Corriere dello Sport

La crisi arriva da lontano ma c’entra anche Elliott

Strategia troppo aggressiva dei cinesi, in parte replicata dal fondo Usa. Errori da Berlusconi in poi

- Di Antonio Vitiello

La gestione societaria del Milan, che negli ultimi anni ha portato a due cambi di proprietà e a una sostituzio­ne continua di dirigenti, ha spinto il club fino al record negativo di 146 milioni di perdite nel recente bilancio, il primo dell’era Elliott. Un rosso davvero pesante ma che non è frutto solamente del presente e dell’attuale proprietà americana, che ha trovato una situazione debitoria molto complessa da migliorare. I ricavi sono fermi da almeno dieci anni, dunque le cifre risalgono alle battute finali dell’era Berlusconi, mentre le spese sono aumentate con gli anni, e il tutto senza raggiunger­e significat­ivi risultati sportivi. Il Milan è una società che spende tanto da anni, senza però ottimizzar­e, con il quinto posto dell’anno scorso miglior piazzament­o degli ultimi sette campionati.

MOSSE SBAGLIATE. Tutto nasce dagli ultimi anni della gestione Berlusconi quando la holding di famiglia ha deciso di limitare gli investimen­ti sul Milan, ma ripianando ogni anno il debito crescente. Tanti ingaggi pensati, di giocatori anche difficilme­nte rivendibil­i perché arrivati sul viale del tramonto, hanno inciso negli anni, peggiorand­o il bilancio e senza incidere sul campo. Il Milan si è ritrovato con il tempo a spendere tanto e vincere sempre meno, e questo ha allontanat­o anche diversi sponsor, che si sono diretti su club con proprietà più facoltose e gestite in modo più lungimiran­te.

Il Milan ha chiuso l’esercizio 2016, l’ultimo sotto la proprietà della Fininvest di Silvio Berlusconi, con una perdita netta a livello consolidat­o di 74,9 milioni di euro. A fronte di tante difficoltà il 13 aprile 2017, dopo mesi di trattative e molte esitazioni, Fininvest ha perfeziona­to la cessione del 99,93% delle quote societarie a favore del consorzio cinese capeggiato dall’imprendito­re Li Yonghong.

AUMENTA IL ROSSO. Con la gestione Fassone-Mirabelli il Milan decide di applicare una politica aggressiva per smuovere le acque e riportare subito la squadra al successo. Così nell’estate del 2017 la dirigenza rossonera investe 232 milioni di euro in cartellini per cercare di ottenere subito un piazzament­o in Champions League. L’obiettivo dei cinesi è rientrare nel giro europeo per ottenere immediatam­ente gli introiti necessari a rimettere in moto la macchina degli sponsor e dei ricavi. L’effetto però è contrario, perché il Milan spende male e ottiene solo un sesto posto. In più viene escluso dall’Europa (salvo poi vincere il ricorso al Tas), cominciand­o un lungo braccio di ferro con l’Uefa. Il bilancio dell’era cinese si chiude con un passivo di 123 milioni di euro. Il 10 luglio del 2018 il fondo Elliott diventa proprietar­io del club e in parte ripercorre la stessa strategia aggressiva, investendo altri 153 milioni in cartellini con la gestione Leonardo-Maldini prima e successiva­mente con l’attuale management. L’obiettivo sarebbe migliorare subito i risultati, ma anche in questo caso i tanti investimen­ti hanno portato solo a un quinto posto. In più a fine giugno è arrivata anche l’esclusione dall’Europa League per non aver rispettato i parametri del Fair Play Finanziari­o.

Champions sempre sfuggita e squadra ormai poco attraente per i grandi sponsor

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BARTOLETTI Gianluigi Donnarumma, 20 anni, contratto con il Milan fino al 2021
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