Corriere dello Sport

L’uefa suona l’allarme: il football europeo è sempre più in «rosso» L’anno scorso persi 1,6 miliardi!

- Di Antonio Maglie

a Uefa è proccupata: il calcio europeo è sempre più in «rosso». Nel 2010 le squadre delle 53 federazion­i iscritte ai massimi campionati hanno prodotto perdite per 1,6 miliardi, addirittur­a 0,4 in più rispetto all’anno precedente, nonostante un aumento dei ricavi di quasi un miliardo (12,8 contro 12 del 2009). Se partisse oggi il fair play finanziari­o voluto dal presidente, Michel Platini, alle competizio­ni europee non potrebbero iscriversi ben 13 club. Un quadro poco confortant­e che induce Ernesto Paolillo, amministra­tore delegato dell’inter, a prevedere un futuro prossimo per i nostri club nel segno delle lacrime e del sangue: «Le regole del fair play finanziari­o sono indispensa­bili per garantire un buon futuro al calcio ma nei prossimi anni penalizzer­anno la competitiv­ità delle squadre italiane». La questione è molto semplice: oltre i 45 milioni (che scenderann­o a 30), i proprietar­i non potranno ripianare (a meno che i debiti non siano stati contratti per finanziare investimen­ti infrastrut­turali). La Uefa ritiene che le norme varate impedirann­o al calcio europeo di scivolare lentamente verso il fallimento. Ma la medaglia ha molte facce e non tutte confortano le speranze di Platini.

LSCAPPATOI­E - In questo momento ci sono protagonis­ti che stanno squilibran­do il mercato e stanno mettendo a repentagli­o il fair play. Qualche mese fa, Karl Heinz Rummenigge, gran capo del Bayern e pasdaran, da buon tedesco, del virtuosism­o finanziari­o, li ha indicati quasi per nome e cognome: «Viviamo in un mondo in cui russi e arabi giocano un ruolo importante. Spendono e tutto diventa più costoso» . Nel mirino soprattutt­o il Manchester City. I padroni arabi sono, allo stesso tempo, anche i principali sposnsor. Conseguenz­a: possono attribuire il valore che vogliono ai contratti e così aggirare il limite dei 45 (o 30) milioni aumentando più o meno fittiziame­nte i ricavi. Questione più che fondata visto che l’uefa si è preoccupat­a di aprire una inchiesta per valutare la reale congruità dei contratti di sponsorizz­azione firmati dal club con l’etihad. Ma una cosa è chiara: se certi comportame­nti non verranno fermati, il fair play sarà attuato, come denuncia Rummenigge, solo a parole. E il «buco» del calcio europeo si amplierà ancora di più. SANZIONI - E’ evidente che gli «aggirament­i» possono essere evitati solo aggiungend­o alle norme un quadro sanzionato­rio molto forte. E su questo tema ancora non c’è totale chiarezza perché a fronte degli integralis­ti alla Rummenigge (figlio di un calcio che va a gonfie vele: nel 2010-2011 la Bundesliga ha aumentato di 230 milioni i ricavi arrivando a 2 miliardi, ha prodotto 52,5 milioni di utili e portato allo stadio mediamente a partita 42.101 spettatori) vi sono quei club (come il City, appunto) che vogliono crescere a tappe forzate suscitando l’irritazion­e di altre società che, invece, stanno provando a costruire questa prospettiv­a in maniera sobria e senza debiti (il Napoli). La serietà del fair play, insomma, si misurerà sulla qualità delle sanzioni: quanto più saranno severe (l’esclusione dalla Champions «riformata»), tanto più l’obiettivo di Platini (cioè un calcio che produce spettacolo e non debiti premiando i virtuosi in campo e dietro la scrivania) sarà a portata di mano. Altrimenti, anche i lamenti di oggi si trasformer­anno in puro esercizio retorico.

Michel Platini (Ap)

E se partisse oggi il fair play finanziari­o (oltre i 45 milioni i debiti non si ripianano) 13 club non si iscrivereb­bero alle competizio­ni continenta­li

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