Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
Il gol e la preghiera Salah si vendica così
Il Franchi lo fischia ma lui non esulta per rispetto
Soffoca le emozioni (ma poi prenderà il rosso a fine gara): «Sono felice però per gol e vittoria»
Serenata pesante di fischi e d’improperi, una serata per altri versi leggera come una brezza. La polizia circonda al casello i pullman dei duemilatrecento tifosi della Roma in arrivo e li conduce in formazione fino allo stadio, perché prevenire è meglio che reprimere. Dentro funziona come in tutti gli altri stadi d’Italia: tappeto sonoro dai toni acuti sotto il riscaldamento della squadra in trasferta. Ma qui la curva non sciopera, questo è certo. Colma e ordinata, compatta nella missione di sostenere i propri e scardinare gli avversari. Mohamed Salah è una singolarità prevedibile, annunciata. Il direttore sportivo della Fiorentina, Daniele Pradè, dice che chi ce l’ha può tenerselo e che la Fifa nel frattempo va avanti con la sua indagine. Il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, risponde che non c’era motivo di non farlo giocare. Non quando uno ti segna 5 gol in 9 partite.
FRECCIA.
Il gol dell’egiziano all’alba della partita non è un episodio, è un luogo comune, un escamotage narrativo. Qualcosa di simile avrebbe luogo in qualsiasi vicenda inventata e succede sovente che la vita imiti l’immaginazione. Potrebbe dirsi lo stesso di una rete di Astori, che infatti di storia è un anagramma. Ma sarebbe meno intrigante. Salah è una freccia che fora insieme il cuore e l’orgoglio. I tifosi della Roma, il paio di migliaia che ormai si sente più a proprio agio in trasferta che all’Olimpico, provocano invocandolo, la curva Fiesole e non solo quella risponde aggredendolo. A musica e parole, naturalmente.
Perché Fiorentina-Roma non è proprio come Fiorentina-Juventus, in cui gorgoglia la rabbia di una troppo differente visione del mondo. E’ un confronto storico, tra capitali culturali, tra città meravigliose e squadre spesso deluse, la rivalità possibile. Salah che sceglie una maglia piuttosto che un’altra pur venendo da lontano, da oriente e da sud, è un’anomalia, una minaccia sentimentale. Così lo stadio gli si stringe intorno e non con intenzioni amichevoli, almeno finché il giocatore spolvera entrambe le fasce a minuti alterni. Quando smette, obbedendo alle istruzioni conservative dell’allenatore Garcia, il pubblico prende fiato. Una partita neppure basta. I raccattapalle piazzano tre palloni sulla lunetta del corner davanti ai piedi di Ilicic, nella fretta che si ricominci.
PECCATI.
Di tanto in tanto le luci di Salah tornano ad accendersi e giù i fiorentini che tentano di spegnerle con la cascata di fischi. Lui non vibra di alcuna emozione, questa è l’idea che trasmette attraverso quella faccia piatta come un’antenna. E invece le emozioni gli guizzano dentro. Segna e nega deciso la propria esultanza ai compagni. S’inginocchia solo per ringraziare il Dio di tutti, convinto com’è di essere un peccatore ma non più del resto dell’umanità. «Ovviamente sono contento per il gol e la vittoria», confida solo questo all’uscita.
Pecca chiunque abbia emozioni e lui ne ha dentro tante da scaricarle sull’arbitro. L’espulsione innesca l’ultima scossa del pubblico. Ramy Abbas Issa, l’uomo che indirizza la carriera di Salah, quello che ha promesso di servire kebab in piazza se mai la Fifa lo squalificasse, a differenza del suo assistito non si tiene dentro nulla e twitta: «Domande?». Circa un milione, ma possono aspettare.