INSIGNE L’ULTIMA TREGUA
Il capitano a confronto con Ancelotti, il ds Giuntoli e il manager Raiola: si cerca di ricostruire un rapporto
VERTICE E CHIARIMENTO
Mica si può far finta di niente: perché c’è un momento in cui la verità va inseguita entrandoci dentro, e tentando di afferrarla senza deroghe, né concessioni. E se c’è una strada, la più breve, una scorciatoia, va percorsa immediatamente, evitando che il telefono resti un muro dietro il quale nascondere le emozioni o anche la più indicativa delle espressioni che Mino Raiola ha scelto di decodificare di persona, occhi negli occhi, catapultandosi a Castel Volturno. È così che si sostiene un (potenziale) campione, uscendo dagli equivoci e mirando dritto al problema, ch’esiste, lo raccontano quei dribbling perduti, quella vaghezza e poi persino la tribuna di Genk, catalogata da Ancelotti come una scelta tecnica «per averlo visto poco brillante» e nella quale c’è racchiuso tanto altro: c’è un anno di incomprensioni, di linguaggi incompatibili, di frizioni che Insigne non ha negato («ci capita di bisticciare, è una questione caratteriale») e che Raiola ha deciso di risolvere, scendendo in campo, atterrando a Capodichino, poi arrivando a Castel Volturno quando le tenebre l’avrebbero potuto aiutare e sfilando via verso le otto della sera. Un paio d’ore possono bastare e sa di diplomazia rifugiarsi in una «visita di cortesia» per i propri assistiti - Insigne e Manolas, aspettando Lozano o in una chiacchierata amicale con Ancelotti e Giuntoli: sarebbe bastato chiamarsi sul cellulare, se non ci fosse stato altro a cui dedicarsi.
PRESA DIRETTA. E la telefonata, una settimana fa, c’era già stata tra Insigne e Raiola, per confrontarsi su questo «gelo» ormai accertato e però anche su certe partite rimaste lì, come vuoti d’aria dalle quali lo scugnizzo si è ritrovato travolto. Perché Insigne è sparito dal Napoli, al di là delle statistiche e dei gol, ha smesso di essere «centrale» come gli piacerebbe essere: ha giocato meno di quanto potrebbe, certo quanto Ancelotti ritiene meriti, ora che lo scugnizzo ondeggia nella sua opaca normalità. Raiola si è preso un paio d’ore, perché i manager sanno come si fa, gli sono state utili per affrontare l’argomento direttamente con Insigne, con il quale s’è soffermato quando si è congedato da Ancelotti e Giuntoli: era successo anche il primo maggio, e quella volta l’appuntamento fu in casa dell’allenatore, con anche De Laurentiis presente, e pure all’epoca fu necessario una irruzione inaspettata per spazzare via le ombre, aspettando (eventualmente) il mercato. Ma stavolta, e siamo appena a ottobre, c’è un anno davanti, è stato indispensabile altro, affinché possa esserci un’ennesima tregua, forse l’ultima.
LOZANO SPERA. Ma sulla fascia c’è fibrillazione che Lozano proverà, per conto suo, a domare,
dopo ch'è uscito in barella da Panama-Messico. «È solo una botta». E andrà comunque verificata, prima di pensare cosa sia giusto, se pensare al Verona o direttamente al Salisburgo.
Lozano è uscito in barella dal test Messico-Panama ma è solo una botta