Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

Addio a Tumburus, alfiere rossoblù del 1964

Fu protagonis­ta dell’ultimo scudetto del Bologna, interpretò il ruolo di marcatore centrale, arrivò in nazionale

- Di Gianfranco Civolani

E così un altro se ne è andato e fra i superstiti di quel Bologna da Paradiso c’è chi non sta molto bene. E’ Paride Tumburus, arrivò a Bologna da ragazzino e veniva da Aquileia, la città che i romani avevano fondato come avamposto per una espansione nel nordest. E dal Friuli il fido Vittorio Pasti, uno degli osservator­i di massima fiducia del presidente Dall’Ara, aveva via via prelevato i vari Tumburus e Pascutti e un centravant­i - tale Leskovic - poi prematuram­ente scomparso. E nel primo giorno di gennaio dell’anno sessanta Tumburus aveva esordito come terzino e il Bologna aveva perso, ma da quella gara il buon Paride si fece, al suo primo anno in serie A, qualcosa come ventuno partite e più oltre diventò subito inamovibil­e e due anni dopo fu scelto da Paolo Mazza e Gioanin Ferrari per i mondiali cileni e in ogni caso, in quella maledettis­sima partita rovinata dall’orrendo arbitro inglese Aston, Tumburus giocava già il nuovo ruolo di stopper, ovvero di gendarme ferreo contro tutti i centravant­i che gli capitavano a tiro. E appunto come implacabil­e marcatore centrale si è poi costruito una carriera gloriosa che gli ha fruttato duecento gettoni in rossoblù, quel magico settimo sigillo e quattro maglie azzurre. E quando poi Tumburus all’età di ventinove anni fu mollato al Vicenza, accadde che il gol vicentino vincente, ai vecchi compagni, lo fece proprio il Paride che in una vita in rossoblù di gol ne aveva fatti soltanto la miseria di quattro.

Tumburus era uno stopper che ti soffocava senza nemmeno cercare il fallo per aiutarsi in qualche modo. E fuori dal campo Paride era una persona gentile che parlava pochissimo e solo una volta andò fuori dai gangheri quando Carniglia lo fece giocare fuori ruolo e lui obiettò che quell’allenatore proprio non lo sopportava. E Paride divento ancor più famoso quando il presidente del Vicenza Giussy Farina per mollarlo del tutto mise nella busta delle comproprie­tà cinquecent­o lire e la cosa fece ridere tutta Italia e quasi piangere il Paride così ferito nella dignità e nell’orgoglio.

E il dopo-calcio di Tumburus fu molto sofferto. Non stava molto bene, si era ritirato a casa sua e disertava sistematic­amente ogni tipo di più o meno allegra rimpatriat­a. Ma improvvisa­mente cinque anni fa e per il cinquanten­ario di quel settimo sigillo Paride si presentò in pista tutto garrulo e giulivo: insomma fece piacere a tutti quanti ritrovare uno degli eroi di quell’assolato e così solare tardo pomeriggio del sessantaqu­attro. Bulgarelli, Nielsen, Halller, Furlanis sono già volati via fra gli angeli e a settantase­i anni il Paride li ha raggiunti. E qualcun altro - come ho già detto - non se la passa tanto bene. Ma si nasce, si vive e si muore come si può.

Della epopea di 51 anni fa se ne sono già andati Bulgarelli, Nielsen, Haller e Furlanis

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Paride Tumburus in un’immagine del 1964

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