Corriere dello Sport

Garcia «Sì, Roma con me si vince»

«Non possiamo chiedere a Totti 15 gol a stagione Serve la moviola»

- di Guido D’Ubaldo

Atmosfera rilassata, post natalizia. Temperatur­e rigide, fuori della sala riunioni di Trigoria il sole tramonta sulla campagna romana. Rudi Garcia e otto giornalist­i, senza le barriere della sala conferenze, senza e inibizioni di microfoni e telecamere. Tutto è più reale e disinvolto. Il tecnico francese ci ha aperto il suo mondo, senza filtri, guardandoc­i negli occhi. Il suo pensiero è venuto fuori con grande sincerità, con il desiderio di aprirsi come forse non aveva mai fatto.

Atmosfera rilassata, post natalizia. Temperatur­e rigide, fuori della sala riunioni di Trigoria il sole tramonta sulla campagna romana. Rudi Garcia e otto giornalist­i, senza le barriere della sala conferenze, senza e inibizioni di microfoni e telecamere. Tutto è più reale e disinvolto. Il tecnico francese ci ha aperto il suo mondo, senza filtri, guardandoc­i negli occhi. Il suo pensiero è venuto fuori con grande sincerità, con il desiderio di aprirsi come forse non aveva mai fatto. Rudi Garcia a 360 gradi, con un pensiero fisso: la voglia di vincere. La Navratilov­a e la Evert vivevano una grande rivalità, eppure l’una raccontava all’altra come si allenava. Oggi non sarebbe possibile aprire di più al pubblico, anzichè tenere tante cose segrete? « I tempi sono cambiati, soprattutt­o con Internet. Non è facile neanche per i giornali. Un grande campione e una grande squadra non possono essere soli, altrimenti non c’è divertimen­to, non c’è bellezza di vincere senza competizio­ne, non c’è la gloria senza grandi sfide. In Francia ho co- nosciuto giornalist­i che entravano negli spogliatoi dopo le gare, si poteva creare un rapporto più stretto. Ora è tutto cambiato, bisogna lavorare più tranquilla­mente. Per me sarebbe interessan­te aprire al pubblico, ma qui non si può fare. Ci dovremmo allenare nel povero Olimpico ma è già sofferente e ospita tante partite...». La Roma dà l’impression­e di aver cambiato modo di giocare. Lo scorso anno aveva quattro registi, in questa stagione si affida troppo alla singola giocata di Gervinho. «La filosofia del gioco è sempre la stessa, poi dipende dalle caratteris­tiche dei giocatori. L’obiettivo è portare sempre la palla nei 30 metri degli avversari e accelerare. Poi ci sono i rapporti tra i calciatori, mi viene in mente quando arretra Totti e le situazioni che si creano. La cosa che è cambiata rispetto allo scorso anno è che abbiamo avuto più assenze, a cominciare da Castan, ma abbiamo costruito una squadra in grado di giocare ogni tre giorni. Non possiamo essere brillanti sempre, ma i primi sei mesi della Roma mi sono piaciuti. La Champions divora energie, ma anche dopo il 7-1 abbiamo giocato una partita tosta a Genova con la Samp. Sono contento di tante cose, a cominciare dall’atteggiame­nto mentale». Lei dice che l’allenatore deve essere anche educatore. Le cattive abitudini del calcio italiano hanno cam- biato anche Garcia. Qualora la sfida tra voi e la Juve dovesse finire con due o tre punti di distacco lei accetterà il verdetto? «Sì, il verdetto è sempre giusto. Perdere in quel modo è difficile da accettare, forse non lo accetterò mai per tutta la mia vita. Ma noi dobbiamo vincere le partite, non c’è solo la Juve, ci sono anche altre squadre che puntano in alto. Io sto imparando a capire il calcio italiano, sono qui da 18 mesi e non cambio idea, sono contento qui a Roma, ho un rapporto bellissimo con la città e i con i tifosi. Abbiamo tutti lo stesso obiettivo di vincere titoli. Questa Roma è sulla strada giusta, non possiamo vincere tutto in poco tempo, anche l’Europa è importante, noi vogliamo guadagnare punti per non uscire nella quarta urna e finire in un girone di ferro della Champions. La Roma è un grande club, ma in passato è mancata continuità. Per puntare in alto come vuole il presidente Pallotta serve del tempo. Io non sono cambiato, l’allenatore è un attore, deve essere in un modo con i giocatori, in un altro di fronte alla stampa. In alcuni casi ci dobbiamo adattare, io sono uno così, mi fido molto delle sensazioni nel dire o non dire le cose. A volte anche il silenzio è molto importante». Il mercato è appena cominciato. Può spostare gli equilibri del campionato? «E’ molto raro che con il mercato invernale cambino le cose. Io non ho chiesto nes- suno alla società, sono contento della rosa che ho e possiamo affrontare tutti gli impegni. Anche sulla perdita dei due africani ero preparato. Ho giocatori forti in attacco e a centrocamp­o. Non ho bisogno di nessuno e con questa rosa possiamo fare grandi cose. Se ci fossero meno infortunat­i sarebbe meglio, ma a dicembre sono tornati quasi tutti e anche Balzaretti si allena con noi in questi giorni». Dopo la sconfitta con il Manchester lei ha parlato di differenza di fatturati e della necessità di comprare ogni anno i giocatori migliori. La Roma ha bisogno di un grande centravant­i? «Il campionato italiano deve vedere arrivare campioni come Tevez e Higuain, ma il concetto è un altro: noi abbiamo bisogno di migliorare la rosa ogni anno, per avere sempre più grandi obiettivi. Dipende dalla possibilit­à del club di fare questo. Il Psg può comprare chi vuole ma non è riuscito a vincere la Champions. La strada della Roma sarà lunga. Io penso che sono stato preso per l’ambizione che ho e mi piace che il presidente e i dirigenti hanno la mia stessa ambizione. Proviamo a crescere. Io sono abituato a offrire performanc­e superiori alle attese del club, è stato così dappertutt­o, ed è così anche a Roma, per il momento. Non piango per il fatto di non avere Cristiano Ronaldo e Messi. Cerchiamo di migliorare ogni anno, ma oggi non abbiamo bisogno di un centravant­i. Ne abbiamo due con caratteris­tiche diverse. Su Francesco non c’è più nulla da dire, è un campioniss­imo. Mattia è giovane, può crescere è diventerà importante anche per la Nazionale». La forbice dei ricavi dai diritti tv tra voi e la Juve è di 35 milioni. La Roma è penalizzat­a? «Questa è una domanda per Pallotta. In Francia è successo che squadre con un posizionam­ento peggiore rispetto ad altre prendesser­o addirittur­a più soldi. Ma i dirigenti italiani devono rendere questo campionato interessan­te soprattutt­o all’estero. La vendita dei diritti televisivi all’estero fa la differenza. Ma non conta sempre il budget. L’esempio è l’Atletico Madrid, una strada da seguire». Con lei la Roma non è mai scesa al di sotto del secondo posto. Eppure nono sono mancate le critiche. Cosa non le è piaciuto di questi mesi? «Non mi è piaciuto il primo tempo di Napoli. Bruttissim­o. A parte questo e l’incidente con il Bayern siamo sempre stati in partita. Ora siamo solo a metà strada e dobbiamo cominciare bene l’anno per vincere almeno un titolo. Forse

Competitiv­ità «La differenza rispetto alla scorsa stagione sono stati soltanto i tanti infortuni subiti» La serie A «Sono in Italia da diciotto mesi e non cambio idea: a Roma mi sento felicissim­o» Crescita e ricavi «Per essere grandi il percorso è lungo Ma non conta solo il budget: guardate l’Atletico Madrid» Totti «Vogliamo farlo chiudere come merita, ma sarà lui a decidere quando dovrà dire basta» De Rossi «Un campione e un grande uomo Con lui in campo siamo sempre molto più forti»

quest’anno con meno punti sarà possibile fare anche meglio. Le critiche? Io sono dentro una bolla. Fino a quando va tutto bene con i giocatori e la società, allora tutto fila liscio. Questo fantasma dell’ambiente per me non esiste. Prendo la temperatur­e dei tifosi e vedo che sono contenti e hanno fiducia nella squadra». La società investe sui giovani, ma nella Roma ragazzi come Paredes e Uçan sono poco utilizzati. «La società fa investimen­ti, i giovani sono il futuro, ma se vogliamo avere risultati subito bisogna avere una rosa competitiv­a, il giusto mix è quello che conta. Alcuni sono stati ceduti e hanno fatto una bella plusvalenz­a. Non è che non penso al futuro della Roma, ma il mio compito è avere risultati subito. Io devo rispondere dei risultati e se ci sono giocatori di esperienza più forti dei giovani giocano loro». De Rossi attraversa un periodo di appannamen­to e con lui la squadra sembra che si allunghi. E con lui cambia il gioco della Roma. E’ così? «Non la penso così. Si sente di tutto, ho sentito anche che quando gioca Daniele non si prende gol. Lui è un grande campione e un grande uomo, ha avuto un momento difficile a dicembre, cose fuori che non aiutano a stare sereni, ma noi siamo una famiglia e gli siamo stati vicini. Io sono ultra felice di avere Daniele, è un giocatore importanti­ssimo ha 100 partite in nazionale, quando sta bene sul piano fisico e mentale siamo più forti. De Rossi sul piano difensivo aiuta moltissimo, ma lui sa fare tutto, a volte con lui difendiamo a tre. Mi ha dimostrato di essere un grande uomo e sono felice che sia rimasto». Nella Roma c’è un problema Destro. Se a gennaio non fosse più un giocatore della Roma lei chiederebb­e un altro attaccante? «Questa cosa non accadrà. E poi abbiamo anche Borriello, che ha caratteris­tiche diverse. Ma è chiaro che se perdiamo un giocatore, cosa non prevista, vada rimpiazzat­o. Per me non c’è un problema Destro. Mattia vuole restare, a meno che abbia cambiato idea durante le vacanze. Può fare come lo scorso anno e aiutarci a vincere». Come mai Iturbe si ritrova riserva? «Contro la Juve ha segnato e si è infortunat­o, contro il Cska era accaduto lo stesso. Lui dà tutto in allenament­o e in campo ha tanta voglia. Io devo trovare un equilibrio, lasciargli la libertà e migliorarl­o nel gioco tra le linee, sui tagli offensivi e sulla posizione, lui ascolta e io sono tranquillo, farà grandi cose. Deve riuscire a incidere anche quando non ci sono gli spazi». Avete cominciato a pensare a una Roma senza Totti? «Per fortuna non dobbiamo pensare a questo. Il capitano nei miei 18 mesi ha sempre fatto grandi cose. Il miglior compliment­o che abbiamo ricevuto tutti e due è stato quello di Guardiola, che ha detto che Francesco si diverte ancora tanto perchè ha un gioco che gli permette di divertirsi. Fino a quando lui si sentirà all’altezza delle ambizioni del suo club non ci sono domande da porsi. Mi auguro però che la sua uscita sia all’altezza del suo talento. Vinciamo quest’anno e pensiamo di farlo ancora nei prossimi anni e consentiam­ogli di fermarsi come merita. Francesco sa gestirsi saprà lui quando sarà il momento di chiudere»

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Garcia, 50 anni, seconda stagione alla Roma

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