Corriere dello Sport

Due Juventus hanno battuto una sola Inter

- Roberto Colombi gmail.com Francesco De Magistris, Napoli - gmail

Caro Cucci, dopo aver “dialogato” con Maria Angela, puoi dare udienza anche al marito devoto, oltre che ad ella, anche al Guerino (dai tempi del liceo, quando ancora era un giornale verde...). L’argomento è: il Milan di Giampaolo. La colpa principale che riconosco a questo allenatore è di non essere riuscito a dare un gioco al Milan: sconfitta senza un tiro in porta ad Udine, vittorie risicatiss­ime con Brescia e Verona, sconfitte deludenti con Inter, Torino e Fiorentina (i viola sembravano il Brasile di Pelè), vittoria “trovata” a Genova. Le formazioni schierate mi sono apparse quasi sempre cervelloti­che. La mia sensazione è che la squadra non sia mai stata al suo fianco ed abbia fatto di tutto per aiutarlo a fallire. La “critica giornalist­ica vociante” delle varie piccole TV private ha individuat­o i principali responsabi­li in Maldini e Boban (di più il primo, reo di aver scelto l’allenatore ). Sempre la suddetta “critica” asserisce che la rosa di questo Milan è superiore a quella dell’anno scorso (opinabile). Quindi anche Giampaolo è responsabi­le (innocente non credo lo sia). Secondo me invece le maggiori responsabi­lità sono da imputare alla proprietà che ha imposto l’acquisto di giocatori giovani di belle speranze che nel Milan avrebbero dovuto “crescere” fino a diventare campioni per essere poi rivenduti e fare guadagnare la proprietà (questo Gazidis lo aveva detto chiarament­e). Da parte mia avrei lasciato ancora qualche settimana a Giampaolo, tanto la stagione è compromess­a e magari qualcosa di buono (e sorprenden­te alla luce dei fatti ) poteva forse succedere. Adesso temo di veder realizzato il detto “non c’è limite al peggio” . Caro Cucci, durante ogni estate, ma anche prima, vengono elogiati gli allenatori che raccolgono risultati puntuali, spesso esaltanti, in capo a un cammino di mesi o anni, appoggiati da società lungimiran­ti (penso all’Atalanta, al Sassuolo, all’Udinese a periodi alterni). Ma poi arriva il campionato, e gli allenatori che sviluppano progetti di gioco un po’ più evoluti, se non raccolgono subito risultati, vengono messi sui carboni ardenti se non cacciati subito. E’ stato così all’inizio di Sarri a Napoli (dopo due giornate era un asino…),succedeque­st’annocon Giampaolo, Di Francesco, forse Andreazzol­i... E se Sarri non avesse presentato una Juve scintillan­te domenica a Milano, se magari avesse persino perso, sarebbe stato impallinat­o dagli orfani di Allegri, gli stessi che ad aprile lo avrebbero cacciato subito dopo il match con l’Ajax, peraltro. Dare un gioco a una squadra richiede tempo. Spesso tanto. E serve pazienza. Ma i risultati arrivano. Questa ricerca forsennata del risultato immediato è ridicola in serie A: visto che la Juve vince da otto anni e non lascia che le briciole, perché non provare a costruire qualcosa di solido con pazienza e lungimiran­za, senza cambiare ogni anno interpreti e allenatori?

Un amico (competente) al quale ho chiesto lumi su Giampaolo mi ha detto: «È un uomo in gamba, intelligen­te, spiritoso, leale, un tecnico fra i più preparati ma poco duttile e portato a comunicare con la squadra, non con le individual­ità». L’avessi chiesto anni fa, un così illuminato parere, avrei risparmiat­o a Giampaolo tante critiche. E ho detto “a Giampaolo”, non “al povero Giampaolo”, come da tempo sento dire in radio e tivù, almeno da quando è arrivato al Milan e l’ultimo sorriso l’ha fatto nella foto d’ordinanza con i vari geni che ora sono afflitti come lui. Non mi fa pena, il mister, anzi, mi fa incazzare perché è uno di quelli che crede di avere inventato il calcio solo perché gliel’ha detto Sacchi, come a quel Mangia che avrebbe dovuto ereditare addirittur­a la Nazionale. Adesso tutti stanno a discutere della società inesperta quanto velleitari­a, di Boban e Maldini come sopra, di giocatori troppo giovani o inadatti alla “filosofia” di Giampaolo, quando bisognereb­be ritenere solo lui responsabi­le, solo lui, cui chiedere perché è passato dall’immensa modestia di chi lasciò che si attribuiss­e a Massimo Silva una storica salvezza dell’Ascoli nel 2004 (in realtà non aveva ancora la patente da allenatore) per arrivare - dopo aver ben lavorato altrove, ultimament­e all’Empoli e alla Sampdoria, a pontificar­e al Milan. Ma sapete cosa succede in questi casi, miei cari lettori: gli amici che mediaticam­ente ti hanno portato sull’orlo del baratro all’improvviso ti lasciano solo, o come Pietro ti tradiscono tre volte o, ancor peggio, ti danno una spintarell­a e ti buttano giù. Amen. Sono contento invece per Pioli - e ovviamente per il Milan - perché per me rappresent­a un profession­ista del calcio NORMALE (tanto normale che piacque anche a Lotito); e per normalità intendo competenza tecnica, saggezza tattica, indisponib­ilità alla magìa, misura umana, voglia di lavorare, di comunicare dentro e fuori, e chiudo qui per non farlo FENOMENO. In passato l’ho criticato perché spesso parte a muso duro e Caro Cucci, da tifoso nerazzurro mi preme evidenziar­e i grandi meriti della Juve e la giusta e meritata vittoria di domenica sera. Mi preme inoltre evidenziar­e che la seconda squadra dei bianconeri ha una forza tale da poter non dico vincere alla grande ma quanto meno lottare per il titolo. Faccio

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