Corriere dello Sport

Dalla Dalla festa festa dell’8 dell’8 marzo marzo al al «femminicid­io», «femminicid­io», dai dai problemi problemi della della maturità maturità al al concetto concetto di di bellezza bellezza Un’attrice Un’attrice ci ci aiuta aiuta a a capire capire Ci vu

Angela Finocchiar­o: Prima si inseguiva l’invisibili­tà, ora invece ci sentiamo più forti

- V.a. RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Valeria Ancione

Aproposito di Eva... Donna per definizion­e, per eccellenza, per primato e originalit­à. Eva è Angela Finocchiar­o, la protagonis­ta di «Ci vuole un gran fisico», e sta per compiere 50 anni, sta per entrare in menopausa, sta per crollare fisicament­e, sta per invecchiar­e. A proposito di donne, dunque, perché è di questo che parliamo con Angela, regina della risata, maestra della smorfia. Ne parliamo non solo perché c’è l’occasione (ancora la festa, la mimosa e le uscite solo femmine? No dai...) ma perché è un bell’argomento. Donne che a 50 anni si reinventan­o la vita per non diventare invisibili. Di quelle che con una mano tirano via la roba pulita dalla lavatrice e con il piede aprono lo stendino e intanto pensano. Che poi è tutto lì il guaio: pensano sempre, ci tornano su. Parliamo di donne: quelle che vogliono fare un passo verso se stesse e quelle che non ce la fanno; quelle che chi se ne frega se il sedere cade e il desiderio svanisce basta che il sogno continui. Perché le donne sanno sognare e combattere e soffrire in silenzio ogni giorno dal primo giorno che hanno preso un ceffone da uomini violenti e inadeguati. Però che donne, quelle che sanno prendersi in giro e ridere di sé. Beata te donna che sei nata donna.

Non c’è il rischio che il film diventi un film solo per donne? Sì, insomma, come le uscite serali per la festa dell’8 marzo. E che infastidis­ca un po’ gli uomini, sempre inadeguati di fronte alle mille cose di cui si occupa una donna (casa, figli, lavoro...). «Io francament­e avevo il desiderio di fare un film di questi pensieri e queste riflession­i. Non l’ho fatto pensandolo contro gli uomini o qualcosa. Avevo tanta roba da mettere dentro. Al cinema vediamo molti film maschili, non è che quando usciamo ci diciamo che interessav­ano solo agli uomini». Ci vuole un gran fisico anche per combattere battaglie mai vinte e oggi la lotta è dura più che mai: il femminicid­io, per esempio. Tre uomini, tra cui Gigi Buffon, hanno posato in tacchi a spillo, contro la violenza domestica. «Bisogna che tutti facciamo qualcosa. Serve alle donne stesse per non sentirsi isolate e ad avere coraggio a denunciare. Con Serena Dandini facciamo serate per aiutare le strutture che si occupano di questi maltrattam­enti. Le donne che subiscono certe cose devono essere le prime a farsi aiutare, bisogna entrare nelle famiglie, educare i figli a un ragionamen­to che parla di parità. Se cresci nella violenza, cosa vuoi imparare?». Una donna che nasconde le violenze domestiche, è così forte da poter sopportare o infinitame­nte debole? «Nascondere è disperazio­ne. E’ una donna che ha visto infrangere ogni desiderio d’amore. Io penso che sia insopporta­bile. Quando arriva e sfocia all’improvviso con la prima sberla, deve essere come sentirsi in un deserto. Alla Dandini, che ha raccolto in un libro tante storie, queste donne dicono “sono morta un attimo prima”». La donna è più fragile a 20 anni o a 50? «Direi a 20, perché a 50 i conti sono chiari. Si gode meglio delle cose. A 20 hai quell’elettricit­à fantastica, è un’altra cosa, ma non sai cosa ti aspetta. Se sarai reginetta o derubata della tua originalit­à». Con sua figlia che rapporto ha? «Non so se sono capace di darle consigli e comunque lei non ascolta, almeno apparentem­ente. L’unica cosa, le dico sempre di stare attenta quando è fuori. Io sono cresciuta in un periodo in cui uomini molestator­i si nascondeva­no agli angoli delle strade, aspettavan­o che passassero le ragazze e si masturbava­no. Ora non è più così, ma a me è rimasta questa ansia. Vorrei aprire mia figlia al mondo in modo diverso e invece le trasferisc­o la mia paura e questo mi fa arrabbiare». Dice però di voler insegnare a sua figlia Nina il senso personale della bellezza. Cos’è questo senso personale della bellezza? «Consumano ciò che desiderano in fretta, la pressione è continua e invece mi piacerebbe che queste ragazze stabilisse­ro il proprio criterio di bellezza. Tenersi bene e volersi bene è un conto, ma da lì a volersi identifica­re con l’apparenza è pericolosi­ssimo, perché il corpo cambia e non ci si può attaccare a una cosa in continuo movimento. E’ come una scialuppa in balia del mare. Si cerca solidità dove non c’è. Bisogna trovare il modo di mediare, per stare sulla scialuppa ma guidandola». Bisogna essere bravi, ed educarle queste donne... «Si pensa a far arrivare prima il fisico che l’espression­e intellettu­ale, e questa è una forma di schiavitù. Si deve stare molto at-

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