Da Ancelotti a Spalletti quanti grandi a spasso
In attesa, sotto contratto, in pausa voluta o meno: c’è un esercito di allenatori italiani senza panchina
Luciano Spalletti l’altro giorno era al Ferdeghini di La Spezia, stava lì dal suo amico ed ex compagno Pietro Fusco, che ora fa il tecnico nelle giovanili spezzine: visita di cortesia, in attesa di. Cesare Prandelli per sua stessa ammissione è rimasto intrappolato in una data, 24 giugno 2014, il naufragio azzurro di Natal, nell’incubo c’è Godin che fa gol all’Italia e la sbatte fuori dal Mondiale. Il resto - il fallimento al Galatasaray, i tre milioni di buonuscita, i dubbi e poi il rifiuto di allenare il Giappone, il nuovo taglio di capelli, le vacanze con la compagna Novella e il di lei figlio Bonaccorso detto Tappo - sono strascichi: le conseguenze dell’orrore.
Ancelotti ha detto no a Berlusconi, si è preso un anno sabbatico e tra un mese diventerà l’opinionista per il calcio europeo di Sina Sports, il colosso cinese con oltre 100 milioni di utenti. Carlo appare pure in un video, dove si azzarda a parlare in cinese. Lippi sta in bermuda e polo a Viareggio, oltre il mare sogna una grande nazionale e incassa l’investitura di Marot- ta, che lo vorrebbe a capo della Figc al posto di Tavecchio. Capello si è messo in tasca i quindici milioni di buonuscita che la Federazione russa ha sborsato per toglierselo di torno, li investirà in immobili e opere d’arte come al solito, intanto è reduce da un flop che nemmeno Charlie Brown: per la cena d’addio aveva prenotato per cinquanta tra giocatori e staff, si sono presentati in quattro: tanti auguri a te.
Guidolin ha interrotto non senza veleni il rapporto con l’Udinese, di fare il supervisore non gli va più, ha ricaricato le pile, è andato umilmente a studiare gli allenamenti di Guardiola e di Sarri e ora ha fame di campo e vuole rimettersi in gioco, ma all’estero; così come Mazzarri, che nel suo eremo sta prendendo lezioni di inglese. Dicono che quando si siede davanti alla tivù per vedere le partite fa esattamente quello che faceva in campo: immagina, prevede lo sviluppo della gara, anticipa le mosse del collega. Insomma: fa l’allenatore, però sul divano. In Primavera l’ex tecnico dell’Inter ha girato l’Inghilterra, ha visto svariate partite: si chiama aggiornamento professionale. Studiano, ripassano, viaggiano, vanno, tornano, prendono appunti, stanno sul pezzo. Per dirla alla Nanni Moretti: vedono gente, fanno cose. In sostanza: aspettano, waiting for una panchina, nel mentre le dita friggono compulsive sullo smartphone. L’utente è sempre raggiungibile. Quando li chiami, confermano qualche contatto, attendo il Progetto, con la P maiuscola, ma sono ben consci - l’hanno sperimentato sulla propria pelle - che questo calcio «fast and furious» di progetti si riempie la bocca, salvo poi rigettarli dopo pochi mesi. ITALIA SI’, ITALIA NO. La Premier è la terra promessa anche per Stramaccioni; mentre l’estate di Inzaghi - povero lui - è uno stillicidio di veleni gratuiti, tra Cerci che si dice deluso del suo ex allenatore e Pazzini che svela liti furibonde, fino a tale Guendalina Canessa, di professione ex gieffina, che si vanta di aver resistito al suo corteggiamento e
I superpagati Spalletti è legato allo Zenit Mazzari studia l’inglese e sogna la Premier
di averlo respinto in corner, impresa mai riuscita alla difesa del Milan l’anno scorso. Due magre consolazioni per Pippo. La prima: quando era in vacanza a Formentera i ladri si sono intrufolati nel suo attico di Milano, ma i vicini hanno chiamato i carabinieri e il colpo è fallito: non hanno rubato niente. La seconda: Antonio, un ragazzo di Avellino, si è tatuato sulla schiena il nome di Inzaghi con il numero 9: la maglia dell’idolo sulla pelle. Inzaghi, pure lui, aspetta: c’era stato un contatto con il Sassuolo; cerca squadre di quella fascia là, per ripartire e tenere fede alla promessa che fece quando si accorse che il Milan gli stava dando il benservito: allenerò altri vent’anni. C’è chi pensa alle nazionali (Ancelotti, Capello), chi a sogni che non si sono mai concretizzati (Prandelli e la Juventus, Spalletti e il Milan); altri che invece sono pronti a cogliere l’occasione, come è giusto che sia. Allenatori in esilio, sì, ma raramente volontario; stanno alla fermata del tram, lo sguardo oltre la curva. Declinano un solo verbo: ricominciare. Vedi alla voce Montella, che sta parlando con la Sampdoria. Il problema è il tempo che passa. L’ultima volta che Del Neri si è seduto su una panchina (Genoa) era il gennaio del 2013; lo stop di Spalletti è datato marzo 2014: tornare in sella è un bisogno fisiologico. Il profumo dell’erba, la tensione pre-partita, la quotidianità del tuo lavoro. Se sei un allenatore devi allenare. Tutto il resto è noia. Non ho detto gioia.
Gli ex ct Prandelli è reduce da due delusioni Capello cacciato dai russi. Per Lippi c’è l’ipotesi Figc La rivincita Stramaccioni e Inzaghi cercano un’altra chance Guidolin pensa a ricominciare