NON DITE A KIMI CHE HA 40 ANNI
Fenomeno di longevità sportiva ed enigma mediatico Oggi Raikkonen supera una soglia inconsueta nella F.1. Il segreto della sua giovinezza: vivere sul pianeta del “non me ne importa”
Lasciatelo solo, sa quel che fa. Anche a quarant’anni che compie oggi, anche in Formula 1 che non è un paese per vecchi visto il limite spostato con Max Verstappen - debutto da minorenne e cambio di regole perché non accada più - e lo spazio che sta prepotentemente espropriando Charles Leclerc, da ieri ventiduenne.
Però oggi bisogna parlare del festeggiato, Kimi Raikkonen: è lui l’uomo del «Lasciatemi solo, so quel che faccio» urlato via radio a un ingegnere della Lotus nel 2013. Ed è naturale che i quaranta lo sorprendano a guidare, peraltro in perfetta forma: succede perché a Kimi tra averne quaranta, o trentadue, sposta poco.
Disse il suo ex capo Stefano Domenicali: «Kimi non vive su questo mondo, ma sul suo pianeta». Glielo riferirono, e lui tirò su un angolo della bocca ghignando con gli occhi buoni: «La vita sul mio pianeta è bella, non mi posso lamentare». Ecco, per l’esattezza si parla del pianeta dell”I don’t care”, del non me ne importa. Un pianeta sul quale il tempo scorre lento, come si può vedere dall’assenza di segni d’invecchiamento. Fregarsene mantiene giovani, e lui ha sempre apertamente detto di non essere interessato a nulla, se non a guidare. La sincerità è il suo peggior pregio: i giornalisti non gli chiedono più “se ami tanto guidare, qual è per te il momento più noioso in Formula 1?”, perché sanno che arriva lo sganassone: «Adesso».
La gente lo ama, noi lo amiamo, per questo: perché è tremendamente vero. Kimi non fa il simpatico, o lo scontroso, o l’amico: Kimi “è”, punto e basta. Franco fino a sembrare ingenuo, ciò che chiaramente non è: sincero fino alla scortesia, che neanche risulta urticante perché Kimi non va valutato col metro del nostro mondo, appunto, ma con quello del suo pianeta.
E siccome non gli interessa nulla al di fuori di quel che gli interessa - guidare; la moglie; i figli; divertirsi con gli amici -, non s’è mai dato pensiero di diventare un leader (pur avendo vinto in maniera anche fortunosa un campionato del mondo, l’ultimo di un pilota ferrarista). Così solcando il tempo, è arrivato ai quaranta senza accorgersene. Lo hanno aiutato bevute in libertà, gare di motonautica travestito da gorilla, memorabili partite di hockey ghiaccio (quando era alla Ferrari scappava al Palaghiaccio di Fanano), motoslitta, motocross, moto d’acqua e altri modi di scapicollarsi con quel suffisso.
E’ tanto vero, Raikkonen, che i coni d’ombra del suo privato si riflettono direttamente sulla sua guida, di recente appannata. Ma non datelo per finito: già alla Ferrari aveva fama di assentarsi da sé stesso, tanto che l’ex presidente Montezemolo aveva creato la figura del «fratello di Kimi», un ologramma non all’altezza del vero Raikkonen, e che talvolta ne prendeva il posto al volante.
Lo ricordiamo nel 2001, l’anno del suo debutto, a Monza, in un week end incastrato tra le Torri Gemelle e l’orrido incidente di Alex Zanardi. La domande erano domande, le risposte incomprensibili cigolii. Quindici anni più tardi, rientrato in Formula 1 dopo due stagioni trascorse nel Mondiale rally - perché dalla F.1 al rally? perché gli andava -, un ingegnere non riuscendo a capire le sue parole via radio gli chiese per quattro volte: “Scusa Kimi, poi ripetere?”. Ottenendo sempre lo stesso rantolo.
Dunque non fategli gli auguri per i quarant’anni che lui, toh, neanche sa di averli.