Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)
CON CHI CE L’HA BUFFON
La scossa del capitano dopo il Sassuolo rivolta soprattutto ai giovani: Devono capire dove sono Evra: Rispettare la maglia
Le parole di Gianluigi Buffon, nella notte di Reggio Emilia, diffondono subito la sensazione del deja-vu. Taglienti come a Natal, dopo l’addio azzurro al Mondiale brasiliano, scelte per inchiodare responsabilità e scuotere coscienze. «Approccio indegno...»: a chi si riferiva? A tutti, indistintamente, perché la sconfitta con il Sassuolo non può liquidarsi con l’età e l’inesperienza di alcuni: Giorgio Chiellini, 31 anni e 379 partite in bianconero, è tra i maggiori colpevoli per aver lasciato la squadra in dieci.
Le parole di Gianluigi Buffon, nella notte di Reggio Emilia, diffondono subito la sensazione del deja-vu. Taglienti come a Natal, dopo l’addio azzurro al Mondiale, scelte per inchiodare responsabilità e scuotere coscienze. «Approccio indegno...»: a chi si riferiva? A tutti, indistintamente, perché la sconfitta con il Sassuolo non può liquidarsi con l’età e l’inesperienza di alcuni: Giorgio Chiellini, 31 anni e 379 partite in bianconero, è tra i maggiori colpevoli per aver lasciato la squadra in dieci prendendo il primo giallo per proteste, e Gigi, che ci mette sempre la faccia, impasta per carattere autocritica e denuncia.
RIPASSO. Nelle pieghe dello sfogo è tuttavia evidente una frecciata ai più giovani: molti, troppi, a giudizio dei senatori, non hanno ancora chiaro cosa significhi la Juve, così l’ultimo crollo diventa spunto per un brusco ripasso. Non è casuale, per inciso, che dopo Gigi intervenga duro Patrice Evra, altro campione di lungo corso e di carisma, ascoltatissimo nello spogliatoio. La vecchia guardia è pronta a giustificare le ingenuità e schermare le pressioni, ma non tollera atteggiamenti sufficienti, malsoppoprta la mancanza di furore. Contro la Juve tutti giocano il match della vita, perciò bisogna sempre supportare la qualità con grinta e orgoglio. E per spiegarlo meglio, nel day after, viene chiesto di riflettere sull’euforia neroverde, sulle parole dell’allenatore Di Francesco che rivendica un’impresa storica.
MOLLEZZE. Si badi che vale per tutti i giovani, non solo per i nuovi arrivati ancora in fase d’ambientamento. Al di là dei riferimenti di Buffon, che parla a tutti e per tutti, l’invito dei vecchi a svegliarsi è complessivo. Vale, insomma, anche per Paul Pogba e Alvaro Morata, sufficientemente scafati e ovviamenti stimati, però talvolta recidivi in mollezze e narcisismi che non appartengono alla cultura di Vinovo.
ACCORDO. Un messaggio da capitano, racchiuso nello sfogo pubblico d’una brutta sconfitta ma ripetuto più volte nel chiuso d’uno stanzone, condiviso dai senatori che non scaricano responsabilità, s’assumono le colpe ma pretendono attorno una scossa. E’ confrontandosi con loro e con Allegri, di comune accordo, che la società ha deciso d’altronde il ritiro, chiarendo di non inseguire una punizione, ma di sollecitare una sveglia. Fanno notare, in corso Galileo Ferraris, che in fondo il provvedimento anticipa d’un solo giorno l’abituale ritrovo prepartita, particolarmente utile in vista del derby che è appuntamento sempre delicato, figurarsi in questo momento complicatissimo.
PRESUNZIONE. Tutti sotto esame, tutti obbligati a cercare una via d’uscita, ma con i giovani, in particolare, strigliati, chiamati a crescere in fretta: non sul piano tecnico-tattico - la Juve, pur non immaginando di ritrovarsi così in basso, aveva messo in conto il disagio e la pazienza imposti da un profondo maquillage -, ma nella consapevolezza di indossare una maglia particolare, vincente e ingombrante, gratificante e pesantissima. «Qualcuno deve capire bene cos’è la Juve...»: sussurri e urli che si rincorrono tra i campi di Vinovo, gli uffici della sede e l’hotel Air Palce di Leinì, a conferma che l’interpretazione del pensiero di Buffon è troppo semplice, ancora di più alla luce dell’ integrazione notturna :« Credere d’ aver risolto i problemi dopo tre partite non è da Juve: tre partite sono un filottino da provinciale, per noi ce ne vogliono dieci-dodici». E ancora :« Quattro anni fa perdevamo, ma non perla presunzione di essere forti ».
OMBRA. Se non è uno scontro generazionale, come in Brasile, è un inceppo nella trasmissione del dna Juve. Di sicuro il problema giovani è così sentito da assorbire le attenzioni in queste ore tesissime, oscurando una confusione trasversale - dal mercato ondivago ad alcune discutibili scelte tecniche -, e allontanando l’ombra dei troppi infortuni che mettono in dubbio la banale coincidenza. Di sicuro, giurano a Vinovo, il gruppo è unito, l’autostima intatta e, in barba ai gossip in libertà, Allegri saldo. Salvo precipizi ulteriori, certo, ma a questo nessuno vuol pensare.
«Sono sgomento, approccio indegno, non abbiamo vinto un contrasto, non abbiamo fatto tre passaggi di fila Non si può: siamo la Juventus, non una provinciale. E ora basta protestare con gli arbitri. Umili sennò rischiamo di fare figure da pellegrini. Non voglio naufragare così a 38 anni» Un monito rivolto non solo ai nuovi arrivati: sotto accusa mollezze e narcisismi
Le responsabilità sono comunque condivise: tutti sotto esame, ma Allegri non rischia