I PIU’ PRESENTI: HAMSIK SECONDO
Giocatore Minuti* Presenze 1° Borja Valero (Fiorentina) 2.408 26 2° Marek Hamsik (Napoli) 2.403 26 3° Juraj Kucka (Genoa) 2.378 25 4° German Denis (Atalanta) 2.354 26 5° Andrea Barzagli (Juventus) 2.352 25 6° Javier Zanetti (Inter) 2.340 25 7° Andreas Granqvist (Genoa) 2.338 25 8° Gabriel Paletta (Parma) 2.324 25 9° Alessandro Gazzi (Torino) 2.302 25 10° Dario Dainelli (Chievo) 2.288 25 * Dati ufficiali della Lega Calcio. Sono compresi i minuti di recuperi. FIRENZE - Il dato iniziale è impressionante. Borja Valero è oggi, dopo 26 giornate di campionato, il giocatore di movimento rimasto più a lungo sul campo, uno dei pochi sempre titolari e quello meno sostituito. Secondo i dati ufficiali della Lega Calcio ha giocato 2.408 minuti compresi i recuperi, 5 minuti in più di Marek Hamsik, mezz’ora più di Kucka. Ma anche senza contare i recuperi, che per gli appassionanti della statistica non hanno molto valore (o quanto meno lasciano aperte varie interpretazioni), lo spagnolo della Fiorentina resta davanti ad Hamsik: 2.305 minuti contro 2.298. Sono gli unici (portieri a parte) ad aver giocato tutte le partite e tutte da titolari, Borja è stato sostituito 5 volte, Marek 9. LA SORPRESA - Ma se tutti conoscono, da tempo, l’importanza tecnica, tattica e carismatica dello slovacco nel Napoli, nessuno poteva immaginare che in pochi mesi, anzi, in poche settimane, Borja Valero potesse diventare un giocatore fondamentale per la Fiorentina. Perfino Montella, in qualche recente dichiarazione, ha confessato la sua sorpresa. Ha cominciato spazzando via un luogo comune secondo cui gli spagnoli non sono adatti al calcio italiano. O meglio, ha sfruttato con prontezza e intelligenza l’assist che gli ha offerto il suo giovane allenatore quando gli ha parlato del calcio che aveva in testa per la Fiorentina: il possesso palla. Ha convinto fin dalla prima partita. LA QUALITA’ - Borja conosce i segreti del palleggio. Come se avesse tradito le sue origini di club, sembra più barcellonista che madridista. Non sarebbe fuori posto se sedesse sulla panchina del Barça per far riposare una volta Iniesta, una volta Xavi. Ciò che ha davvero colpito di lui è stata la rapidità con cui ha capito il calcio italiano, diventando in un attimo l’interprete ideale della linea montelliana. Pizarro e Aquilani sapevano già di cosa si parlava, Borja no, era all’oscuro di tutto. Era appena uscito dalla disfatta del Villarreal, poteva sentirsi disorientato, poteva chiedere tempo e gli sarebbe stato concesso. Invece è piombato nella squadra e non è più uscito. Non c’è, in Serie A, un giocatore come lui, con la sua completezza. Ce ne sono alcuni più bravi, Pirlo per esempio, ma non così totali. Borja ha sostanza, spessore, tecnica e visione di gioco, tutte caratteristiche del regista classico, ma in più ha la corsa. Quando capisce che è arrivato il momento di pressare, lo vedi scattare anche per 30 metri, così da affrontare e mettere in difficoltà l’avversario che in quel momento ha la palla. Unico difetto: segna troppo poco, dopo 26 partite un solo gol.