Progetto Lecce calcio e concerti
Viaggio nella perla del Salento dove gli obiettivi sono chiari: serie A sostenibile e uno stadio auditorium
Ragazzi, siete un sogno. Diceva il pescecane Danny DeVito nel film “I soldi degli altri”. Si riferiva alla condizione finanziaria dell’azienda di Gregory Peck. Poi gliela sfilava di tasca. Il Lecce ha una mezza intenzione di essere un sogno. Una scheggia impazzita di Serie A sostenibile.
Ragazzi, siete un sogno. Diceva il pescecane Danny DeVito nel film “I soldi degli altri”. Si riferiva alla condizione finanziaria dell’azienda di Gregory Peck. Poi gliela sfilava di tasca. Il Lecce ha una mezza intenzione di essere un sogno. Una scheggia impazzita di Serie A sostenibile. «Proprio ieri ci hanno svincolato l’ultima fideiussione bancaria», dice il direttore generale Giovanni Mercadante con lo sguardo di chi si sente libero. Questo vuole sentirsi il Lecce, dopo sei anni di Lega Pro, Serie C e comunque di volta in volta abbiano deciso di chiamarla. Libero. «Credo sia un record. In una sola stagione dalla Serie A alla B e poi direttamente in terza serie per illecito». Ai salti mortali si fa l’abitudine. Seguono due promozioni in due stagioni, con Fabio Liverani in panchina, e ribenvenuti in A. Liberi.
Così aver tolto le inferriate dagli spalti dello stadio Ettore Giardiniero Via del Mare, sostituendole con schermi in plexiglass, ha pure un valore simbolico. «Sembrava di stare in prigione», ricorda Mercadante recuperando da qualche parte un’espressione nauseata. Poi hanno cambiato più seggiolini possibile, hanno ristrutturato tribune, realizzato box privilegiati, restaurato la pista di atletica «che era in tartan ormai sfilacciato, non si riusciva più neanche a guardarla». Totale della spesa, tre milioni e mezzo di euro. «Per questo abbiamo messo un istante in attesa la costruzione del nuovo centro sportivo». Non è niente male il resort golfistico nei pressi di Lecce in cui la squadra si allena da poco più di un anno, attraversato da ruscelli artificiali, davanti a una piantagione di ulivi e circondato da muretti di pietre, però vorrebbero un posto dove fare il comodo loro e di qui a poco decideranno dove tirarlo su. Accertandosi di trovare, contestualmente e prudentemente, i soldi.
Per adesso va bene avere rimesso a nuovo lo stadio e, con tutta la calma che infonde al cuore averne la gestione assicurata fino al 2021, decidere che cosa mettere di nuovo nella convenzione da rinnovare. Un’idea ce l’hanno, precisa. Il Comune, che possiede l’impianto, ma anche la provincia e la Puglia tutta si fregano le mani. Lecce è un posto bianco e dorato - il centro storico, che meravigliosamente si squaderna tra epoca romana, Rinascimento e il nativo barocco; il resto non è più grigio di qualsiasi altra città di oggi - al centro di una zona ad concentrazione turistica. Nel Salento, ma anche oltre, manca un posto dove si possano tranquillamente ed efficientemente organizzare grandi eventi, concerti e rappresentazioni. «Due anni fa sono venuti i Negramaro e insieme con loro più di trentamila persone. Una cosa estemporanea. Infatti rimettere in sesto l’impianto è stato un problema». Mercadante annota che in altri stadi come San Siro gli eventi vengono programmati insieme con gli interventi di manutenzione. A Lecce non se n’è mai sentito il bisogno proprio per la rarità delle occasioni. Ma se la futura convenzione prevedesse queste possibilità d’uso e le relative migliorie - compresa la realizzazione di ristoranti e luoghi di aggregazione, anche se per sua natura l’impianto si presta poco - allora la città potrebbe attirare artisti famosi, con ovvi benefici per tutti.
Nell’attesa, il Lecce si accontenta di essere ciò che è. Una delle radici di un albero che, come il leccio che fa ombra al lupo nell’emblema, si espande nell’aria ma quelle radici continua a esibirle. Ci sono club di tifosi in provincia, anzi, soprattutalta