Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
La Viola2 ko: è ultima ma c’è un po’ di Rossi
Vince il Lech al Franchi, Pepito segna l’1-2 e poi sfiora il pari
La prima del campionato italiano ha perso in casa con l’ultima del campionato polacco. La Fiorentina è stata disastrosa per oltre un’ora, fino al primo gol del Lech, ha giocato con una formazione di riserve, ma riserve vere, nel senso che, viste ieri, non possono competere con i titolari, quasi tutti a riposo. E’ questa l’unica ragione per cui Sousa può consolarsi in vista della Roma, in campo non c’era la vera Fiorentina, ma a tre giorni dallo scontro diretto questa sconfitta è il peggiore di tutti i segnali e non solo perché adesso è all’ultimo posto del girone, non solo perché questa è la terza sconfitta consecutiva in casa in Europa League, ma perché niente è andato come doveva andare.
IL DISASTRO. Sousa ha sbagliato le scelte, soprattutto quelle del secondo tempo, ma nemmeno lui poteva aspettarsi la totale assenza di motivazione di giocatori come Suarez, come Babacar, come Verdù. Perché se fosse vero il contrario, se si fossero
impegnati al massimo, allora il problema sarebbe più grave: si tratterebbe di giocatori inadeguati. La Fiorentina ha fatto un primo tempo senza calcio, di soli passaggini, spondine, tocchettini, scattini. Ha tenuto il pallone fra i piedi dall’inizio alla fine (al 90' toccherà il 69 per cento di possesso palla) senza un solo tiro nello specchio della porta e le uniche due occasioni sono arrivate in mischia dopo due minuti. C’erano nove giocatori nuovi rispetto a Napoli, solo Tomovic e Astori hanno resistito alla rivoluzione di Sousa e il primo, Tomovic, in un ruolo nuovo che poco gli si addice: centrale della difesa a tre con l’incarico di impostare l’azione, alla Bonucci...
SENZA GIOCO. La lentezza della manovra della Fiorentina trovava proprio in Tomovic la prima causa: un conto se in quella posizione c’è Gonzalo Rodriguez, un conto se c’è un marcatore come lui. Ma anche chi gli stava davanti, Mario Suarez, aveva la stessa difficoltà ad alzare il ritmo della gara. Era tutto un fiacco portar palla, senza sfoghi, senza spunti. Il Lech, squadra di nota modestia tecnica, difendeva con sei uomini sull’ultima linea, un 6-3-1 con tutta la squadra dietro e con i reparti incollati uno all’altro. Non c’erano spazi e la Fiorentina andava a cercarli con la presunzione di un palleggio insistito: Rossi usciva dalla linea d’attacco e scambiava con Verdù o con Mati Fernandez, triangolini lenti e spesso imprecisi e la palla scompariva nella folla di polacchi. Se quegli scambi, in quello spazio ridottissimo, li fanno Iniesta e Messi, passano; se ci provano Verdù e Babacar, ci rimbalzano. Sousa chiedeva di aumentare velocità e intensità, ma le sue raccomandazioni erano inascoltate. Chiedeva a Babacar di fare pressing, ma anche in questo caso non si vedeva mai, nonostante che il giovane Baba possa giovarsi durante la settimana degli insegnamenti di un lavoratore come Kalinic. La manovra viola ignorava Rebic e cercava più spesso Pasqual che ha provato con i cross, ma Babacar era sempre dietro al suo avversario.
SNOB. La Fiorentina ha commesso un altro imperdonabile errore: ha sottovalutato il suo avversario. Che alla prima occasione l’ha fregata proprio perché, non temendo chi avevano di fronte, i viola avevano spalancato la difesa. Contropiede iniziato e concluso da Kownacki, con Astori, Tomovic e Pasqual fuori posizione. Uno a zero. Era entrato Vecino da un minuto, poi Sousa ha messo anche Bernardeschi che ha sbagliato il gol del pareggio. La Fiorentina si stava svegliando, sentiva aria di umiliazione. E infatti ecco il 2-0 di Gajos (due gol polacchi con due giocatori entrati dalla panchina) con la difesa viola impalata. Continuava a provarci davvero solo Mati Fernandez che ha piazzato l’assist per il gol di Rossi, unico tocco decente di una partita che Pepito aveva trascorso nell’anonimato più grigio. Mancavano ancora i 4 minuti di recupero quando Rebic, colto da follìa, ha steso Kadar: rosso inevitabile. All’ultimo istante, palla-gol, quella del 2-2, per Babacar. Sbagliata come tutta la partita.