MALAGO’ «Non contate le medaglie»
«Non è l’unico modo di valutare lo sport di un Paese Io come Grillo? Bisogna innovare senza rivoluzioni»
ROMA - Il neo presidente del Coni nella redazione del Corriere dello SportStadio: è stata la sua prima intervista collettiva, il primo forum in veste di responsabile massimo dello sport d’Italia nel giornale che «da bambino mi scapicollavo per comprare» . Un pomeriggio a tutto sport: dall’attenzione alla carenza degli impianti alla promozione dello sport di base; dall’analisi del medagliere olimpico al calcio in qualità di tifoso come la maggior parte di noi. Giovanni Malagò non si è sottratto alle nostre domande, alle nostre curiosità: ha risposto a tutto con garbo misto a prudenza. La determinazione e le stilettate nel duello con Raffaele Pagnozzi durante la campagna pre-elettorale (del Coni,
Lè chiaro) hanno lasciato posto a una cautela spiccatamente politica. Peraltro, l’aveva detto prima dell’elezione e l’ha ribadito adesso: «Innovazione, non rivoluzione» . E’ presidente del Coni da poco, neanche dieci giorni (è stato eletto martedì 19) e ha già le idee chiare: frutto della sua esperienza in Giunta Coni e dei mesi trascorsi da quel 23 luglio 2012 quando annunciò la propria candidatura per la presidenza. Ha ribadito la volontà di lavorare per lo sport di base e di lottare contro quella piaga che è ancora il doping. Ha precisato che la qualità dello sport italiano non si giudica dal numero delle medaglie olimpiche. Tra aneddoti sul suo rapporto con la a sua vittoria al Coni è stata paragonata al boom elettorale di Grillo, interpretata come voglia di cambiamento.
«Sì, in questa prima settimana si è fatto un paragone tra la novità di Grillo sullo scenario politico con la mia elezione. Qualcosa di simile solo se pensiamo al fattore novità». Il modello Malagò creato al circolo Aniene: è possibile calarlo nella realtà dello sport italiano?
«Voglio portare entusiasmo, idee, energie. Innovazione, non rivoluzione. L’Aniene? Non sono cose paragonabili. Quando divenni a 38 anni presidente dell’Aniene, la situazione era simile. Era un circolo sportivo con una storia. Ora è il più importante in Italia, siamo un’eccellenza. Due facce di una stessa medaglia. Il club, con le sue regole, di stampo anglosssone. La società sportiva affiliata a 17 federazioni. Statuto paragonabile a un ente no profit. Siamo al 100% volontari. L’Aniene ha avuto una crescita impressionante in termini di occupazione, sociale, volontariato, sport, magari con qualche vantaggio anche a livello fiscale. 15 anni di bilanci in utile, diamo lavoro a quasi 250 persone, anche con Aquaniene. Se riuscissimo a replicare questo modello...» Capitolo doping, cosa ne pensa?
«Chi si dopa investe molto, chi si occupa di antidoping deve fare altrettanto. Spendere nella ricerca, nelle risorse umane. Più previeni, meglio è. Il problema di base è culturale. In alcuni Paesi il doping è sistema. Si tratta di cultura civica, più che sportiva». Cosa si può fare nel rapporto con la scuola?
«Quando ci si avvicina alle Olimpiadi si fanno le proiezioni sulle medaglie che si pensa di vincere. Ma anche se vincessimo 40 medaglie invece di 28 non risolveremmo i problemi dello sport italiano. Rifiuto il fatto che per misurare lo stato di salute dello sport ci si debba riferire al medagliere». La scuola: il Coni è un soggetto passivo, ma può in qualche modo dare un contributo?
«In parte già lo facciamo con i 7 milioni e mezzo di euro per l’alfabetizzazione motoria. In Friuli ad esempio c’è un progetto bellissimo. Il tema è strutturale. Se non facciamo la riforma, sono gocce nel mare. Se anche facessimo 8-12 ore di educazione fisica settimanale, come in certi Paesi, il problema diventerebbe dove e come farle. Se non rendiamo agibili, a norma, le palestre... E’ il sistema scuola che dovrebbe cambiare. Finite le lezioni si può fare attività con le associazioni e le società sportive. Insomma sinergia pubblico-privato, un sistema che consenta al privato di investire. I Giochi della Gioventù? Non ho la certezza che vada replicato quel modello. Ma è innegabile che si debba fare qualcosa per coinvolgere le scuole». Quanto la preoccupa l’instabilità politica?
«Sarebbe una follia se nell’ambito di certe scelte si toccassero le cifre dello sport. Già siamo scesi da 472 ai 411 mi- lioni. Un calo del 15%. E, piaccia o no, l’inflazione viaggia al 3%. Se devi riscaldare le piscine del Foro, il costo del gas è aumentato e più del 3%. Il Coni è stato molto abile nell’adattare i bilanci alla situazione. Ai tempi del Totocalcio la cifra era il doppio di quella di adesso » . La Fisi si presenterà all’Olimpiade di Sochi 2014 avendo avuto dimezzati i contributi in un quinquennio.
«Se vinciamo tante medaglie il merito non sarà mio, se non le vinciamo vi prego di non addossarmene la responsabilità. Conosco i numeri. Ho appena parlato col presidente Roda. Non so cosa posso fare, mi impegnerò. La Fisi da sola vale un’Olimpiade». La pallavolo l’ha fatto, il basket ci sta pensando: bloccare le retrocessioni come ricetta anti crisi.
«Penso non sia stata una precisa volontà ma una necessità. Le società hanno pagato dazio alla crisi. Ai mecenati un minimo di tranquillità gliela devi dare. Non sono assolutamente contrario. Non sarebbe male se si evitasse di valutare la bontà di una società sulla base di salvezza o retrocessione. In America non esistono retrocessioni, ma lì ci sono le franchigie, che vanno dove c’è il business. Ve la immaginate da noi la Roma che trasloca a Torino?» Gli atleti del Circolo Canottieri Aniene che hanno partecipato all’Olimpiade di Londra. Tra questi Sensini (vela); Idem (canoa); Mornati (canottaggio); Gemo, Marin, e Pellegrini (nuoto); Pennetta (tennis) Gli sport seguiti a livello agonistico dal Circolo Canottieri Aniene. Sono: canoa, canotaggio, nuoto, tennis e vela Gli sport seguiti a livello amatoriale e master dal Circolo Canottieri Aniene. Sono: atletica leggera, biliardo, bridge, calcio a 5, ciclismo, paddle, triathlon. Poi tre sport paralimpici: canottaggio, nuoto e vela. Ferrari e sull’incontro che avrebbe dovuto restare segreto con James Pallotta, attuale presidente della Roma, ha spaziato su tutti gli sport, non solo quelli olimpici. Il contenuto del suo forum è sembrato un elenco di buone intenzioni e non poteva essere altrimenti; lo aspetteremo tra quattro anni, alla scadenza del mandato, per un primo reale bilancio. SUPERTIFOSO Giovanni Malagò, 53 anni, in tribuna all’Olimpico con l’immancabile sciarpa giallorossa. Il presidente del Coni è tifosissimo della Roma (Ansa) Titoli sportivi in affitto, che ne pensa?
«Nel basket Petrucci eredita una situazione non semplice, è la persona più autorevole a risolverla. E’ un’onda che parte da lontano: Torino, Firenze, Sicilia, Napoli. Benetton che lascia è come se scomparissero il Milan o la Juve... E’ come il discorso sulle medaglie: va riformato il sistema». Quanto costa la corsa alla spettacolarizzazione dello sport?
«Lo sport deve mantenere le proprie tradizioni, ma non può pensare che i tempi non cambino. Il canottaggio è una religione. Valori, rispetto degli avversari, quando loro facevano gare altri sport non esistevano. Ma ha ancora gare sui 2000 metri che dalla tribuna non si riescono a seguire. Ci sono sport che si sono trasformati. L’obiettivo dev’essere la visibilità, integrare la comunicazione con l’evento. Nel 2005, per la finale degli Europei di pallavolo a Roma, scegliemmo una domenica senza calcio, avemmo 4.851.000 telespettatori, con uno share del 21,82%. La gente è affamata, se gli dai un prodotto che vale, risponde». Il Golden Gala è un grande evento, cambierà qualcosa con il nuovo presidente Fidal, Giomi?
«Tutto quello che ha funzionato non si cambia. Caso mai bisognerebbe cercare di farlo funzionare meglio. Alfio Giomi? Gli sono riconoscente». Lo sport fatica a trovare nuovi dirigenti.
«Sono dei volontari, come si fa a pretendere che siano primi della classe? Il Coni può garantire formazione e supporto. Vedo sinergie con le piccole federazioni, aiutandole nei contatti con sponsor e Tv». La grande crisi economica ha messo in ginocchio molti club, in diversi sport.
«Senza società sportive non si va avanti. I club soffrono la crisi, ma bisogna che si rimbocchino le maniche e tirino fuori modelli diversi, competitivi sul territorio. Ci sarà una selezione naturale ma il sistema sport deve supportare chi ha investito onestamente, ci sono mille strumenti per farlo». E volevano mettere i soldi spesi per lo sport nel redditometro...
«Non solo non dovrebbe essere indice di benessere, ma ci vorrebbe uno sgravio fiscale per quei soldi spesi dalle famiglie». Con lei si comincerà a pensare al futuro nel Cio, al ricambio delle presenze italiane?
«E’ più che un dovere da parte del Coni. Ci sono 12 presidenti internazionali, istituiremo un gruppo di lavoro, ci dovrà essere un coordinamento. Oggi se non aggredisci un argomento, la matassa non la sbrogli. C’è una politica internazionale da portare avanti come l’Italia merita». Al Mondiale di Formula 1 servirebbe il ritorno al successo della Ferrari.
«La Formula 1 ha bisogno come l’aria di un titolo alla Ferrari, dopo tre anni di Red Bull».