Roma santa emergenza
Santa Emergenza
Sono misteriosi i disegni di quella che Manzoni e qualche regista di spaghetti western avrebbe chiamato Provvidenza. L’ultima Roma sinistrata è l’ennesimo caso di come la disgrazia possa convertirsi in fortuna.
Sono misteriosi i disegni di quella che Manzoni e qualche regista di spaghetti western avrebbe chiamato Provvidenza. L’ultima Roma sinistrata, falciata, sventurata, è l’ennesimo caso di come la disgrazia possa convertirsi in fortuna, l’handicap in risorsa. Di come ritrovarsi in fondo a una sequenza mostruosa di malasorte, in un sottoscala a leccarsi le ferite e a contare i superstiti, possa diventare un laboratorio che non solo aguzza l’ingegno, ma elabora preziose informazioni, che, altrimenti, sarebbero rimaste nel limbo. Si può scoppiare di salute e si può rinascere nella malattia. L’esempio estremo? Quel magnifico di Alex Zanardi. Quel giorno a Dresda. Quattro giorni dopo le Torri Gemelle, sono le sue due gambe a finire amputate dal terrorismo della malasorte. I sette arresti cardiaci, gli otto giorni di coma, le quindici operazioni, l’estrema unzione. Trasforma la sua tragedia in un capolavoro. Un fattore inesauribile di vita, l’opera permanente di una sfida ai propri limiti, di cui non scopre più il limite. La sua storia, una lezione che ti sfonda, a te che ti lagni per una colica.
Senza l’infinita ecatombe, avremmo mai saputo dalle parti di Trigoria del Pastore finalmente errante e vispo nel mondo che gli spetta? Del Mancini centrocampista, invenzione delirante di Fonseca? Del Fazio recuperato che ritrova il meglio di sé al fianco di Mister Smalling, mai cosi Greating? Del Perotti rinvenuto dalle infermerie che stanno al confine tra il calciatore che sei e l’ex che stai per diventare? Del Veretout magnifico esemplare di agonista tuttocampista, che rischia di colmare l’incolmabile vuoto del Ninja (a quando per lui un degno soprannome?)? Vogliamo dire di Zaniolo che, nell’emergenza, scopre il piacere inebriante di recitare da leader? Vogliamo stradire di Dzeko che l’handicap ce l’ha visibile in maschera e che in maschera si esalta, da capitano infortunato ma non sfortunato? E poi lui, Paulo Fonseca. L’uomo virile e malinconico che qui raccontavano come un clown, manipolando l’unica informazione che avevano, il suo travestimento da Zorro (abbiamo capito poi, era solo la dignitosa accettazione di una scommessa pubblica). Anche Fonseca ha scoperto, nella iattura enorme, cose di sé e del suo mestiere che probabilmente ignorava.
Vada come vada stasera a Udine, il calcio se ne frega del senso, questa Roma perseguitata una grande vittoria l’ha già ottenuta: un gruppo forte, solidale, felice di lottare insieme.