».
Lei è nato il 7 ottobre del 1985, tre settimane dopo Orlando Pizzolato centrò un fantastico bis proprio a New York. Che impressione le fa rincorrere un successo su quelle stesse strade 30 anni dopo?
«E' un segno del destino! Ovvio che di quei primi trionfi azzurri ne sono venuto a conoscenza che ero già ragazzo. Fin da bambino sentivo però parlare tanto di questa maratona, poi sono andato a studiarmi tutte le imprese dei nostri, da Pietri in poi».
A proposito di Dorando Pietri, lo sa che è stato inserito nella All of Fame del Foro Italico, anche se con un po' di ritardo?
«Avevo seguito la polemica, sono contento che sia stata fatta giustizia: tutta la tradizione della maratona italiana parte da lui».
La beffa a Pechino «Mi è rimasta tanta rabbia per l’8° posto. Però ora ho una carica in più per fare bene»
Ancora i 10.000? «Per disputare una buona maratona serve una ottima velocità di base Ma non ho deciso»
Ingegnere «Sto terminando un articolo di dottorato sui sottomarini automatizzati»
Lei è laureato in ingegneria dell'Automazione, ha due figli, una moglie che la segue in bici negli allenamenti e anche due cani, come riesce a gestire famiglia, studio, affetti e allenamenti?
Famiglia «Nella mia giornata trovo sempre il tempo per stare vicino a mia moglie e ai miei due figli»
«Ho raggiunto un equilibrio perfetto, in cui c'è sempre molto studio. Sto finendo un articolo di dottorato sui veicoli sottomarini automatizzati. Ma nella mia giornata trovo il tempo per fare tutto, soprattutto stare accanto a mia moglie e ai miei figli».
Ci dice qual è la sua giornata tipo?
«Sveglia alle 6.30, colazione e studio fino alle 9. Allenamento e poi alle 12 riprendo i bambini all'asilo. Pranzo alle 13 e poi riposo o studio. Alle 16 nuovo allenamento e la sera dopo cena torno sui libri».
Niente male...
«Sì, ma ora scusatemi, devo scappare, i figli mi reclamano...»