Corriere dello Sport Stadio (Nazionale)

PAROLE INACCETTAB­ILI

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(a.v.) Non c’è dubbio che le modalità lascino pensare moltissimo. Davvero c’è il pregresso di una richiesta economica e, se fa parte della registrazi­one, perché non è stata fatta ascoltare? Come si può pensare che ci si renda conto solo mesi dopo dell’importanza, della gravità, di certe frasi? E, ascoltando il colloquio, non sfugge la netta percezione che le risposte vengano quasi suggerite. Insomma: sarebbe bene che la storia venisse chiarita nella sua pienezza. Tutto questo, l’alibi di un clima estremamen­te confidenzi­ale (?), non può però minimament­e giustifica­re le frasi del Presidente della Federcalci­o. Che pure doveva essersi già vaccinato di fronte ai malintesi, agli inciampi, come lui stesso aveva definito una serie di frasi e apprezzame­nti assolutame­nte inaccettab­ili. Certo, si dirà, una cosa è parlare davanti a un microfono, in pubblico, e un’altra è sproloquia­re in un clima da bar. Ma il problema non è questo. Anzi, è proprio questo. Primo: perché Tavecchio dimentica troppo spesso di essere il Presidente della Federcalci­o e secondo - molto ma molto più importante - perché neanche al bar sarebbero ammesse, giustifica­bili, alcune battute così orribili da far passare in secondo piano l’opacità del contesto. Tavecchio dice di essere caduto, diciamo così, in una trappola. Ma il discorso andrebbe - come dicevamo - paradossal­mente ribaltato. Di fronte a una platea, a un’intervista pubblica, quasi certamente, stavolta, avrebbe fatto attenzione a non dirle, certe cose. Ma come si fa, anche in privato e rilassati davanti a un’aranciata, solo a pensarle?

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