PIOLI: «INTERISTA? SÌ, MA A 13 ANNI»
Un pensiero per Giampaolo poi il nuovo allenatore ha puntato subito alto
Milan, il nuovo allenatore archivia il passato nerazzurro e promette «Saremo spregiudicati e andremo in Champions». Samp, no di Gattuso
«Rispetto i tifosi: possono criticare ma per diventare uno stimolo in più»
«Voglio sfruttare le caratteristiche di tutti. Leao super, Paquetà è mezzala»
«Il tempo è poco ma sono sicuro di poter fare un ottimo lavoro Io tifoso dell’Inter? Quando ero un bimbo paffutello di 13 anni...»
Avrà anche cominciato male il campionato, ma il Milan non ha cambiato obiettivo, ovvero la qualificazione in Champions. E proprio per continuare ad inseguirlo è stato deciso il cambio in panchina: fuori Giampaolo e dentro Pioli. Pazienza se i tifosi contestano, il tecnico parmigiano è convinto che ci siano tutti i presupposti per rilanciare il Diavolo. Anzi, arriva con tale voglia di calarsi nell’ambiente rossonero, da “abiurare” l’antica fede interista, derubricata a semplice passione giovanile.
Stefano Pioli, con quale spirito comincia questa nuova avventura?
«Sono stato chiamato da un grande club. Arrivo con entusiasmo e passione, con la certezza di poter fare un ottimo lavoro».
L’accoglienza dei tifosi non è stata la migliore...
«Li rispetto, hanno diritto di critica. Per me, comunque, è un ulteriore stimolo. Lavorerò in tutte le direzioni: sulla testa dei calciatori, sulla disposizione in campo, sui concetti e sui principi di gioco».
Cosa lascia Giampaolo?
«E’ un ottimo allenatore, ma abbiamo idee diverse. Dovrò fare in fretta a trasmettere le mie. Troverò certamente un gruppo che ha la cultura del lavoro, perché rientra nelle peculiarità del mio predecessore».
Tre aspetti che vuole vedere nel suo Milan?
«Idee, intensità e spregiudicatezza».
Arriva al Diavolo con la patente di tifoso interista...
«Il passato è passato. Non è il caso di confondere un ragazzino paffutello di 13 anni, pieno di capelli, con un uomo maturo, pelato, un professionista con una grande voglia di fare bene. I giudizi devono riguardare il mio lavoro, non quello che pensava un ragazzino che non aveva ancora le idee chiare».
Che tipo di sensazioni ha?
«Sono sempre ottimista quando comincio una nuova esperienza. Le difficoltà ci sono, ma bisogna lavorare con intensità e, soprattutto, diventare una squadra coesa il prima possibile. Da tecnico, mi adatto ai calciatori. Mi sento un insegnante: devo migliorarli individualmente per farli crescere anche come collettivo. Ci sono tutte le condizioni per fare bene, compreso l'appoggio della società. I tifosi sono esigenti. Tocca a noi essere all'altezza».
Ha già individuato un aspetto su cui intervenire con più fretta?
«Ho visto tutte la partite, ma a me interessa innanzitutto conoscere i giocatori. Voglio che diano il massimo: sono molto esigente con lo loro e con me stesso. Non sopporto la superficialità e la poca ambizione. Il mio è un subentro particolare, mancano ancora 31 giornate, quindi i punti in palio sono tanti. Il tempo può essere un nemico, ma anche un amico».
Significa che il Milan può ancora arrivare quarto?
«L’obbligo è lottare per cercare di arrivare in Champions».
Si può paragonare questa avventura a quella vissuta con l’Inter?
«Sarebbe sbagliato. Le differenze sono troppe. E poi io sono abituato a guardare avanti, non alle spalle».
Cosa pensa di Piatek e Paquetà?
«Il polacco è molto efficace dentro l’area. Poi, come ogni attaccante è condizionato dal lavoro del resto della squadra. Occorre capire da dove nascono le sue difficoltà: possono essere di natura fisica o tattica. Il brasiliano è una mezz’ala di qualità e quantità. Mi piace spostare i giocatori durante la gara, quindi potrà agire più centralmente o tra le linee».
Leao e Suso?
«Il primo ha un grande potenziale che deve essere sfruttato. Tutti si devono sentire coinvolti. Lo spagnolo è un giocatore di qualità indiscutibile, bisogna fargli giocare tanti uno contro uno».
Quale modulo utilizzerà?
«Voglio sfruttare le nostre caratteristiche. Contano i principi di gioco. L’importante è avere un’identità di squadra. Ci sono giocatori che possono risolvere le partite e possiamo mettere in mostra un gioco intraprendente».
Che tipo di allenatore è Pioli?
«Sono molto esigente, ma curo anche ai rapporti personali».
Il suo slogan?
«Vincere».
L’ultimo pensie roper Davide Astori, cresciuto proprio nel Milan...
«Sarebbe contento di vedermi qui».
«Sono esigente: niente superficialità e tanta ambizione per la Champions»