BAGGIO E MIHAJLOVIC LA SERA DEI MIRACOLI
Roby: «Un pezzo della mia storia è qui». Videomessaggio di Sinisa: «Vincerò con voi la mia battaglia»
Èla sera dei miracoli. E in serate così in città c’è sempre traffico. Così Roberto Baggio al Dall’Ara ci è dovuto arrivare in scooter, si è fatto accompagnare da un suo amico di Bologna e, quando è arrivato negli spogliatoi, monsignor Vecchi aveva già benedetto tutti quanti, i giocatori e i dirigenti. Ma non fa niente, è la sera dei miracoli lo stesso, e quando Baggio entra in campo lo vedono tutti quel miracolo di giocatore, di campione, di fenomeno universale che ha cambiato la direzione delle cose, dei media, del tifo, del calcio. «È un’emozione bellissima, qui ho lasciato dei bei ricordi, me li porto dentro, quello è stato un anno meraviglioso per me. Non è stato un pezzetto della mia storia, è stato un pezzo». Sorride, scherza, abbraccia tutti. Va ad abbracciare Fogli e anche Beppe Signori e sorride come quando giocavano insieme in nazionale. E ovviamente ci sono tutti gli altri in processione, vanno a stringergli la mano, a farsi una foto, un selfie, una pacca sulla spalla. È la sera dei miracoli, e il Dall’Ara lo sa quando vede Baggio andare sotto la curva, la Bulgarelli, a battersi la mano sul petto, a fare ciao con la mano, proprio come quando giocava e segnava, poi riprende il tunnel e, via, a telefonare al presidente Gazzoni per un saluto.
MIHAJLOVIC. È la sera dei miracoli quando Sinisa Mihajlovic appare sul maxischermo proprio mentre sta per cominciare la partita, «ehi ehi, aspettate: ci sono anche io», e il Dall’Ara è tutto un grande oooh di meraviglia, di stupore, di felicità. «Aspettate un po’, volevo salutarvi anche io. Mi dispiace non essere lì con voi. Volevo ringraziare tutti, tutta la società, per i momenti in cui mi siete stati vicino e mi avete dato tanta forza. È un momento particolare, sto lottando contro questa malattia, sta andando bene, e sono sicuro che vincerò. Soprattutto anche grazie a voi». E la curva applaude, canta dài Sinisa alé, alé, e tutti i giocatori stanno con il naso all’insù, guardano lo schermo, guardano a questo prodigio che è Mihajlovic, il più forte di tutti. «Saluto i ragazzi del Real Madrid, anche loro sono venuti a festeggiare questi centodieci anni, e saluto i miei fratelli Karembeu e Seedorf. Vi voglio bene».
Nel video Mihajlovic ha il solito berretto di lana, la tuta del Bologna, l’espressione serena. «Oh, dico due parole a Marco: non facciamo cazzate. Vi dovete far valere, dobbiamo cercare di vincere come sempre. Vi voglio bene».
NELLA STORIA. È la sera dei miracoli. E serate così vengono solo una volta ogni molto tempo, una volta ogni dieci anni. L’ultima volta che Baggio entrò qui era il 2009, il Bologna compiva cent’anni e anche quella volta il Divin Codino salutò, abbracciò tutti, ringraziò la gente. Per questi 110 il Bologna ha voluto fare di più, ha chiamato centodieci campioni, giocatori che da queste parti hanno fatto la storia. E l’espressione migliore la usa proprio Marco Di Vaio, che adesso va in giro per il mondo a scovare i campioni e nel tempo libero fa il capitano delle leggende rossoblù. «Siamo stati fortunati, abbiamo scritto la storia del calcio italiano, siamo onorati di essere qui». La fortuna di esserci la vedi dipinta negli occhi di tutti, dai più anziani come Pivatelli che zoppica un po’ ma è sempre lui, e anche negli eterni giovani come Villa, il Mitico, che corricchia e non molla mai. O come Detari, che quattro calci al pallone li avrebbe fatti volentieri: «Perché non potevo giocare stasera?». Mah.
TANTI PROTAGONISTI. È la sera dei miracoli. Anche perché sono riusciti a mettere insieme due allenatori diversi, diversissimi, ma ugualmente amati e stimati: Franco Colomba e Renzo Ulivieri. «Spero che i miei giocatori non mi facciamo rischiare l’esonero anche stasera. Essere l’allenatore di questa squadra mi fa tornare indietro di anni, e fa anche guardare avanti», dice Colomba. E Ulivieri: «Abbiamo sognato insieme, tutti insieme. Tante volte ci si dimentica. Bisogna guardare al futuro, ma non dimenticare mai il passato». È la sera dei miracoli, con Joey Saputo che proprio non voleva mancare alla festa. È l’ultimo a entrare in campo, va a dare la mano alle vecchie glorie, uno alla volta, uno per volta. È la sera dei miracoli quando il nome di Ingesson riempie il Dall’Ara ed è come averlo qui o quando Fogli ricorda i suoi amici del ’64, quelli con cui ha vinto l’ultimo scudetto: «Fa un certo effetto essere qui, perché altri miei compagni non ci sono più». E’ una sfilata di capelli bianchi e ricordi, di grandi meraviglie, e ci si sente tutti un po’ più vecchi, un po’ più grandi, ma quando Pecci dice «per i 120 o i 130 ci ritroviamo qui» si capisce che tutto è possibile. Che miracolo sarebbe altrimenti?