La crisi arriva da lontano ma c’entra anche Elliott
Strategia troppo aggressiva dei cinesi, in parte replicata dal fondo Usa. Errori da Berlusconi in poi
La gestione societaria del Milan, che negli ultimi anni ha portato a due cambi di proprietà e a una sostituzione continua di dirigenti, ha spinto il club fino al record negativo di 146 milioni di perdite nel recente bilancio, il primo dell’era Elliott. Un rosso davvero pesante ma che non è frutto solamente del presente e dell’attuale proprietà americana, che ha trovato una situazione debitoria molto complessa da migliorare. I ricavi sono fermi da almeno dieci anni, dunque le cifre risalgono alle battute finali dell’era Berlusconi, mentre le spese sono aumentate con gli anni, e il tutto senza raggiungere significativi risultati sportivi. Il Milan è una società che spende tanto da anni, senza però ottimizzare, con il quinto posto dell’anno scorso miglior piazzamento degli ultimi sette campionati.
MOSSE SBAGLIATE. Tutto nasce dagli ultimi anni della gestione Berlusconi quando la holding di famiglia ha deciso di limitare gli investimenti sul Milan, ma ripianando ogni anno il debito crescente. Tanti ingaggi pensati, di giocatori anche difficilmente rivendibili perché arrivati sul viale del tramonto, hanno inciso negli anni, peggiorando il bilancio e senza incidere sul campo. Il Milan si è ritrovato con il tempo a spendere tanto e vincere sempre meno, e questo ha allontanato anche diversi sponsor, che si sono diretti su club con proprietà più facoltose e gestite in modo più lungimirante.
Il Milan ha chiuso l’esercizio 2016, l’ultimo sotto la proprietà della Fininvest di Silvio Berlusconi, con una perdita netta a livello consolidato di 74,9 milioni di euro. A fronte di tante difficoltà il 13 aprile 2017, dopo mesi di trattative e molte esitazioni, Fininvest ha perfezionato la cessione del 99,93% delle quote societarie a favore del consorzio cinese capeggiato dall’imprenditore Li Yonghong.
AUMENTA IL ROSSO. Con la gestione Fassone-Mirabelli il Milan decide di applicare una politica aggressiva per smuovere le acque e riportare subito la squadra al successo. Così nell’estate del 2017 la dirigenza rossonera investe 232 milioni di euro in cartellini per cercare di ottenere subito un piazzamento in Champions League. L’obiettivo dei cinesi è rientrare nel giro europeo per ottenere immediatamente gli introiti necessari a rimettere in moto la macchina degli sponsor e dei ricavi. L’effetto però è contrario, perché il Milan spende male e ottiene solo un sesto posto. In più viene escluso dall’Europa (salvo poi vincere il ricorso al Tas), cominciando un lungo braccio di ferro con l’Uefa. Il bilancio dell’era cinese si chiude con un passivo di 123 milioni di euro. Il 10 luglio del 2018 il fondo Elliott diventa proprietario del club e in parte ripercorre la stessa strategia aggressiva, investendo altri 153 milioni in cartellini con la gestione Leonardo-Maldini prima e successivamente con l’attuale management. L’obiettivo sarebbe migliorare subito i risultati, ma anche in questo caso i tanti investimenti hanno portato solo a un quinto posto. In più a fine giugno è arrivata anche l’esclusione dall’Europa League per non aver rispettato i parametri del Fair Play Finanziario.
Champions sempre sfuggita e squadra ormai poco attraente per i grandi sponsor