ROSSI E LORENZO QUANDO L’UOMO VA OLTRE
i sono dei giorni, nello sport, che ci rendono felici. Una felicità effimera, forse stupida, ma incredibilmente reale. Non accade quando a vincere è la nostra squadra, ci vuole qualcosa di più, qualcosa di universale, quasi, capace di renderci orgogliosi come esseri umani.
Solitamente accade quando un atleta compie una grande impresa, o fa qualcosa che mai è stato fatto prima, si spinge, insomma, oltre i propri limiti.
Ci è accaduto, recentemente, per l’impresa di Felix Baumgartner, il paracadutista che il 14 ottobre scorso si è lanciato nel vuoto da quasi 39.000 metri superando nella caduta la velocità del suono.
Vedendolo sporgersi dalla sua navicella ci è salito il cuore in gola, come fossimo stati al suo posto. Poi siamo stati con lui nella discesa, trattenendo il fiato e cercando di immaginare cosa stesse pensando in quel momento. E quando lo abbiamo visto sollevare le braccia, una volta atterrato, ci siamo ritrovati con gli occhi pieni di lacrime.
Hai voglia a dire che Felix era stato pagato profumatamente, per farlo. Noi non ne saremmo stati capaci, ma il fatto che un altro uomo si fosse offerto di provare, al posto nostro, ci rendeva simili a lui.
Ciò è esattamente quel che ci è successo nuovamente ieri. Per quarantacinque minuti siamo stati Jorge Lorenzo e Valentino Rossi sulla pista di Assen. L’uno impegnato, trentasei ore dopo una frattura e relativa operazione, a sconfiggere il dolore, l’altro a scacciare i fantasmi di una carriera che alcuni dichiaravano ormai finita.
Vincere è relativamente facile. Quel che è difficile è sconfiggere la paura di non farcela. Ed è questo ciò che hanno dovuto affrontare, ieri, Vale e Jorge. Che ci hanno fatto vivere, attraverso la loro impresa. E grazie a loro, oggi, noi sappiamo che se messi alla prova possiamo incassare il colpo più duro, reagire, e guardare dall’alto l’abisso sapendo che il vuoto non esiste e l’uomo, se vuole, è capace di volare.