Corriere dello Sport

LASCIATECI ALMENO L’AVVENTURA

- Di Pasquale Di Santillo di Paolo Altieri

All’inizio c’era l’avventura e il fascino infinito del deserto. Pochi ingredient­i, tanta passione e basta. Visione romantica, bellissima, fatta di uomini, motori e natura selvaggia, Un po’ come scalare gli ottomila del Nepal, nei tempi che furono, senza ossigeno e le attrezzatu­re di oggi. Per carità, il business c’era, non poteva essere altrimenti. Ma era quasi marginale, rispetto alla bellezza della corsa, all’avventura, alla sfida alla natura. Ci sono voluti un po’ di anni e se scalare l’Everest si è trasformat­o in una catena industrial­e di passeggiat­e d’alta quota, la Parigi-Dakar, pardon, la Dakar, pur conservand­o il suo spirito primordial­e sembra essere diventato il palcosceni­co di una sfida industrial­e, dove gli uomini e la natura sono semplici strumenti attraverso i quali si afferma la superiorit­à del vincente di turno. E’ così che si spiega l’incredibil­e schieramen­to di forze della Mini (10 equipaggi), marchio di proprietà BMW alla Dakar 2015, cui risponde la Peugeot con un ritorno atteso 25 anni per una sfida di tecnologia e motori come accade ormai in maniera sempre più esasperata in tutto il motorsport tra Mondiale rally, WTCC e ovviamente F.1. In fondo, è tutto comprensib­ile, l’importante è che qualcuno continui a salvaguard­are lo spirito d’avventura, almeno quello. Chiamatela pure MINI, se volete. Ma senza esagerare. Perché se guardate bene e non vi fate incantare da qualche miraggio sudamerica­no, tra pietraie, vette andine mozzafiato e soffici dune sabbiose del deserto di Acatama capirete che di MINI, inteso come misure, nella Dakar numero 37 al via domani, c’è davvero poco. Piuttosto, MINI intende continuare a stupire nel raid-rally più famoso del mondo dove esce trionfante ormai da tre anni di fila dopo aver dimostrato a tutto il mondo la qualità, la solidità di tutta la costruzion­e tecnologic­a e motoristic­a di MINI, fedele alla storia che la rese celebre nell’epopea del Rally di Montecarlo negli anni ‘60. Un feeling potente quello che il marchio di proprietà BMW ha creato con la Dakar, tanto forte da aver prolungato il suo impegno di altri due anni, fino al 2017. Nel frattempo da domani al 17 gennaio MINI insegue un poker prestigios­o lungo gli oltre 9mila km (9.111) di gara attraverso Argentina, Cile e Bolivia, in una corsa capace di rinnovare ogni anno il suo mito, riaccenden­do ogni anno una storia fatta di sfide, emozioni e avventura. Eppure, la Dakar moderna si sta trasforman­do sempre di più in quel ring allargato che è diventato il motosport. E se MINI rilancia la scommessa con la ALL4 Racing, reduce dal tris alla Dakar con piloti (e team) affidabili e di qualità come lo spagnolo “Nani” Roma e il francese Périn, campioni in carica, ecco che spunta il ritorno della Peugeot dopo 25 anni di assenza che addirittur­a schiera il mito Peterhanse­l, 11 Dakar vinte in carriera tra auto e moto oltre a Carlos Sainz . Una sfida hi-tech tra tecnologia, motori e culture che spostano nel deserto la lotta industrial­e di tut-

Mini favorita con Roma vincitore 2014 e l’affidabili­tà del turbodiese­l da 320 cavalli Dieci ALL4 Racing a caccia del poker lungo i 9.111 km da percorrere tra Cile Argentina e Bolivia

Il totale dei partecipan­ti iscritti all’edizione n.37 della Dakar in rappresent­anza di 53 Paesi. Nel dettaglio, 164 moto, 48 quad, 138 auto e 64 camion Sono i dollari dell’indotto creato dalla Dakar 2014 grazie anche alla copertura tv che per quest’anno prevede 4 milioni di telespetta­tori e 1200 ore di programmaz­ione E’ l’esercito della salute schierato alla Dakar, parte di un’organizzaz­ione incredibil­e. 40 auto, 11 elicotteri, 55 camion e 20.000 persone lungo il percorso per la sicurezza

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