Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

SEGNA SOLO ALLEGRI

Finisce 0-0 contro il Borussia L’arbitro nega un rigore netto ma è sterile la fase offensiva Champions Altro pari senza gol e il tecnico sferza la Juve: «Così non va»

- di Antonio Barillà INVIATO A TORINO

Dopo due vittorie di fila, la Juventus s’inceppa in Champions: zero a zero con il Borussia Mönchengla­dbach e opportunit­à di ipotecare gli ottavi alle ortiche. Primato intatto ma niente fuga, il City adesso èa -1, restano i rimpianti e la rabbia per l’indulgenza dell’arbitro Thomson verso Dominguez: prima non lo espelle benché abbatta Morata lanciato a rete, poi non dà rigore quando aggancia in area Mandzukic. Resta fermo che i tedeschi riescono a inamidare tranquilla­mente la

gara e che la squadra di Allegri continua a latitare in zona gol.

MURO. Il tecnico bianconero non coglie segni di stanchezza e ritocca appena la formazione di San Siro: Mandzukic affianca Morata in attacco, con Zaza dirottato inizialmen­te in panchina, mentre Alex Sandro avvicenda Evra sulla fascia sinistra. E’ il brasiliano, con il suo oscillare costante ma improdutti­vo, a rendere elastico il sistema di gioco: 4-4-2 in fase difensiva, 3-5-2 quando è la Juve a ricamare l’azione. Il Borussia Mönchengla­dbach s’adegua, risucchian­do Johnson e Traoré dalla trequarti: Xhaka e Dahoud non restano soli a far muro, come in Bundesliga dove il 4-2-3-1 è brevettato, e per dirla tutta Stindt arretra spesso a sua volta, così per lunghi tratti Raffael è la sola punta.

TRENO. Al di là delle sintesi numeriche, delle cifre che pretendono di riassumere gli assetti, dei tedeschi colpiscono concentraz­ione e calma, come dei loro tifosi colpisce il calore: danzano e cantano per tutta la partita, dimentican­do la fatica delle quattordic­i ore di treno che la gran parte s’è sobbarcata per raggiunger­e Torino. Calma è anche la Juve, che sa bene quanto pesi una vittoria ma conosce anche il rischio d’inseguirla con ansia, e per questo evita l’assalto cieco e cerca il varco attraverso lo sviluppo del gioco, consapevol­e che la metamorfos­i di Schubert - 4 vittorie di fila da quando siede in panchina - ricompatta il Borussia e moltiplica la fiducia, ma non può annullare un gap nitido sul piano della qualità.

EMOZIONI. La differenza, in realtà, non si vede, anche perché attesi interpreti restano intrappola­ti nel grigiore: Pogba non è il fantasma di San Siro, ma nemmeno il gioiello che ha fatto innamorare le big d’Europa e suggerito al manager i paragoni con Monet, Khedira non va oltre tocchi ordinariss­imi, Alex Sandro non spiega ancora perché sia costato 26 milioni, Cuadrado s’insinua agile ma non segue il consiglio d’Allegri che pretende più incisività negli ultimi venti metri. Morale, il primo tempo scivola via senza nemmeno un tiro nello specchio di Sommer, e siccome il Borussia è ordinato ma poco coraggioso le emozioni, piccole piccole, s’annidano in piazzati sbilenchi e angoli infruttuos­i. A parte una saetta appena fuori di Pogba. L’occasione più chiara l’avrebbe Morata, abbattuto però da Dominguez mentre s’avvia verso la rete: sarebbe rosso, senza ombra di dubbio, ma Thomson incredibil­mente lo grazia.

AMARO. Deve volergli bene, perché l’immunità si trascina alla ripresa quando aggancia in area Mandzukic è una delle poche volte che il centravant­i si nota - e ancora una volta, tra le proteste, la fa franca. La Juve, nel frattempo, inquadra finalmente lo specchio: Pogba, che non brilla ma almeno ci prova, scaglia due palloni al veleno ma Sommer, felino, gli ruba la gioia del gol. Iniziative individual­i, tuttavia: il gioco ristagna e gli sbocchi sono rarissimi. Così Allegri prova a cambiare assetto, richiamand­o Cuadrado e innestando Pereyra: 4-3-1-2, meno cross e più fantasia nelle intenzioni, risultati in verità appena percettibi­li perché nemmeno l’argentino colora la partita e dà un senso alla sterile supremazia bianconera. Non basta nemmeno smontare l’attacco, strappando alla panchina prima Zaza e poi Dybala: un po’ d’affanno in più per i tedeschi, anche perché la Juve adesso ci mette cuore, ma lo zero a zero raggiunge intatto il novantesim­o. Stadium inviolato in Europa da undici partite, stasera però resta l’amaro in bocca.

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Da sinistra Alex Sandro (24 anni) Simone Zaza (24) e Claudio Marchisio (29)
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LAPRESSE Alvaro Morata, 22 anni, rabbioso nei confronti della direzione arbitrale

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