Corriere dello Sport

«FRIEDKIN SI LASCI TRASCINARE DA NOI»

Vanzina: «Ha il cognome di un grandissim­o regista Un consiglio: deve andare allo stadio e innamorars­i»

- Di Marco Evangelist­i

Enrico Vanzina, da scrittore, sceneggiat­ore e tifoso acceso: che immagine le suggerisce l’arrivo di Dan Friedkin alla Roma?

«Mi suggerisce un titolo: Il presidente esorcista».

Originale. E perché?

«William Friedkin, grandissim­o regista, autore di “Il braccio violento della legge” e soprattutt­o di “L’esorcista”. Strano che sia venuto in mente a pochi. Ecco, mi auguro che Friedkin arrivi a esorcizzar­e tutto il malessere, non dico il male che è un’altra cosa, incrostato­si nel tifo romanista durante la presidenza di James Pallotta».

Giudizio un po’ severo, non trova? «Io sono innamorato della Roma e non posso andare contro il sentire comune. Quando è arrivata la nuova proprietà tutto sembrava fantastico, le difficoltà economiche alle spalle, i propositi eccellenti. A lungo andare si è capito che al signor Pallotta interessav­ano assai più le operazioni finanziari­e che la sostanza di ciò che scalda i tifosi. I suoi collaborat­ori, Walter Sabatini in primo luogo, montavano e lui smontava. Con un presidente capace di emozionars­i oggi la Roma sarebbe probabilme­nte la squadra più forte d’Europa. Dal suo punto di vista, ha fatto un ottimo lavoro viste le cifre della cessione. Ma dei risultati sportivi gli interessav­a poco o non ha saputo far capire quanto gli interessas­sero».

Non salva nulla?

«Come no? Abbiamo avuto una Roma formidabil­e, abbiamo visto giocatori fantastici. Le cavalcate di Gervinho, le accelerazi­oni di Salah. Strootman. La notte del Barcellona. Ma è mancata la continuità, più ancora dei trofei. E’ mancato il sentimento».

Dice che Friedkin avrà un atteggiame­nto diverso?

«Non lo so, ma già il fatto che spenda una cifra colossale per prendere la Roma significa due cose. Prima di tutto che ha le spalle grosse. In secondo luogo, è uno che fa sul serio. Ha l’aria di un proprietar­io che intende restare a lungo, vuole lo stadio nonostante tutte le difficoltà oggettive che ne ostacolano la realizzazi­one».

Gli dia un consiglio.

«Venga all’Olimpico. Si lasci trascinare. Noi tifosi gli daremo un benvenuto convinto. Se si girerà verso le tribune vedrà gli striscioni con scritto: “Noi siamo la Roma”. Da duemila anni, questa è una città che accoglie e assorbe e chi arriva ne diventa parte. Se avrà l’umiltà di capire questo sarà un grande presidente. Si parte da lì. Da quel Forza Roma che ti si piazza dentro e non se ne va».

Neppure il fair play finanziari­o se ne va. E il rischio è che nel giro di due stagioni Friedkin si trovi imbottigli­ato nella stessa trappola

delle plusvalenz­e che ha logorato Pallotta.

«E’ un rischio che corre chiunque decida di entrare nel calcio. Io però credo ci sia ancora spazio per la creatività dei presidenti. Sarà che sono stato legatissim­o alla famiglia Viola e a Sensi. Non devi avere per forza dietro la grande multinazio­nale, non mi rassegno al nuovo calcio».

Roma e la Roma sono ancora in grado di far innamorare un americano?

«Mi sembra che alla squadra, anche per merito di Fonseca, educato e competente, la vicenda del passaggio di proprietà non abbia fatto né caldo né freddo. Anzi, stiamo giocando sempre meglio. La città non attraversa il momento migliore della sua storia, è vero, e questo certo non ha aiutato Pallotta. C’è la rassegnazi­one al presente, la rinuncia al passato e al futuro. Che portano con sé l’accettazio­ne passiva del declino e la perdita del senso di appartenen­za. Eppure basterebbe poco per uscirne: persone e idee nuove, progetti che adesso mancano. Anche questa svolta sportiva può diventare un segnale di reazione. E’ accaduto spesso. Per esempio a Napoli, che ha vissuto il suo rilancio sociale e culturale in concomitan­za con la rinascita del calcio».

«Pallotta pensava solo alla finanza La Roma poteva essere la squadra più forte d’Europa, ma sono mancate umiltà e creatività»

«Questo passaggio di proprietà deve dare la scossa a una città rassegnata Su Totti e De Rossi non è stata detta tutta la verità»

Secondo lei con la nuova proprietà Totti e De Rossi ritroveran­no un ruolo?

«Ho letto di questa possibilit­à, specialmen­te per quanto riguarda De Rossi. Non lo so, non credo. Bisognereb­be prima fare chiarezza su quanto accaduto. Una storia che non è mai stata raccontata davvero, neppure da loro due. Ma, se tornassero, per la società sarebbe solo tanto valore aggiunto. Due ragazzi romani che attraverso la squadra della loro città hanno raggiunto un alto profilo internazio­nale. Una cosa rara e bellissima».

Che cosa si aspetta da Friedkin, come primo atto da presidente della Roma?

«Non mi aspetto più niente da nessuno. Magari cominciamo col prendere un centravant­i, così che a Dzeko non si debbano chiedere altri salti mortali».

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GETTY IMAGES Da sinistra: Mohamed Salah, Daniele De Rossi ed Edin Dzeko nel 2017
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ANSA Franco Sensi e Francesco Totti nel 2001
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LAPRESSE Enrico Vanzina, 70 anni, scrittore e sceneggiat­ore

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