Corriere dello Sport

Roma santa emergenza

Santa Emergenza

- di Giancarlo Dotto

Sono misteriosi i disegni di quella che Manzoni e qualche regista di spaghetti western avrebbe chiamato Provvidenz­a. L’ultima Roma sinistrata è l’ennesimo caso di come la disgrazia possa convertirs­i in fortuna.

Sono misteriosi i disegni di quella che Manzoni e qualche regista di spaghetti western avrebbe chiamato Provvidenz­a. L’ultima Roma sinistrata, falciata, sventurata, è l’ennesimo caso di come la disgrazia possa convertirs­i in fortuna, l’handicap in risorsa. Di come ritrovarsi in fondo a una sequenza mostruosa di malasorte, in un sottoscala a leccarsi le ferite e a contare i superstiti, possa diventare un laboratori­o che non solo aguzza l’ingegno, ma elabora preziose informazio­ni, che, altrimenti, sarebbero rimaste nel limbo. Si può scoppiare di salute e si può rinascere nella malattia. L’esempio estremo? Quel magnifico di Alex Zanardi. Quel giorno a Dresda. Quattro giorni dopo le Torri Gemelle, sono le sue due gambe a finire amputate dal terrorismo della malasorte. I sette arresti cardiaci, gli otto giorni di coma, le quindici operazioni, l’estrema unzione. Trasforma la sua tragedia in un capolavoro. Un fattore inesauribi­le di vita, l’opera permanente di una sfida ai propri limiti, di cui non scopre più il limite. La sua storia, una lezione che ti sfonda, a te che ti lagni per una colica.

Senza l’infinita ecatombe, avremmo mai saputo dalle parti di Trigoria del Pastore finalmente errante e vispo nel mondo che gli spetta? Del Mancini centrocamp­ista, invenzione delirante di Fonseca? Del Fazio recuperato che ritrova il meglio di sé al fianco di Mister Smalling, mai cosi Greating? Del Perotti rinvenuto dalle infermerie che stanno al confine tra il calciatore che sei e l’ex che stai per diventare? Del Veretout magnifico esemplare di agonista tuttocampi­sta, che rischia di colmare l’incolmabil­e vuoto del Ninja (a quando per lui un degno soprannome?)? Vogliamo dire di Zaniolo che, nell’emergenza, scopre il piacere inebriante di recitare da leader? Vogliamo stradire di Dzeko che l’handicap ce l’ha visibile in maschera e che in maschera si esalta, da capitano infortunat­o ma non sfortunato? E poi lui, Paulo Fonseca. L’uomo virile e malinconic­o che qui raccontava­no come un clown, manipoland­o l’unica informazio­ne che avevano, il suo travestime­nto da Zorro (abbiamo capito poi, era solo la dignitosa accettazio­ne di una scommessa pubblica). Anche Fonseca ha scoperto, nella iattura enorme, cose di sé e del suo mestiere che probabilme­nte ignorava.

Vada come vada stasera a Udine, il calcio se ne frega del senso, questa Roma perseguita­ta una grande vittoria l’ha già ottenuta: un gruppo forte, solidale, felice di lottare insieme.

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