Corriere dello Sport

Eriksson «Sì, Inzaghi può farcela»

A colloquio con l’allenatore svedese, che vent’anni fa guidava l’attuale tecnico biancocele­ste: ci parla di tutto «Inzaghi è una sorpresa, era un ragazzo di prima classe ma non credevo che potesse arrivare così in alto: può battere ancora la Juve Scudetto

- di Fabrizio Patania

Sven Goran Eriksson è stato l’architetto della Lazio più forte di tutti i tempi, capace di vincere uno scudetto e altri sei titoli in poco meno di tre anni, dominando in Italia e in Europa. Era un professore della tattica.

Sven Goran Eriksson è stato l’architetto della Lazio più forte di tutti i tempi, capace di vincere uno scudetto e altri sei titoli in poco meno di tre anni, dominando in Italia e in Europa. Era un professore della tattica e aveva stupito all’inizio degli Anni Ottanta alla guida del Benfica, ma in Serie A si rivelò soprattutt­o come un abilissimo gestore dello spogliatoi­o, raffinando il suo modo di condurre e plasmare una squadra nel passaggio dalla Roma alla Sampdoria e nel successivo trasferime­nto alla Lazio, quando venne scelto e ingaggiato da Cragnotti, a cui indicò la strada verso il successo. Lo chiamavano il rettore di Torsby. Trasformò Formello in una vera e propria università del calcio, tant’è che in seguito quel formidabil­e gruppo si è convertito in una miniera infinita di grandissim­i tecnici. Mancini era un allenatore in campo e diventò subito il suo vice. Mihajlovic e Simeone lo avrebbero seguito nel percorso ora intrapreso da Simone Inzaghi, protagonis­ta del rinascimen­to della Lazio, di nuovo nelle prime posizioni del campionato. Eriksson, dopo la breve esperienza da ct delle Filippine, non si è ancora stancato di lavorare. Ha 71 anni e intende tornare ad allenare. Si è stabilito nuovamente in Svezia, ma ora si trova a Panama in vacanza e ieri si è fatto trovare per parlare della Lazio, della finale di Supercoppa, della crescita di Simone, a cui augura di entrare in Champions e di superare il suo record di 9 vittorie consecutiv­e.

Visto quanto va forte la Lazio?

«Sì. Ho visto la classifica e so che la Lazio sta andando molto bene. Sono contento per tutti, per la sua gente. Nell’ultimo periodo ha fatto cose importanti, una serie di vittorie assai prossima alla mia, se non sbaglio».

Esattament­e. Inzaghi ha infilato a Cagliari l’ottava vittoria consecutiv­a. Gliene manca solo una per eguagliare il suo record stabilito nel 1998/99. «Ricordo bene quella fase della stagione. Va bene, allora auguro a Simone di continuare a vincere altre partite. Speriamo che riesca a raggiunger­mi e superarmi per un nuovo record».

Cosa ricorda di quel campionato chiuso dalla Lazio al secondo posto un punto dietro al Milan? «Dovevamo vincere lo scudetto anche quell’anno, ecco cosa mi ricordo, però non lo abbiamo vinto. E’ storia, l’amarezza l’ho assorbita».

Inzaghi sarebbe arrivato alla Lazio qualche mese dopo. Si disse che il suo acquisto venne suggerito da Mancini a lei e Cragnotti. È vero? «Se Mancini dice così sarà vero. Io non ricordo chi fu decisivo per l’acquisto di Simone».

Dal punto di vista caratteria­le, Simone com’era? «Un ragazzo di prima classe. Fantastico, positivo, allegro, mai avuto un problema con lui. Dico mai».

E come centravant­i?

«Quando era in condizione, un attaccante forte. Correva tanto, se c’era da difendere aiutava la squadra, davanti era pericoloso. Bravo. È chiaro, non era facile giocare sempre e trovare posto in ogni partita, perché quella Lazio aveva tanti campioni nel reparto offensivo. Ma l’ho fatto giocare molto. Nell’anno dello scudetto segnò diversi gol e anche in Champions riuscì a farsi valere».

Se lo aspettava che diventasse allenatore? «Onestament­e non mi aspettavo che lui potesse allenare a questi livelli. E’ stata una gran bella sorpresa, faccio i miei compliment­i a Simone, ma non solo per questi ultimi risultati. Da quando guida la Lazio ha fatto benissimo».

L’ha visto almeno in qualche partita? Cosa l’ha colpita di Inzaghi in panchina? «Sì, l’ho visto. E’ un allenatore molto vivo, presente. Partecipa, vive la partita al mille per cento. Penso gli piaccia giocare un bel calcio, vuole attaccare, è nella sua indole. Ha idee chiare, Simone, è un positivo».

Quali sensazioni prova vedendo la Lazio così in alto? «La Lazio è vicina al mio cuore, la porto dentro. Sta facendo un bel campionato. Sono contento per i tifosi, per la società, per l’allenatore e per i giocatori».

Il vero scudetto di Inzaghi è la Champions o la Lazio si può inserire tra Juve e Inter? «Questa è una bella domanda, ma non dovrebbe porla a me, seguo poco per poterle rispondere. Mi auguro di sì, spero che la Lazio possa inserirsi, ma già arrivare alla qualificaz­ione Champions sarebbe un grande obiettivo. La Champions rappresent­a l’élite del calcio europeo, fa guadagnare tanti soldi al club, sarebbe importanti­ssimo poterci arrivare per continuare a crescere. Dopo, magari, si potrà arrivare a lottare per lo scudetto».

Il campionato italiano sta tornando a essere divertente e contendibi­le. Che ne pensa? «Ho visto la Lazio più volte, l’Inter una volta, le ultime partite di Napoli e Juve. Penso si stia tornando ad alti livelli. Negli anni Novanta il calcio italiano rappresent­ava il top in Europa e nel mondo. Ora la Premier esprime l’espression­e migliore, ma la Serie A si trova sulla strada giusta».

«Ho saputo di Mihajlovic e ci ho parlato È un lottatore sono convinto che riuscirà a guarire»

Sinisa Mihajlovic è stato allenato da Eriksson nella Sampdoria e nella Lazio

«Mancini sta facendo un grande lavoro con l’Italia Sarà interessan­te scoprire cosa potrà realizzare agli Europei»

Roberto Mancini ha affiancato Eriksson in panchina alla Lazio dopo lo scudetto 2000

«Simeone e gli altri diventati tecnici? Sono contento se rappresent­o una parte nel loro percorso e lavoro»

Molti suoi ex allievi sono allenatori di spicco: Mihajlovic, Mancini, Simeone, Inzaghi...

non è esaltarsi troppo? Serve più equilibrio a Roma?

«Vivere a Roma è bellissimo, però forse è difficile per un calciatore. Si diventa grandi molto presto e se sei considerat­o grande a Roma ti può sembrare di esserlo universalm­ente. In realtà esiste un mondo anche fuori Roma, a volte si può dimenticar­e. Quando allenavo la Roma, tanti anni fa, mi ricordo che tanti giovani si perdevano per strada. Forse era proprio questo il motivo».

La Signora resta favorita per lo scudetto?

«La Juve è sempre favorita. Lo vuole la storia del calcio italiano. La Lazio si è inserita quando aveva uno squadrone, poi arrivò la Roma. E’ stato soprattutt­o il Milan, con Sacchi e Berlusconi, a insidiarla. Se pensi allo scudetto, devi sempre fare i conti con la Juve».

Sarri sta provando a far convivere Dybala, Ronaldo e Higuain. Che ne pensa?

«Non lo so, è impossibil­e per me giudicare, non voglio farlo anche perché non sarebbe giusto. Di sicuro la qualità, l’alta qualità premia sempre nel calcio. L’organizzaz­ione è importante, ma se hai gli interpreti in grado di esaltarsi sei a cavallo. Penso a Messi nel Barcellona, allo stesso Ronaldo a Madrid e Torino».

Domenica a Riyad si gioca la finale di Supercoppa tra Juve e Lazio. Nel 2015 a Shanghai si imposero i bianconeri. Ricorda? «Sì, certo. Stavo allenando in Cina e andai allo stadio a vedere la finale. Questa Lazio può andare a Riyad a vincere la Supercoppa, può farcela e ci sono le condizioni, lo dimostrano l’andamento del campionato e la classifica. E’ dietro soltanto di tre punti».

Ha già vinto all’Olimpico il 7 dicembre, non esiste più il fattore sorpresa per Sarri.

«Non è mai facile incontrare e battere la Juve, succede raramente e ripetersi può essere ancora più difficile, ma è successo, dunque può accadere di nuovo anche se non si può più considerar­e una sorpresa».

Nel 1998, battendo 2-1 la Juve a Torino in finale di Supercoppa, nasceva il suo ciclo vincente alla Lazio poco dopo la Coppa Italia. «Mi ricordo vagamente quella partita, sono state tante le sfide di altissimo livello con la Juve».

Quella sarebbe poi diventata la squadra più forte che abbia mai allenato, come l’ha definita. «La Lazio è stata senza dubbio la squadra più forte che io abbia mai allenato. Era la più forte per la qualità del club, dei giocatori, del centro sportivo. Di tutto. Certo la personalit­à dei giocatori era enorme».

Ha saputo della malattia di Mihajlovic? Lo ha sentito?

«Lo so che sta male. Sinisa sta lottando, si sta curando e sta lavorando con il Bologna. Lui è forte e guarirà di sicuro. Sì, in questi mesi, l’ho salutato e sentito. E’ un lottatore».

Va forte l’Italia di Mancini. «Senza dubbio Roberto sta facendo rinascere la nazionale azzurra. Ha ottenuto alla grande la qualificaz­ione, stanno giocando bene, ho visto qualche partita dell’Italia. E’ riuscito a trovare e mettere su una bella squadra, hanno un bel modo di giocare. Sinora hanno fatto benissimo, sarà interessan­te scoprire cosa faranno in estate».

Cosa serve per arrivare in fondo e provare a vincere l’Europeo? «Serve tanto. Devi attaccare bene, devi difendere bene, ci vuole una squadra con un buon spirito e un po’ di fortuna».

Mancini, Mihajlovic, Inzaghi e ovviamente Simeone. Tanti suoi ragazzi di quella Lazio sono diventati grandissim­i allenatori. Cosa le ha insegnato? Possiamo chiamarla Maestro? «Erano così tanti i grandi giocatori in quella Lazio che penso sia normale oggi ritrovarli in panchina. Quando un calciatore finisce la carriera, diventa qualcosa nel calcio, prosegue nel percorso e nello stesso mondo. Normalment­e si passa ad allenare, si resta in campo. Loro sono bravi bravi e mi fa molto piacere. Un grande giocatore di solito conosce e lavora con tanti allenatori, impara un po’ da tutti durante la sua carriera. Se rappresent­o una piccola parte nel percorso e nel lavoro di Mancini, Inzaghi, Mihajlovic e Simeone ne sono molto orgoglioso e contento, ma cosa gli ho trasmesso o insegnato va chiesto a loro. Parliamo comunque di personalit­à diverse, di culture e formazioni talvolta distanti. Mi gratifica il fatto di essere stato il comune denominato­re».

«Per la vittoria in Italia, la Juve rimane la favorita: fa parte della storia Con la mia Lazio, la squadra più forte che io abbia mai allenato, all’epoca erano ogni volta sfide di qualità»

«La Serie A sta tornando ad alti livelli Negli Anni Novanta rappresent­ava il massimo in Europa e nel mondo L’espression­e migliore adesso è la Premier League»

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«Simone una sorpresa era un ragazzo di prima classe, ma non credevo arrivasse così in alto»
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Il rischio, come dice il ds Tare,
 ??  ?? Il primo Eriksson italiano: arrivò alla Roma provenient­e dal Benfica
Il primo Eriksson italiano: arrivò alla Roma provenient­e dal Benfica
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Eriksson e Dino Zoff quando la Lazio ufficializ­zò l’ingresso in Borsa
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BARTOLETTI Con Roberto Mancini, che cominciò ad allenare al suo fianco
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GETTY Eriksson con Simone Inzaghi: il tecnico svedese nella Lazio ha avuto una batteria di attaccanti fortissimi
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BARTOLETTI Simone Inzaghi con Diego Simeone: allenano entrambi al top
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ANSA Sven Goran Eriksson con Sinisa Mihajlovic alla Lazio
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LAPRESSE L’abbraccio con Marcello Lippi: rivali in Coppa d’Asia

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